Thohir ed il calciomercato: un obbligo, anzi, un dovere
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Thohir ed il calciomercato: un obbligo, anzi, un dovere

Mai nella storia dell'Inter un neo presidente non ha acquistato nessuno. Ed è polemica - Crisi Inter: i colpevoli - La classifica senza errori arbitrali

"Thohir deve capire che ha acquistato una grande squadra, con una tradizione, che guarda sempre alla vittoria. Non può arrivare e dire 'Prima di comprare devo vendere'. Non ragiona così un presidente di una grande squadra. Non esistono anni di transizione". Così parlò ieri Fabio Capello, a domanda sull'immobilismo del presidente nerazzurro sul mercato. Una vera novità per la storia dell'Inter che in ogni sessione non ha lesinato spese (vero, Moratti?) ed una novità soprattutto per i nuovi arrivati. Ogni presidente, da quelli dell'Inter (Fraizzoli, Pellegrini etc) ai vari Sensi, De Laurentiis, Agnelli al loro arrivo alla presidenza hanno portato un dono, un piccolo grande regalo di mercato.

Non Erik Thohir però che da Giakarta, dove a quanto pare i venti di crisi arrivano meno forti, continua a ribadire il suo progetto parlando di risanamento ed anno di transizione. Ed è evidente che la parole sono state seguite dalla squadra come dimostrano i risultati deludenti inanellati proprio dal cambio di proprietà. Forse farebbe bene il magnate indonesiano a leggere cos'hanno fatto i suoi predecessori, nerazzurri e non solo:

I REGALI DA MASSERONI A MORATTI - A Thohir sarà sufficiente scorrere la storia dell'Inter del Dopoguerra a oggi. Il primo fu Carlo Masseroni, presidente dal 1942 e che appena fuori dalla Grande Guerra portò a Milano Nyers e SkoglundAngelo Moratti nel 1955 puntò in fretta su Angelillo, che era il crack dell'epoca, e Ivanoe Fraizzoli nel 1968 partì conun mercato soft (il solo Bertini dalla Fiorentina) salvo poi puntare sul ritorno di Boninsegna. Altri tempi, ma nemmeno troppo diversi visto che Pellegrini nell'84, poco dopo aver firmato l'acquisto dell'Inter, mise mano al portafoglio per ingaggiare la stella tedesca Karl Heinz Rummenigge che gli garantì il pieno di San Siro.

Massimo Moratti, che ora lascia a Thohir, non fu da meno. Anzi, la sua prima campagna acquisti fu un misto di investimenti entusiastici (e sbagliati) e intuizioni geniali: Ince per 13 miliardi di lire, Roberto Carlos per 10, Fresi 7, GanzBranca a gennaio e, soprattutto, Javier Zanetti, arrivato semisconosciuto e destinato a fare la storia del club. Moratti confermò il tecnico di allora, Ottavio Bianchi, salvo esonerarlo alla 4° giornata per iniziare la giostra degli allenatori.

BERLUSCONI E GLI ALTRI - Il cadeau di mercato non è una specialità di casa-Inter. L'impatto di Silvio Berlusconi sul Milan nel 1986 fu choccante e non solo per gli elicotteri calati sull'Arena di Milano. La prima estate di mercato portò in dote Donadoni, Massaro, Giovanni Galli, Galderisi e Bonetti. Prima di lui era stato Corrado Ferlaino a entrare nel Napoli in difficoltà economiche (1969) cedendo alcuni pezzi pregiati come Zoff e Altafini, ma acquistando il 'Pelé bianco', al secolo Sormani. 

De Laurentiis venticinque anni dopo è ripartito dalla serie C e dai colpi Sosa, Calaiò e Pià, gente abituata a ben altri palcoscenici. E la promozione in serie A nel 2007 fu festeggiata con i fuochi d'artificio: Hamsik, Lavezzi, Gargano, Contini e Blasi che all'epoca erano giocatori considerati di buon livello.

Quando nell'aprile 2010 fu nominato presidente della Juventus, Andrea Agnelli prese in mano la società imponendo una vera e propria rivoluzione, segnata dall'arrivo di Marotta e Paratici che nel primo - non fortunatissimo - mercato investirono una montagna di soldi su Bonucci, Matri e Quagliarella (che poi avrebbero vinto lo scudetto), ma anche su Krasic e Martinez, rivelatisi dei flop.

Franco Sensi divenne proprietario della Roma nel novembre 1993 e nell'arco di pochi mesi portò all'Olimpico Balbo, Thern e Fonseca.

Sergio Cragnotti gettò sul primo mercato della Lazio del nuovo corso la bellezza di 60 miliardi delle vecchie lire: Gascoigne, Signori, Winter, Fuser e Cravero i colpi da prima pagina di un ciclo che si sarebbe rivelato vincente e maledetto. Tradizione italiana? Non solo. L'unico presidente straniero che si è trovato ad affrontare il passaggio è stato James Pallotta o, meglio, la cordata statunitense che nell'aprile 2011 ha rilevato la Roma da Unicredit. Il club aveva problemi economici evidenti, eppure si gettò sul mercato con forza: Osvaldo, Pjanic, Lamela, Stekelenburg, Bojan, Borriello e Kjaer solo per fare qualche nome. Difficile resistere, insomma. Anche se si viene dall'Indonesia.

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