Riforma Cartabia
(Ansa)
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Separazione e divorzio assieme, una scelta che complica e non semplifica

La Rubrica - Lessico Familiare

L’Italia ha un dono, quello di complicarsi sempre tremendamente la vita. Proprio non ce la facciamo a ragionare in modo lineare, semplice, diretto.

Siamo avvinti in una storica, ancestrale maledizione, quella che poi ha coniato il detto popolare, valido solo nel Belpaese, per cui “fatta la legge, trovato l’inganno”.

Possiamo ragionare anche sulle origini latine di questo motto (“facta lex inventa fraus”) e dare la colpa ai nostri predecessori, gli antichi romani, che – evidentemente sfaccendati - spendevano molto tempo in Senato per ordire complotti, tradimenti, sistemi per aggirare le leggi, ma questo è un altro discorso che lascio agli storici.

Torniamo al tema: la Riforma Cartabia sul diritto di famiglia ha sdoganato – con uno specifico articolo di legge (di cui vi risparmio l’improbabile numerazione) – la possibilità di proporre separazione e divorzio assieme, con un unico atto.

Evviva, tutti felici, grande innovazione. Macché.

Ci han pensato bene alcuni solerti Tribunali, come Firenze e Treviso, che si sono messi ‘di traverso’ e posto un altolà, ritenendo che la legge fosse sbagliata, inattuabile, bloccando – di fatto – questa possibilità.

I giudici trevigiani hanno addirittura rimesso la questione alla Corte di Cassazione che, quindi, ha dovuto pronunciarsi sulla questione, occupando tempo e risorse per dire che, al contrario, la riforma è corretta e va applicata, sia per le separazioni e divorzi contenziosi, sia per quelli congiunti, dove i coniugi hanno già trovato l’accordo e lo sottopongono al Tribunale.

C’era n’era proprio bisogno, mi chiedo? I più ottimisti vi leggono una corretta interlocuzione fra poteri dello Stato, legislativo e giudiziario, io solo una gran perdita di tempo sulle spalle dei cittadini che già da otto mesi, in determinati mandamenti, si sono visti precludere la possibilità di regolare separazione e divorzio assieme, con tutti i danni conseguenti per il portafoglio.

Alessandro Manzoni diceva: “all’avvocato bisogna contare le cose chiare; a lui poi tocca di imbrogliarle” ma, nel caso di specie, questa volta la mia categoria proprio non centra, per una volta.

Andiamo nel concreto: ipotizziamo che il matrimonio entri in crisi e decidiamo di separarci.

Un tempo, trovata l’intesa con l’altra parte, occorreva depositare ricorso per separazione, aspettare l’omologa da parte del Tribunale, attendere tre lunghi anni e poi procedere con il divorzio.

La ‘libertà di stato’, insomma, si faceva attendere, costringendo i coniugi a duplicare i costi legali e di giustizia per promuovere due distinti procedimenti a distanza di anni.

A tacer del fatto che, puntualmente, dopo tre anni, molto spesso l’altro coniuge cambiava magicamente idea e si ricominciava a litigare.

Poi è intervenuta la riforma del ‘divorzio breve’, nel 2015, che riduceva a sei mesi (o un anno, se il procedimento di separazione era contenzioso) i tempi per promuovere divorzio: ma sempre due procedimenti bisognava pagare e seguire.

La Riforma Cartabia, consapevole dell’unicità dell’Italia su questo fronte (la stragrande maggioranza dei paesi occidentali consente alle coppie in crisi di giungere direttamente al divorzio, senza passare dalla separazione), ha introdotto la simultaneità dei giudizi.

In pratica, dal 1° marzo 2023 si può depositare, con un unico atto, pagando un’unica imposta, sia separazione che divorzio.

Non c’era quindi bisogno di scomodare la Cassazione per applicare ciò che è scritto, nero su bianco, sul nuovo codice di procedura civile, nemmeno volendo ‘temperare la punta delle matite’ e trovare i cavilli interpretativi per frapporsi a questa innovazione.

Vi risparmio le elucubrazioni della Suprema Corte, conta solo l’esito finale: si può fare, sempre, ovunque.

Con un unico procedimento potremo separarci e divorziare, assomigliando sempre di più ai nostri competitor europei o d’oltreoceano, in cui le trafile giudiziarie per dirsi addio sono molto più svelte.

Forse questo promuoverà le fratture matrimoniali, non lo so, ma poco importa: personalmente ho sempre ritenuto che l’Italia avesse impostato un sistema quasi punitivo, disincentivante, così complesso e burocratico, che molti vi rinunciavano e preferivano vivere da eterni separati di fatto piuttosto che consumare tutte le proprie risorse in lunghi e costosi giudizi.

Ora che si può risolvere tutto ‘one shot’, forse anche i più restii potranno adire i Tribunali e ufficializzare la recisione del vincolo matrimoniale.

A tacer del fatto che, finalmente, non si potrà più negare la validità dei patti matrimoniali.

Bene, quindi, una buona notizia per tutti indistintamente, senza differenze di censo.

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Daniela Missaglia

Avvocato matrimonialista e cassazionista, è specializzata in Diritto di famiglia e in Diritto della persona. Grazie alla sua pluridecennale esperienza è spesso ospite in trasmissioni televisive sulle reti Rai e Mediaset. Per i suoi pareri legali interviene anche su giornali e network radiofonici. Info: https://www.missagliadevellis.com/daniela-missaglia

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