«Dopo il lockdown è assolutamente necessario muoversi»
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Salute

«Dopo il lockdown è assolutamente necessario muoversi»

Nell'ultima puntata della serie «Come rimettersi in movimento dopo il lockdown», intervista conclusiva al dottor Simone Cecchetto, presidente dell'Associazione italiana di fisioterapia. Che spiega perché il moto è una cura per tutti i mali.



«Abbiamo visto anche dalla letteratura che gli stimoli dati dal movimento generano modificazioni plastiche positive, oltre a mantenere le normali proprietà di cartilagine, ossa, muscoli, tendini, vasi». Con modi garbati ma tono fermo, Simone Cecchetto lancia un messaggio categorico. Nell'intervista conclusiva della serie di Panorama dedicata alla rimessa in forma, il presidente dell'Associazione italiana di fisioterapia spiega perché, se teniamo alla nostra salute, dobbiamo rimetterci in moto.

I sette colleghi che l'hanno preceduta hanno tutti detto che dopo il lockdown occorre muoversi e, in primis, camminare. Perché?

«La salute e il benessere dipendono da tanti fattori. E uno dei più importanti è proprio il movimento, insieme all'alimentazione e ai fattori ambientali. Nell'ambito del movimento è importante camminare, ma perché sia significativo occorre farlo con una determinata intensità e per un determinato tempo. Quindi non basta la passeggiata in centro. Per produrre nell'organismo quegli effetti benefici che la letteratura scientifica dà ormai per acclarati occorre una mezz'oretta di camminata sostenuta».

Ma perché fa così bene muoversi?

«Perché tiene in salute le articolazioni: la cartilagine delle nostre articolazioni è nutrita dal movimento. Le alternative pressioni sulle articolazioni aiutano a nutrire la cartilagine».

Tecnicamente come avviene?

«La cartilagine viene nutrita da un processo di assorbimento e spremitura del liquido sinoviale, che contiene nutrienti per le cellule della cartilagine, appunto. Quando noi stiamo fermi è come se la cartilagine andasse in sofferenza, perché di fatto non riceve l'adeguato apporto nutritivo. Questo vale per gli arti inferiori ma anche per quelli superiori, perché ogni nostro movimento produce piccole o grandi sollecitazioni alla cartilagine».

Muoversi dà benefici anche alle ossa, vero?

«Sì, perché il movimento facilita i meccanismi di sostituzione e di mantenimento della loro salute. Lo stimolo meccanico del camminare serve alle cellule che costruiscono le ossa. È stato dimostrato che le stimolazioni meccaniche permettono di mantenere sane le ossa. Lo stesso discorso vale per i tendini e i muscoli».

Ossia?

«Il movimento produce attività sui muscoli e determina il mantenimento o l'incremento del materiale contrattile che c'è all'interno dei muscoli. Ma facilita anche l'irrorazione sanguigna all'interno dei muscoli e il mantenimento delle proprietà meccaniche dei tendini. Quindi il movimento, quello corretto chiaramente, facilita anche la salute dei muscoli e dei tendini».

Talvolta capita di avere le gambe gonfie. In tal caso bisogna muoversi di più?

«Come ogni disfunzione, innanzitutto è importante capire la causa del gonfiore. Laddove imputabile a difficoltà vascolari, il movimento può aiutare perché la contrazione muscolare funziona un po' come una pompa che facilita la circolazione sanguigna. In questi casi può essere utile riferirsi a un fisioterapista esperto in linfologia».

Il Covid ha, purtroppo, portato alla ribalta anche l'apparato respiratorio. Il moto fa bene anche ai polmoni?

«Certamente. L'allenamento cardiorespiratorio, insieme ad altre tecniche, è la strategia pianificata dal fisioterapista respiratorio per molte patologie, tra cui gli esiti di Covid, come ha ben spiegato la dottoressa Lazzeri nella settima puntata. Ma, anche per una persona in salute, fare movimento di intensità adeguata aumenta l'ossigenazione del sangue e mantiene in salute anche il sistema cardiocircolatorio. E non solo: il movimento ha ottimi effetti pure su metabolismo, glicemia e perfino su difficoltà gastro-intestinali.

Cartilagine, ossa, muscoli, tendini, vasi.. Muoversi è una specie di cura per tutti i mali?

«Esattamente. Inoltre il movimento mantiene in salute anche il sistema di controllo motorio, quindi il sistema nervoso, la sensibilità e tutto ciò che sta a monte di muscoli, ossa e articolazioni».

Perché?

«Perché, oltre a facilitare e a supportare l'equilibrio, muoversi dà quegli stimoli sensoriali, di programmazione del movimento che permettono di mantenere in salute anche il sistema di controllo del movimento. E quindi anche con influenze molto positive sul cervello. Già, perché il movimento mantiene in salute anche il cervello. Si è visto che, in particolare le persone con dolore cronico, se fanno un'attività motoria ben tarata con l'aiuto del fisioterapista, in termini di minutaggio, battito cardiaco e incremento progressivo, quest'attività produce a livello cerebrale delle endorfine che aiutano a ridurre la percezione di dolore».

Addirittura?

«Sì, perché uno dei fattori determinanti del dolore cronico è proprio un malfunzionamento di alcuni meccanismi di controllo centrale. Tali alterazioni possono essere superate anche attraverso delle strategie cognitive e una esposizione graduale al movimento, da fare con un fisioterapista, che valuta come introdurre e come incrementare l'attività motoria nella persona con dolore persistente. Su cartilagine, ossa, legamenti, muscoli, equilibrio e cervello gli effetti del movimento sono ormai consolidati. Ovviamente movimento corretto, come ha spiegato bene il dottor Guido Barindelli nella seconda puntata».

Ma cosa intende esattamente per movimento? Possono bastare i famosi 10.000 passi al giorno?

«Da questo punto di vista potrebbero bastare. Dalle mie parti si dice "Piuttosto che niente è meglio piuttosto". L'importante è che la persona trovi il proprio spazio, il proprio tempo e la propria attività, perché il movimento non dovrebbe essere vissuto come un obbligo ma come un momento in cui la persona dedica tempo a se stessa. Come abbiamo visto nelle puntate precedenti, ormai è superata la visione che separa il corpo dalla mente. Oramai viviamo e leggiamo corpo e mente come un inscindibile unicum. Allora è importante che quella mezz'ora al giorno sia dedicata ad attività piacevoli, se possibile svolte nella natura: può essere la camminata, il nuoto, la biciclettata, la partita di tennis... Quello che conta è che la persona lo senta come tempo per sé, un tempo che aiuta a staccare dalla quotidianità. Perché gli aspetti psicoemotivi e psicosociali influenzano tantissimo il benessere, ma influenzano anche il dolore cronico».

Intende dire che più problemi una persona ha, più sente dolore?

«Esattamente. Per questo è importante che il movimento sia vissuto come un modo per dare spazio a sé».

E la palestra, va bene?

«Se è vissuta come momento aggregante, positivo o di distacco della mente dalla quotidianità, sicuramente può essere positiva. Lì è importante essere seguiti da professionisti preparati, laureati in Scienze motorie, perché, essendo il movimento ripetitivo e anche con carichi, è importante che sia corretto. Altrimenti il rischio è di sviluppare dolori e disfunzioni che poi richiedono di affidarsi a un fisioterapista esperto in ambito muscolo-scheletrico o sportivo».

Cosa pensa degli sport di squadra?

«Sono ottimi. In quel caso entra in gioco anche la dimensione ludico-ricreativa e si attivano una serie di altre aree cerebrali. È un elemento che ulteriormente potenzia il senso del movimento in sé. Tutto questo per arrivare a dire che non basta muoversi meccanicamente, ma che il movimento è vita, è relazione, è benessere. E se fatto insieme ad altri è ancora meglio».

Quanto conta invece il movimento per gli anziani?

«Nelle persone in età avanzata c'è un impoverimento strutturale di quegli aspetti citati in apertura: cartilagine, ossa, tendini, muscoli e anche equilibrio. E, per loro, ancor di più muoversi diventa fondamentale. Ecco perché è fondamentale valutare con il fisioterapista, il medico di famiglia e lo specialista di riferimento la programmazione delle attività più adeguate. Ma c'è un altro aspetto che varrebbe la pena di approfondire».

Prego.

«Si tratta delle disfunzioni pelvi-perineali. Ci sono delle persone, spesso donne, che si muovono poco perché hanno episodi di incontinenza da sforzo. A queste persone mi sento di consigliare di farsi seguire da un fisioterapista esperto in riabilitazione del pavimento pelvico perché quell'incontinenza non è inevitabile. È assolutamente modificabile. Quindi vale la pena di cercare un fisioterapista per superare il problema e muoversi serenamente».

Quanto conta invece il movimento per i bambini?

«È importantissimo lasciare ai più piccoli la libertà di muoversi. Speriamo che i prossimi lockdown non li "costringano" ancora chiusi in casa. A noi pare fondamentale farli entrare nella prospettiva che muoversi fa bene. Dobbiamo aiutare le nuove generazioni a capire l'Abc del movimento, a preferire attività dinamiche all'aperto, quelle che tutti noi abbiamo vissuto prima dell'era dei videogiochi, dei Dvd o delle piattaforme di streaming. E, per quanto difficile possa essere, spingere i genitori a trovare i contesti in cui facilitare il movimento, che nell'attività di gruppo dev'essere sempre piacere e non necessariamente dovere. Il rischio è quello di costruire ansia nell'attività agonistica del bambino e non di trasmettergli il piacere di muoversi. Il movimento in età evolutiva dev'essere gioia, vita, relazione».

Gioco, insomma.

«Esatto. Lasciamo i bambini fare i bambini e non trasformiamoli in piccoli adulti o nella proiezione di noi stessi. Quindi lasciamo loro vivere il movimento con tutto il piacere che porta».

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Elisabetta Burba