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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Come l'Europa può organizzare la sua Difesa dentro la Nato

Fare a meno degli Stati Uniti è quasi impossibile; serve riorganizzazione generale e grandi investimenti economici

L'intervento militare russo contro l'Ucraina ha provocato nella Nato due situazioni inedite. La prima: ha contribuito ad espandere e rinvigorire l’Alleanza Atlantica dopo anni in cui sembrava destinata a morire. Ricorderete le parole dell'allora presidente francese Macron, nel 2019 la giudicava in stato di “morte cerebrale”. Oggi la Svezia è pronta ad aderire, le commesse militari trainano la borsa in tutto il mondo e i Paesi baltici ventilano l'opportunità di schierare truppe dell'Alleanza ai confini con la Russia. Seconda situazione e la più preoccupante: ha acuito la dipendenza militare dell’Europa dagli Stati Uniti in fatto di dotazioni, problema che richiede grande attenzione e soprattutto urgente. Il peggiore scenario possibile è che possa scoppiare contemporaneamente un conflitto con la Cina nella regione Asia-Pacifico e uno con la Russia in Europa, situazione che vederebbe gli Usa non essere in grado di inviarci rinforzi adeguati.

Se storicamente siamo noi europei occidentali che negli ultimi tre secoli abbiamo cercato di invadere la Russia, e non viceversa, oggi di fronte a una Mosca aggressiva, alla guerra di logoramento in Ucraina e all’incertezza sull’affidabilità degli Stati Uniti a ogni cambio di presidente, siamo preoccupati e stiamo accelerando le spese per la difesa, che quest'anno, dopo troppi decenni di promesse fatte agli Usa e non mantenute, raggiungeranno collettivamente l’obiettivo del 2% del prodotto interno lordo, dopo quasi un decennio di incrementi timidi dei bilanci per le spese militari.

Per la Nato questo è importante come parametro di riferimento e fu richiesto all'inizio del mandato di Donald Trump alla Casa Bianca, ma difficilmente sarà sufficiente a garantire il rafforzamento delle difese in tempo, ovvero prima che la Russia ricostituisca le sue forze logorate dalla guerra in corso. Da qui la proposta di Ursula Von del Leyen per comprare armi come si fece con i vaccini, ossia in modo centralizzato, illudendosi che sia possibile e vantaggioso. Ma le armi non sono fialette e siringhe da tenere in frigorifero e per garantire che i soldi delle nostre tasse siano spesi bene per la difesa è necessario avere chiaro in mente che cosa vogliamo, come ci organizziamo e quali dovranno essere le capacità militari europee in futuro per riequilibrare le forze. Pare, invece, che anche a Bruxelles regni la confusione e che in fatto di mezzi militari e munizioni si veda soltanto l'urgenza di aiutare l’Ucraina a vincere; a stento e poco efficacemente gestiamo le crisi in atto nei confini meridionali. Soprattutto non abbiamo chiaro quale sia il limite entro il quale gli Stati Uniti possano mantenere adeguatamente i loro impegni nel Nord Atlantico e nella regione dell’Indo-Pacifico. Ma questo è fondamentale affinché l'Europa dell'Unione definisca qualcosa che non ha mai più avuto dal crollo del muro di Berlino in avanti: delle chiare responsabilità strategiche. Se facciamo caso ai programmi militari dell'ultimo decennio ai quali hanno partecipato nazioni europee e americane notiamo che da parte europea c'è sempre stata la tendenza a finanziarlo in modo episodico mantenendo una relativa autonomia, ma senza fornire adeguate risorse alla Difesa esistente. Ciò ha creato tensioni tra Usa ed Europa.

La prossima estate a Washington si terrà il vertice per il 75° anniversario della Nato e sarà l'occasione perfetta per trovare un nuovo equilibrio strategico. Sarà un appuntamento al quale noi europei dovremmo presentarci con idee chiare e unitarie, cosa che non sappiamo fare storicamente. Si pensi alla Francia, che sui programmi e sull'export militare fa sempre ciò che le pare. Sarebbe già molto se ci presentassimo a Washington con un programma avviato per portare le nostre capacità militari convenzionali a un livello tale da fornire almeno la metà di tutte le forze necessarie per sconfiggere una grande potenza che ci dovesse aggredire. Per farlo dovremmo dimostrare di aver implementato settori nei quali ancora siamo deboli, come il trasporto strategico, l’intelligence operativa e l'interoperabilità delle flotte. Invece, a malapena riusciamo condurre operazioni di gestione delle crisi nei paesi confinanti, come contrastare il fenomeno migratorio, le tensioni in Africa e oggi la crisi del Mar Rosso, dove peraltro senza gli Usa saremmo poco efficaci perché con forze insufficienti.

Pensiamo per un attimo se fosse necessario schierare truppe fuori dai nostri confini: a oggi non raggiungeremmo il numero di 5.000 soldati disponibili in tutta la Ue senza sguarnire la protezione interna. Entro L'estate sarà quindi necessario dimostrare che abbiamo cominciato a concretizzare le nostre ambizioni militari, formalizzando anche impegni per raggiungere rapidamente quel 50% di capacità strategica e deterrente della Nato. Anche perché se alle prossime elezioni negli Usa vincesse Trump, che potrebbe rinnegare gli impegni assunti con l'Alleanza, quel livello di dotazioni e prontezza dei Paesi europei non sarebbe sufficiente. L'illusione c'è, in realtà, ma troppi politici pensano che la Russia stia esaurendo le sue risorse militari in Ucraina, senza considerare invece che la guerra contro Kiev è da due anni una palestra formidabile sulla quale Mosca più di noi si sta allenando ad affrontare armi e tattiche occidentali.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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