ilaria salis
(Ansa)
Politica

La candidatura di Ilaria Salis, un trucchetto di chi non ha idee che offende la politica

Il parlamento, anche quello europeo, è luogo di elevata importanza; utilizzarlo per questioni personali è sbagliato ed offensivo, soprattutto se la persona in questione è pregiudicata

Sì, candidiamo Ilaria Salis, o forse no, ma in realtà sì. Per tutta la giornata abbiamo sperato si trattasse di una bufala, ma adesso arriva la nota ufficiale: Salis candidata al Parlamento Europeo con Verdi e Sinistra Italiana. “Alleanza Verdi e Sinistra in accordo con Roberto Salis ha deciso di candidare sua figlia Ilaria, detenuta in Ungheria, in condizioni che violano gravemente i diritti delle persone, nelle proprie liste alle prossime elezioni europee”.

Una scelta che lascia di stucco per diversi motivi di merito, ma anche di metodo, visto che solo poche ore fa sia Bonelli che Fratoianni avevano smentito tutto. Anche infervorandosi un po’. Diceva il leader di Sinistra Italiana: “Non esiste nessun piano Fratoianni. Eviterei che su una persona nelle condizioni in cui si trova Ilaria Salis si scatenasse un surreale dibattito mediatico che non l'aiuta certamente. AVS annuncia le sue candidature in modo trasparente senza bisogno di costruire improbabili piani segreti”. E invece gli improbabili piani segreti sono realtà. E invece è tutto poco trasparente, come volevasi dimostrare.

Anche Bonelli fino a due secondi fa diceva: “La candidatura non c'è e quindi la smentisco. Sono lapidario”. Sì, lapidario nel dire bugie. In pratica, la candidatura della Salis si basa su due menzogne grosse come una casa messe nero su bianco di fronte ai cittadini aventi diritto al voto. Verrebbe da dire: cominciamo bene.

Ma il punto, al di là delle giravolte, è un altro. Ridurre la politica e le elezioni europee a stratagemma per scarcerare le persone da prigioni straniere è uno spettacolo inaccettabile. Non può essere questa la soluzione per risolvere la questione della 39enne di Monza che si trova in carcere da 13 mesi in Ungheria con l’accusa di avere aggredito due neofascisti. Fatta salva la presunzione di innocenza, e l’orrore nel vedere una cittadina italiana condotta in tribunale in catene, non può essere la politica il mezzuccio per uscirne. Non si può candidare una pregiudicata (termine formale e privo di connotati morali, visto che la ragazza ha alle spalle 4 condanne e 29 denunce) al Parlamento Europeo. Aggiungiamo: non è così che si scelgono i candidati per un ruolo importante come quello della rappresentanza parlamentare europea.

E invece è finita così. Si sopperisce alla cronaca mancanza di idee (e di personale politico) a sinistra, sventolando l’ennesimo testimonial, l’ennesimo spot in chiave antigovernativa, strumentalizzando una querelle internazionale, e un caso giudiziario, a fini propagandistici. E perdipiù gestendo il tutto da dilettanti: prima la smentita, poi la conferma. Le catene ungheresi sono agghiaccianti: il teatrino italiano è anche peggio. Perché non fa bene a nessuno: né alla Salis, né ai cittadini che si ritroveranno il suo nome sulla scheda.

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Federico Novella