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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Pochi soldati, poco personale militare, corriamo ai ripari

In Italia mancano militari, aviatori, marinai. E non è solo una questione di leva obbligatoria

Secondo la nostra Difesa la Marina Militare italiana e non soltanto, anche esercito e Aeronautica, hanno urgente bisogno di più personale, seguendo la necessità generale di rafforzamento delle forze armate del Paese. Nel suo ultimo rapporto annuale, pubblicato recentemente, appare che la Marina Militare Italiana avrebbe bisogno di raggiungere un organico di 39.000 unità per portare a termine le sue missioni in corso, ovvero di un aumento del 34% rispetto agli attuali 29.000 organici.

Riprendendo la questione annunciata la settimana scorsa davanti al Parlamento dal Capo di Stato Maggiore, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che riguarda tutti i principali Corpi militari del nostro Paese, questa è una conseguenza dell’aumento del numero di missioni all’estero alle quali l’Italia è chiamata a partecipare, nonché da una crescente necessità di pattugliamento dei nostri mari contro la presenza, spesso imprudente, di unità non appartenenti a Paesi Nato.

Ma c’è di più: inevitabilmente bisogna affrontare anche i primi effetti della crisi demografica, con le nuove generazioni in età di possibile ingresso nelle Forze Armate, cioè oggi i nati entro il 2006, che sono in numero minore e si rischia di non poter sostituire i circa 170.000 uomini che prossimamente andranno in pensione. In totale, al giorno del discorso di Cavo Dragone ai politici, i militari italiani in servizio erano 165.564. L’altro fattore è che l’Italia nel decennio 2014-2024 aveva progressivamente ridotto il numero di professionisti, poiché la situazione geopolitica vedeva minacce quasi esclusivamente all’estero. Una riduzione a 150.000 unità (-40.000 sul totale 2011), era prevista dalla legge 244 del 2012, poi emendata con la n° 119 del 2022 che rimanda il termine ultimo per il “dimagrimento” dei militari al 2034 e fissa la possibilità di arruolare altri 10.000 uomini, secondo l’ammiraglio comunque ancora pochi. Secondo l’attuale assetto, la Marina dovrebbe raggiungere l’organico di 30.500 unità, contro una richiesta ufficiale di 39.000, dai 29.000 attuali. Da notare che lo scorso anno la nostra Marina ha utilizzato in media 4.000 marinai al giorno nelle sole operazioni programmate, con il picco raggiunto a fine aprile, quando risultavano schierate 42 navi, 4 sottomarini, 18 velivoli e complessivamente 7.324 persone.

Sebbene le nuove unità navali in costruzione prevedano equipaggi meno numerosi, non possono certo considerare personale attempato quando si tratta di compiere operazioni gravose o emergenziali. Uno degli effetti più immediati è il concorso a nomina diretta per giovani ufficiali (tra i requisiti quello di essere laureati in discipline Stem, Medicina o Legge), annunciato anche dall’Aeronautica Militare. Ma in un Paese con oltre settemila chilometri di coste, posizionato al centro del Mediterraneo e membro della Nato e della Ue, la cui expertise militare e cultura della sicurezza sono richieste all’estero, la Marina dovrebbe essere la Forza armata più organizzata e meglio equipaggiata. E oggi paghiamo decenni di silente riduzione della spesa militare, dettata da due cause: l’illusione del risparmio e l’ideologia pacifista. Qualche paragone: la Germania ha 184.000 militari in servizio e 15.000 riservisti; la Francia 200.000 + 35.000; il Regno Unito un totale di 98.100. E se c’è chi pensa a reintrodurre la leva obbligatoria, oggi impensabile vista l’alta (e costosa) preparazione necessaria per combattere, è anche vero che le generazioni successive al 2010 sono ancor più ridotte nei numeri.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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