Eurodrone
(Airbus)
Difesa e Aerospazio

Eurodrone, il progetto lumaca della Difesa Europea

Eurodrone: un progetto annunciato come da sette miliardi, gestito dall'Occar. Ma quasi nessuno lo vuole, e noi italiani ne avevamo uno simile, quasi pronto. Pagato dagli arabi e oggi nell'oblio

Che fine ha fatto l’Eurodrone, il programma europeo per una piattaforma volante senza pilota per uso militare e civile, nata come congiunta tra Paesi Ue? Un progetto che sulla carta varrebbe sette miliardi e che fu annunciato come generatore di oltre 7000 posti di lavoro? Da quando l’avventura Eurodrone è cominciata ha incontrato notevoli ritardi e ha dovuto risolvere diverse sfide tecniche, ma ormai è quasi un decennio che se ne parla (e che si paga) e ancora non ha neppure fatto un volo. Tuttavia nel 2021 i Paesi coinvolti avevano confermato la volontà di finalizzare la costruzione versando per Eurodrone circa 110 milioni di euro e ora, finalmente, pare che si stia facendo un passo avanti con la decisione che sarà la Spagna a ospitare le prove dei sui motori ((che saranno la versione militare del turbo albero Catalyst di Avio Aero) e forse anche di volo, per una decisione di Airbus.

Almeno stando a quanto comunicato dal quartier generale di Tolosa all’inizio di questo mese, poiché Airbus avrebbe stretto un accordo con l’Istituto nazionale di tecnologia aerospaziale (Inta), un ente sostenuto dal Ministero della Difesa spagnolo. Nel progetto Eurodrone sono coinvolte Italia, Spagna, Germania e Francia, nonché gli appaltatori Leonardo, Dassault Aviation e Airbus Defence & Space. In pratica Inta riceverà da Airbus D&S perso gli stabilimenti di Siviglia gli impianti relativi a generazione di energia, motore e relative cofanature per procedere con le sperimentazioni.

Ciò che preoccupa però è che nessuna delle altre 23 nazioni europee che non prende parte alla realizzazione stia pensando di dotarsene in futuro, sia perché hanno già definito i loro programmi in fatto di droni in categoria di media quota e lunga autonomia (Male), sia perché la sua gestazione è troppo lunga e il prodotto rischia di arrivare quando le sue prestazioni non saranno più confacenti alle necessità strategiche della difesa. Seppure pochi abbiano espresso un sincero diniego (Portogallo, Paesi Bassi e Danimarca), non ci sono grandi speranze che altri cambino idea al proposito rinnegando scelte per il “Made in Usa”. Ed anche se la Francia ha annunciato e confermato che intende dotare la sua forza armata di sei esemplari dell’Eurodrone per sostituire gli americani Reaper, questa quantità sarebbe insufficiente per ripagarne lo sviluppo. Al momento l’Eurodrone non dovrebbe entrare in servizio prima del 2030; il progetto è gestito da gestito dall’Occar (Organisation Conjointe de Coopération en matière d’Armement) e avrebbe dovuto rappresentare il primo sistema aereo senza pilota progettato per volare in spazi aerei non segregati, ovvero insieme con il traffico aereo tradizionale, anche se tale primato potrebbe essere raggiunto da altri droni.

L’intenzione delle Difese degli stati membri era, e forse riimane, quella di poter disporre di una piattaforma che potesse operare in tutto il mondo per supportare le missioni “Istar” (Intelligence, Sorveglianza, Acquisizione bersagli e ricognizione), ma potendo essere equipaggiato secondo diversi moduli. Rispetto a altri droni della stessa categoria presenta una caratteristica che nel suo settore aveva soltanto il Piaggio P1HHHammerHead”, ovvero è dotato di due motori spingenti per possedere la necessaria ridondanza di sicurezza nella propulsione e nella generazione di corrente per i sistemi di bordo. A questa forma si arrivò nel 2017 mentre l’anno successivo fu superata l’analisi definitiva dei requisiti richiesti dai singoli Paesi partecipanti alla costruzione. Riguardo alle prestazioni, l’autonomia supererebbe le 24 ore consecutive (il condizionale è d’obbligo non avendo ancora volato), mentre il drone Piaggio si fermava a 14; avrebbe u peso massimo al decollo di 14 tonnellate contro le circa 7 del P1HH e potrà probabilmente raggiungere i 500km/h in velocità di crociera, contro i quasi 600 km/h del P1HH. Certo, a carico utile di parla di 2,3 tonnellate contro circa 500kg, ma il nostro era già quasi pronto (volò per la prima volta nel 2014) e fu pagato per buona parte degli arabi quando Piaggio era sotto il controllo del fondo Mubadala. Ora si attendono novità in occasione del prossimo salone dell’aerospazio di Farnborough (a ovest di Londra), in programma dal 22 luglio prossimo.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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