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I kit anti Covid distribuiti in Brasile e Venezuela.
Salute

Metà Sud America usa l'idrossiclorochina contro il Covid

In Italia torna l'Ok all'uso dell'idrossiclorochina nel trattamento del Covid19 dopo che una sentenza della Consiglio di Stato del 10 dicembre scorso ha accolto la richiesta di 44 medici di base. In altri Paesi però non è mai stata vietata. Fra questi, numerosi si trovano in America latina.

In Brasile, il presidente Jair Bolsonaro ha scommesso proprio su questo farmaco a basso costo sin dall'inizio della pandemia per curare i pazienti da Covid19, al pari di Donald Trump negli Stati Uniti e di Nicolás Maduro in Venezuela. Sui risultati, se guardiamo oggi alla cifra dei morti per milione di abitanti – ammesso e non concesso che i dati comunicati dai governi siano veri - ad avere fatto di gran lunga meglio di tutti è la dittatura venezuelana. A Caracas, i decessi per Covid19 sono appena 34 per milione di abitanti, contro gli 851 del Brasile, i 923 degli Usa e i 1068 dell'Italia, che in questa luttuosa statistica al mondo fa meglio solo del Perù (che però purtroppo Roma supererà questa settimana) e del Belgio.

Di certo c'è che da marzo, quando il professor Roberto Burioni presentò da Fabio Fazio la sua variante italiana, il Plaquenil, le notizie sulla clorochina si sono susseguite in modo assolutamente schizofrenico. «Risolve», «è miracolosa» si diceva all'inizio, al punto che persino la regione Emilia Romagna iniziò una sperimentazione. «Non fa nulla», anzi «fa danni», dissero altri. Entrambe le posizioni supportate da studi scientifici di ogni ordine e grado, compreso uno pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica britannica, The Lancet, che bocciava senza appello l'idrossiclorochina salvo poi rivelarsi clamorosamente «taroccato».

In Brasile di certo questo farmaco non è mai stato proibito, anche perché qui lo usano da anni milioni di persone per curare la malaria ed è acquistabile in qualsiasi farmacia all'equivalente di quattro euro. Che la clorochina sia soprattutto un campo di battaglia politico qui in Brasile è evidente da aprile, quando il presidente Jair Bolsonaro costrinse alle dimissioni in 28 giorni due suoi ministri della sanità, Henrique Mandetta e Nelson Teich, in piena pandemia.

Il casus belli? Proprio l'approvazione presso il sistema sanitario pubblico verde-oro, il cosiddetto Sus, di un protocollo sull'uso dell'idrossiclorochina nelle fasi iniziali dell'infezione da Covid 19. Né Mandetta, Teich avevano accettato di firmare il protocollo mentre lo scorso 20 maggio, il terzo ministro della Sanità di Bolsonaro in questo terribile 2020, il generale Eduardo Pazuello, lo ha fatto a tempo di record. «Il problema principale della clorochina è quello dell'aritmia che potrebbe portare all'infarto» sostiene Mandetta, aggiungendo che «il 33% dei pazienti a cui era stata somministrata e che erano collegati ad un elettrocardiogramma hanno dovuto smettere di assumerla, proprio per l'aritmia».

Ciononostante, la strategia per combattere il Covid-19 del Brasile continua a puntare forte sulla clorochina, già oggi disponibile per chiunque scelga di curarsi così, anche se per farsi prescrivere il farmaco dal medico curante il malato iniziale di Covid deve firmare una liberatoria, nel caso che poi le cose non vadano bene.

E se sono raddoppiati i brasiliani che hanno acquistato in farmacia negli ultimi 10 mesi l'idrossiclorochina, è invece di questi giorni l'annuncio del Ministro della Salute Pazuello che il governo federale inizierà presto la distribuzione di un «kit Covid», che includerà la clorochina e l'azitromicina, un antibiotico, nelle Farmacie Popolare, destinate alle fasce più povere della popolazione. Per ritirare gratuitamente il kit ci vorrà una prescrizione medica, mentre per chi ai primi sintomi vuole ricorrere a questo kit per curarsi, il prezzo in farmacia è di 25 reais (quattro euro) per ogni scatola di dieci compresse di idrossiclorochina da 400 mg, mentre 10 compresse di azitromicina da 500 mg a San Paolo costano 35 reais (5,5 euro).

Sin dall'inizio Bolsonaro ha appoggiato il trattamento precoce che prevede l'uso, fuori dal bugiardino, di idrossiclorochina, clorochina e altri farmaci. La sua idea di base è che "il medico deve essere libero di curare il suo paziente e il paziente deve essere libero di scegliere il suo medico ed essere in grado di usare questi medicinali, se necessario". Da inizio pandemia sino ad oggi, 14 dicembre, il governo del Brasile ha distribuito 5,8 milioni di pastiglie di clorochina, 297.000 delle quali alle tribù indigene degli yanomami e di altre etnie indie.

«Abbiamo imparato, con cure precoci, che attaccare il virus nelle prime fasi della malattia utilizzando rimedi semplici-come l'idrossiclorochina, l'azitromicina, lo zinco, insieme ad altri farmaci- rende questa malattia più mite e impedisce alla maggior parte dei pazienti di aggravarsi» spiega il dottor Luciano Dias Azevedo, che fa parte di un gruppo di 10.000 medici del Movimento Brasil Vencendo a Covid-19. «Questo significa che siamo in grado di curare la maggior parte dei pazienti, anche se peggiorano, senza necessità di ricovero e a casa loro».

La volontà martellante di usare la clorochina di Bolsonaro e del gruppo dei medici di base brasiliani nel trattamento iniziale del Covid-19, in Brasile è stata fortemente combattuta tanto dai media come dagli avversari politici del presidente verde-oro che, invece, considerano questo farmaco un vero e proprio «strumento di morte» e denunciano Bolsonaro come «negazionista genocida» con sempre maggior frequenza. È ad esempio il caso del PT, il Partito di Lula che ha depositato una denuncia in tal senso presso la Corte Penale Internazionale. Questo spiega forse perché la clorochina non sia stata usata di più nel Paese del samba.

Come invece accade in Venezuela - che a differenza del Brasile non ha problemi nell'imporre politiche di Stato sanitarie, essendo una dittatura - dove da marzo la clorochina è stata messa a disposizione dal regime nella cura del coronavirus. Come disse a fine marzo il vicepresidente Jorge Rodríguez in una conferenza stampa, «il Venezuela è pronto a partire con la somministrazione di clorochina per i pazienti affetti da Covid-19. Il paese può contare su una scorta di 250.000 compresse di idrossiclorochina, utile per bambini e minori infetti da Covid-19. Ci sono anche 2.300.000 compresse di clorochina fosfato, un farmaco che ha iniziato ad essere usato terapeuticamente in casi positivi di Covid-19 e può curare 115.000 pazienti».

All'epoca il Ministero del Potere Popolare per la Salute lo iniziò a distribuire in tutto il paese ordinandone all'estero altre 500.000 compresse che sono state usate in gran parte con i risultati incoraggianti dei morti per milione di abitanti che fanno oggi del Venezuela uno dei paesi con la minore mortalità al mondo, il 129esimo, rispetto all'Italia, che fa meglio solo del Belgio. Anche a Cuba la clorochina è usata in modo diffuso, anche se il regime ha puntato sull'Interferone ricombinante per la cura, che produce sull'isola e al tempo stesso ha prodotto un suo vaccino, il Soberano.

Per la cronaca Cuba è la 157esima nazione al mondo con appena 10 morti ogni milione di abitanti, contro i quasi 1100 dell'Italia, a dimostrazione che la strategia dell'Avana è stata vincente. Come quella del Nicaragua, altra dittatura latino-americana che però ha puntato sin dall'inizio su idrossiclorochina e interferone, e dove i decessi sono 24 per milione di abitanti, posizionando Managua al 137esimo posto per letalità.

E se il Messico ne ha sconsigliato l'uso a luglio, senza però mai vietarla, la Colombia l'ha invece ritirata dalle cure anti Covid19 lo scorso 25 maggio. Per la cronaca, Bogotà ha registrato in tutto 39.053 morti, contro i 954 di Caracas, che ha solo il 25% in più di abitanti rispetto al Venezuela. Certo è che Perù e Argentina, dove l'uso della clorochina non è stato consentito al di fuori del bugiardino, sono i Paesi con il maggior numero di morti per milione di abitanti per Covid dell'America Latina. Rispettivamente 1105 e 898.

Firma la petizione su Change.org: https://www.change.org/PanoramaClorochinaCovid19

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