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(Alberto Gottardo, Airc)
Salute

L’organoide che può battere il cancro

Nel tumore al colon-retto, studi finanziati da Airc utilizzano questi «organi in miniatura» per terapie personalizzate

Cinquanta mila diagnosi ogni anno in Italia per uno dei tumori più diffusi, quello al colon retto. Nella mortalità per cancro, è al secondo o al terzo posto (a livello mondiale). Si cura un po’ come una volta, con chemioterapia, radioterapia, intervento chirurgico: tutte terapie abbastanza aggressive. Nel caso del colon retto, per esempio, l’uso dei nuovi anticorpi monoclonali non ha ancora grande spazio (come invece nel caso delle neoplasie del sangue, della mammella o nel melanoma). O meglio, li si utilizza (Infliximab) per ridurre condizioni infiammatorie croniche che possono portare allo sviluppo del tumore.

Così, la ricerca di nuovi farmaci più mirati ed efficaci diventa cruciale. In questo senso, un passo avanti decisivo viene dalla creazione dei cosiddetti «organoidi», termine vagamente fantascientifico per definire agglomerati di cellule che riproducono, in miniatura, le caratteristiche dell’organo colpito dal tumore. A farci capire bene che cosa sono e a cosa servono è Gianluca Tell, docente di Biologia molecolare alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Udine, dove li studiano questi in progetti di ricerca finanziati dalla Fondazione Airc. «Il primo sviluppo di organoidi provenienti da cellule del cancro al colon, isolate e sviluppate in coltura in un contesto tridimensionale, è del 2009. Oggi, dopo 13 anni, ne sono stati ottenuti da vari tessuti e tumori. Bisogna immaginarseli come un piccolo organo in cui le cellule tumorali staminali, prelevate dal paziente, iniziano a differenziarsi sino a formare una struttura che ricapitola fedelmente quella del tessuto del tumore di origine».I vantaggi non sono da poco: gli organoidi si pongono a metà strada fra il classico modello cellulare bidimensionale e quello in vivo (per esempio nel topo) ; in questo modo, proprio perché riflettono l’eterogeneità del tumore, risultando molto stabili nel mantenere in vitro le caratteristiche molecolari del tumore di origine, consentono di fare ricerca di nuovi farmaci in modo assai più veloce e in un modello più vicino alla realtà. Riducendo o eliminando, in prospettiva, l’impiego di modelli animali (il che rappresenta un problema bioetico non secondario). «Gli organoidi hanno anche qualche limite, per ora» precisa Tell.

«Sono strutture che mancano di un sistema nervoso e immunitario, non sono innervate né vascolarizzate, anche se vi sono molti tentativi per generare un microambiente che comprenda queste componenti essenziali, e si sta tentando di svilupparle anche su chip: i cosiddetti organ-on-a-chip, dove attraverso sistemi di microfluidica sia possibile ricreare una sorta di microcircolazione artificiale controllata».L’idea è quella di testare nuove molecole e principi attivi prima sugli organoidi (creati a partire dalle cellule cancerose del paziente) «per vedere l’effetto che fa»: verificare se, sottoposto a determinati farmaci, il tumore reagisce o resiste. E, in tal caso, impostare un percorso di medicina personalizzata, in base alle caratteristiche molecolari della malattia nel singolo paziente, limitando il più possibile gli effetti collaterali o le cure semplicemente inutili.«Il progetto che seguiamo qui a Udine prevede, al momento, di creare queste colture per arrivare a una biobanca, e usare gli organoidi per fare screening di farmaci e mettere a punto i cocktail di agenti chemioterapici migliori per eradicare il tumore» spiega Tell. Che la strada sia quella giusta lo dimostrano i tanti centri oncologici che, in tutto il mondo, si stanno muovendo in questa direzione. «L’auspicio» conclude il ricercatore «è utilizzare gli organoidi nella pratica clinica entro una decina di anni o anche meno».

L’azalea che fa bene alla ricerca

Domenica 8 maggio, in occasione della Festa della Mamma, l’Azalea della Ricerca di Fondazione AIRC torna in tutta Italia per sostenere la ricerca. In 38 anni, questa iniziativa ha permesso di raccogliere oltre 280 milioni di euro, destinati agli studi su tutte le forme di cancro che colpiscono le donne.Nelle piazze italiane, come ogni anno, ci saranno 20 mila volontari per distribuire l’azalea con una donazione di 15 euro. Insieme verrà consegnata una Guida con informazioni su prevenzione, cura dei tumori e alcune salutari ricette. È possibile ordinare l’Azalea anche su Amazon.it. Tutti gli aggiornamenti in tempo reale su airc.it

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Daniela Mattalia