Uss Stockdale
(Us NAvy)
Difesa e Aerospazio

I nuovi laser, arma efficace ed economica contro missili e droni

Attacchi Houthi nel Mar Rosso, il banco prova perfetto per le nuove armi laser

Un colpo di laser costa qualche centinaio di dollari, mentre un missile arriva a costare qualche milione, fino a una decina. Ovvio, quindi, che la Marina Usa (e non soltanto), voglia usare le armi a energia concentrata per abbattere missili e droni che gli Houthi lanciano nel Mar Rosso.

A dispetto del nome “raggio laser” non sono una novità, poiché il primo impiego su un’unità della Marina statunitense era avvenuto nel 2014 sull’incrociatore Uss Ponce, quindi con l’installazione di otto sistemi “Odin”, da Optical Dazzler Interdictor Navy, ciascuno della potenza di 30 kW su alcuni dei cacciatorpediniere di classe Arleigh Burke, ovvero le USS Dewey (DDG-105), Uss Stockdale (DDG-106) e Uss Spruance (DDG-111). Oltre queste unità, nel 2022 è stata equipaggiata anche la Uss Preble, sulla quale la potenza installata è arrivata prima a 60 kW e quindi a 150 kW, con la versione Helios della stessa arma.

Le sperimentazioni e i risutati ottenuti durante le esercitazioni hanno quindi spinto la Marina a completare il programma Helcap (High Energy Laser Counter), e il programma Lld “Layered Laser Defense”. Perché di tante sigle è presto detto: i laser non sono tutti uguali, sia per portata utile, sia per precisione e capacità di infliggere danni agli oggetti inquadrati. E particolare difficoltà è posta nelle prestazioni di inseguimento di oggetti volanti molto veloci, specialmente se ci sono particolari condizioni meteo come le nuvole basse, poiché il vapore acqueo in sospensione altera e attenua la propagazione dell’energia. Non soltanto: per quanto stabilizzate in modo elettronico e meccanico, le ottiche dei “cannoni laser” sono comunque installate su una nave in galleggiamento, che ovviamente oscilla in continuazione, e questo comporta uno studio avanzato per stabilizzare il puntamento. Sebbene un raggio laser sia veloce quanto la velocità della luce, agli attuali livelli di potenza sono necessari diversi secondi di tracciamento – il tempo in cui il bersaglio è colpito - per causare danni sufficienti ad abbatterlo.


stockdale(Us Navy)

E poi c’è il fattore novità: La Marina Usa ha stimato i costi per l'approvvigionamento di futuri sistemi d'arma laser al fine di supportare considerazioni programmatiche, ma non ci sono precedenti programmi simili sui quali basarsi e dunque non si sa ancora con precisione quanto sia la vita operativa di un laser Né quale sia il costo dell’intero ciclo di vita. In altre parole, la Marina non può acquisire laser in quantità perché non ne ha mai acquistati un gran numero prima, e quindi non sa quanto potrebbe costare. Al momento un sistema da 60 kW arriva a costare cento milioni di dollari e fino a 200 se nella classe da 250 kW. Ma è evidente che queste cifre sono da considerarsi investimenti per poi dotarsi di meno missili, almeno di quelli a corto raggio destinati alla difesa da minacce aeree. Quando si dice che i sistemi sono differenti, si intende anche nella loro capacità di offesa: per esempio Odin è un’arma non letale che può “confondere” i sistemi di guida dei droni invece di abbatterli. Ha quindi la capacità di contrastare le attività d’intelligence, sorveglianza e ricognizione di un avversario. Ma mentre Odin è un’arma a sé stante, Helios è completamente integrato con i sistemi d’arma della nave, quindi è più costoso e complesso, ma il suo sviluppo potrebbe portare ad avere un sistema di difesa a corto raggio altamente protettivo. Il condizionale è d’obbligo almeno fino a quando la Marina non avrà accumulato sufficiente esperienza per definire i requisiti della prossima generazione di laser.

Tra le richieste, a oggi c’è quella di riuscire a neutralizzare piccole imbarcazioni come missili antinave, che ovviamente sono oggetti con capacità di movimento molto differenti. Tecnicamente però tutti derivano da due grandi famiglie: i laser ad alta energia (Hel), e i laser sistemi a microonde ad alta potenza (Hpm), dei quali fanno parte anche quelli a radiofrequenza, entrambe studiate a partire dagli anni Sessanta. Da questi studi nacque prima lo Mld (Maritime Laser Demonstrator), il primo sistema di armi laser operante in mare, anche perché da quegli anni a oggi a fare passi da gigante sono stati sia i generatori di potenza elettrica imbarcati, che oggi sono più compatti e potenti, e senza i quali i laser non funzionano, sia i dispositivi per rendere preciso il puntamento grazie ad algoritmi appositi che annullano nel punto di emissione le oscillazioni dello scafo. Dunque, per riuscire a costruire un laser che fosse utilizzabile come arma, è stato necessario progredire in svariati campi, dall’ottica all’elettronica, dall’elettrotecnica alla chimica. E nel farlo, si è per esempio scoperto un modo per proteggere le navi da segnali radio ostili lanciati per accecare radar e sensori di vario tipo. Scoperte che hanno portato a derivare altri programmi di ricerca militare, ma questo è avvenuto per gli Usa come per gli europei, e naturalmente è stato fatto anche da russi e cinesi. La differenza, ovviamente, la fanno poi i materiali, i budget a disposizione dei ricercatori e delle aziende costruttrici.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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