Industria eolica europea, crisi climatica
(Ansa)
Tecnologia

L’ideologia «green» non basta a superare i limiti della fisica

Le sfide che ormai da anni si trova ad affrontare l’industria eolica europea sono di complessità sempre crescente e costituiscono una potenziale fonte di crisi per i piani climatici europei

La scorsa settimana le azioni di Siemens Energy hanno subito un crollo del 30% a seguito delle informazioni, divulgate dalla società stessa, circa la difettosità di numerosi componenti installati sulle sue turbine. Se si trattasse di automobili sarebbe la stessa situazione che si verifica quando un produttore richiama un certo lotto di veicoli per sostituire alcuni componenti difettosi: con le turbine eoliche non è altrettanto semplice. La sostituzione questi componenti comporta costosi interventi viste le condizioni operative particolarmente complesse e l’inevitabile fermo operativo che si traduce in energia non prodotta quindi in una perdita economica.

Le sfide che ormai da anni si trova ad affrontare l’industria eolica europea sono di complessità sempre crescente: dall’accesso alle materie prime alla competizione con la Cina (La Cina pronta a mangiarsi anche l’industria eolica europea - Panorama) e costituiscono una potenziale fonte di crisi per i piani climatici europei. L’energia eolica è un prerequisito strutturale per raggiungere gli obbiettivi climatici europei attraverso l’accoppiamento settoriale. Quando tutti i sottosettori dell'industria energetica sono collegati tra loro allora si ottiene l’accoppiamento settoriale: un concetto alla base dell’Energiewende, la transizione energetica tedesca, che si sta cercando di importare anche nel nostro paese.

Mentre l’elettricità per l'industria e le famiglie viene prodotta sfruttando molteplici fonti, dal carbone alle rinnovabili, il riscaldamento degli edifici funziona prevalentemente a gas o a gasolio ed il trasporto privato è solitamente alimentato a benzina o diesel. Il fatto che l'elettricità venga utilizzata per il riscaldamento o la mobilità è l'eccezione. Ma come sarà possibile che un giorno diventi climaticamente neutro il settore del riscaldamento, dei trasporti, si pensi ai sistemi di propulsione per navi e aerei, e tutti i processi industriali, ad esempio gli altiforni per la produzione dell’acciaio? La parola magica è: accoppiamento settoriale.

Naturalmente è più semplice a dirsi che a farsi e per rendersene conto basta fare due conti. Nel 2022 la produzione totale di energia elettrica in Germania è stata di circa 500 terawattora, TWh, mentre il consumo di gasolio, benzina ed olio combustibile convertito in termini di energia elettrica è stato di oltre 850 TWh a cui vanno aggiunti quasi 1.000 TWh di gas naturale. Sostituire l'energia dei combustibili fossili con l'elettricità nei settori come i trasporti, il riscaldamento o l’industria significa produrre altri 1850 TWh di elettricità: più di tre volte quella attuale.

Inoltre, si badi bene, oltre la metà dell’energia elettrica prodotta oggi in Germania viene ancora generata attraverso i combustibili fossili: di fatto eolico e fotovoltaico contribuiscono solo con 233 TWh. Questo significa che, per ottenere l’accoppiamento settoriale, la produzione elettrica in Germania dovrebbe aumentare di oltre 7 volte la capacità attuale. Una parte significativa di questa energia servirà a produrre l’idrogeno “verde”, considerato il vettore energetico privilegiato in futuro soprattutto nei settori hard-to-abate, si pensi alla siderurgia, uno dei cardini dell’industria tedesca.

Attualmente in Germania ci sono oltre 30.000 turbine eoliche onshore, 1.500 turbine eoliche offshore e più di 2 milioni di impianti fotovoltaici. Produrre l’energia necessaria a realizzare l'accoppiamento settoriale richiederà un numero tale di turbine eoliche per le quali semplicemente non c'è spazio nel Paese: non ci sono aree sufficientemente ventose e non c'è accettazione tra la popolazione. Nel contempo il fotovoltaico non garantisce la produzione necessaria. Semplicemente la Germania non può produrre abbastanza elettricità climaticamente neutra.

Al fine di soddisfare la domanda futura di idrogeno si dovrà ricorrere all’importazione poiché non può essere soddisfatta solo con la produzione locale di idrogeno verde. I potenziali fornitori? Tramontata l’idea del progetto “H2- Atlas Africa” con i paesi africani dell'Ecowas impegnati a produrre idrogeno verde, per poi importarlo in Germania attraverso i gasdotti esistenti, in un perfetto esempio di colonialismo energetico, la “diplomazia dell’idrogeno” tedesca aveva identificato nell’Ucraina il partner ideale.

L’Ucraina dispone delle riserve di gas naturale necessarie e di una rete di gasdotti espandibile con una capacità di almeno 90 miliardi di metri cubi. Una grande capacità di stoccaggio che potrebbe essere parzialmente convertita per la cattura ed il sequestro del carbonio a costi relativamente moderati e consentire, in una prima fase, la produzione di idrogeno blu, in cui il gas naturale viene diviso in idrogeno ed anidride carbonica. L'idrogeno verde arriverebbe successivamente, con l’espansione delle energia eolica e fotovoltaica, almeno nei progetti tedeschi...

Il conflitto con la Russia ha reso irrealizzabili questi progetti che comunque vedrebbero la sicurezza energetica della Germania dipendere da altri paesi e quando accaduto al gasdotto Nord Stream lascia intuire quanto possa essere vulnerabile un paese che si trova a dipenderne. Al momento la soluzione, obbligata, è la sostituzione del gas russo e dell'energia nucleare con il carbone con il risultato che, dopo la Polonia, la Germania è il maggior emettitore europeo (La matematica del carbone - Panorama).

Abbandonare il principio della neutralità tecnologica ed aumentare il costo dei combustibili fossili al fine di costringere una tecnologia fuori dal mercato, o vietare tale tecnologia per legge ottiene l’effetto di spingere le aziende ad alta intensità energetica a non avere altra scelta che trasferire i loro posti di lavoro all'estero (Le politiche climatiche verdi avvelenano l’economia tedesca - Panorama). La proliferazione di eolico e fotovoltaico richiederà nei prossimi decenni investimenti colossali nella rete elettrica e nei sistemi di stoccaggio e bilanciamento di cui non è chiara né l’esatta entità né chi effettivamente lì pagherà.

La ricerca del primato da parte della Germania ha avuto l’unico risultato di renderla il “canarino nella gabbietta” e la presa di coscienza che l’ideologia verde non avrebbe superato i limiti fisici della produzione di energia eolica e fotovoltaica dovrebbe essere di lezione per le scelte del mix energetico per il futuro del nostro Paese. Introdurre l’accoppiamento settoriale nella nostra economia porterebbe gli stessi effetti nefasti di quella tedesca e ci esporrebbe, una volta di più, alla dipendenza da altri paesi: quella che ci viene indicata come la strada verso un futuro a basse emissioni di carbonio conduce alla povertà.

Lavoro: 10 milioni di posti delle energie rinnovabili

Ecologia e aviazione, a bordo del Boeing EcoDemonstrator

I più letti

avatar-icon

Giovanni Brussato