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Salute

«Dopo l'emergenza Covid, i bambini devono muoversi tutti i giorni»

Nella quinta puntata della serie «Come rimettersi in movimento dopo il lockdown», realizzata in collaborazione con l'Associazione italiana di fisioterapia, intervista alla dottoressa Martina Favetta sull'attività motoria dei più piccoli dopo la pandemia.

«Con lo stop dell'attività sportiva, anche nei bambini i problemi sono aumentati. E concordo con quanto detto a Panorama dal dottor GuidoBarindelli: varrebbe la pena di fare un controllo da un fisioterapista in età prepuberale, dai 10 anni in poi». Ha le idee chiare Martina Favetta, fisioterapista dell'età evolutiva nel Laboratorio analisi del movimento del reparto di Neuroriabilitazione dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. Panorama l'ha intervistata per capire come affrontare il post Covid con i bambini. E come indurli a rimettersi in movimento.

Cosa è successo ai bambini durante il lockdown, sotto il profilo del movimento?

«Alla luce dell'emergenza sanitaria, come sappiamo, sono state sospese tutte le attività sportive. Il movimento è una delle esigenze primarie. Svolgere un'attività motoria induce anche l'organismo alla produzione di endorfine, sostanze chimiche prodotte dal cervello che danno effetti positivi sull'umore generale. Quindi lo sport aiuta anche nella riduzione dell'ansia e dello stress, migliora il benessere emotivo generale e comporta benefici socio-relazionali, che non sono trascurabili, come ad esempio imparare a gestire i rapporti interpersonali. Tutto questo è venuto a mancare nel periodo del Covid-19 e delle relative chiusure».

E cosa è successo?

«Quando i nostri pazienti sono tornati in ospedale per i day-hospital di controllo, abbiamo trovato condizioni cliniche peggiorate. Facendo la valutazione delle funzioni motorie, ad esempio, ci siamo resi conto che alcune problematiche neuro-motorie si erano accentuate. Quindi ad esempio i nostri pazienti, con patologie neuromotorie e neurologiche, atassia, distrofie muscolari e paralisi cerebrali, presentavano minore equilibrio e maggiore rigidità a livello articolare».

Ma avete rilevato un peggioramento delle condizioni generali di bambini sani?

«Sì, sicuramente i bambini hanno risentito dell'inattività dovuta al lock down. Da non sottovalutare c'è poi tutto il discorso dell'alimentazione, che aiuta insieme allo sport a raggiungere un buono stato di salute fisica in generale. E soprattutto aiuta i bambini al mantenimento di un buon peso, essenziale per conservare tutte le abilità del movimento. Nei bambini sani e a maggior ragione nei bambini con patologie. Oltre ad avere benefici fisici, psicologici e socio-relazionali, il movimento influenza lo sviluppo di alcune abilità come la creatività, il problem-solving e le competenze cognitive e sociali. Attraverso il movimento il bambino sperimenta il proprio corpo, le sue potenzialità e i suoi limiti. E acquisisce la consapevolezza corporea e emotiva».

Oltre all'aumento di peso, che problematiche avete riscontrato?

«Visto che facevano meno sport, una minor coordinazione motoria e una minor forza muscolare. Saltare l'attività sportiva per qualche mese presenta controindicazioni, ma è nei bambini con patologie che il discorso si fa più grave. Comunque quello che abbiamo riscontrato in tutti è l'assenza dell'attività motoria, con tutte le problematiche che ne derivano».

Avete notato anche un aumento di scoliosi?

«Sì. Abbiamo rilevato un aumento di atteggiamenti scoliotici, soprattutto ovviamente in bambini con patologie neuro-motorie».

Quindi quali sono i vostri consigli?

«Noi, come Laboratorio analisi del movimento siamo stati inseriti in un progetto di rete che ha come capofila il Ministero della salute e ha come compito di sviluppare tecnologie innovative e accessibili a basso costo per la valutazione e la riabilitazione domiciliare delle funzioni motorie dei bambini con patologie neuro-motorie».

Un progetto con interessanti prospettive. Per il momento, però, che cosa suggerite di fare per rimettere i ragazzi in movimento?

«Sicuramente di riprendere una adeguata attività sportiva e un'adeguata fisioterapia nel caso di bambini con patologie. Tutto questo, poi, non può prescindere da una corretta e adeguata alimentazione. Nel caso di scorretti atteggiamenti posturali, può essere anche utile fare un controllo da un fisioterapista, sia per i piedi piatti sia per gli atteggiamenti scoliotici, che emergono in adolescenza. Ci tengo a sottolineare che gli atteggiamenti scoliotici non sono scoliosi: fino a quando non si struttura, si parla sempre di atteggiamento. E, fino a quando rimane un atteggiamento, ci si può lavorare in maniera più efficace al fine di ripristinare la condizione di salute iniziale. In tal senso, consiglio vivamente ai genitori il controllo della postura dei loro figli durante lo studio. È importantissimo imparare ad avere una postura ergonomica, sia per gli atteggiamenti scoliotici sia per le contratture a livello cervicale. Visto che i ragazzi passano tanto tempo chini sui libri, far apprendere una corretta postura quando si studia è essenziale».

Con una cattiva postura a cosa vanno incontro?

«Intono ai 25/30 anni rischiano di sviluppare dolori e contratture cervicali».

E cosa pensa del cambiamento delle abitudini quotidiane, come andare a scuola a piedi o in bicicletta, non prendere l'ascensore, fare le scale?

«Laddove è possibile, bisogna sempre camminare, fare passeggiate, non usare la macchina, fare le scale, evitare di stare troppo tempo sul divano, stare all'aria aperta al parco o ai giardinetti... Questo è l'Abc del movimento, che viene ancor prima dell'attività sportiva».

Il movimento dev'essere una costante della giornata, vero?

«Sì, esatto. Dev'essere proprio un approccio alla vita quotidiana».

Purtroppo tante scuole tengono i bambini fermi tutto il giorno. Non li portano in cortile neanche all'intervallo...

«Invece bisogna fare pause brevi e frequenti, in modo da far alzare i bambini, farli muovere e farli respirare all'aria aperta. Perché questo, oltre a tutti i benefici motori, e quindi sul corpo, ha anche benefici sulla mente e soprattutto sulla concentrazione.

Sulla base della mia esperienza, a molti insegnanti questa consapevolezza manca.

«Bisogna lavorare molto per far entrare questi concetti nella nostra cultura. Il movimento e lo sport fanno ancora fatica a entrare in quest'ottica. Però piano piano cerchiamo di portarlo nelle scuole. Bisogna educare, far nascere la consapevolezza e coltivarla».

Il concetto dell'importanza dello sport magari è passato, ma quello del movimento fa molta fatica a passare.

«È vero. Ed è assurdo, perché come abbiamo visto il movimento quotidiano viene ancora prima dello sport. Sempre più genitori ormai portano i figli a fare sport una o due volte la settimana, per sentirsi a posto con la coscienza. Ma il resto dei giorni lo passano sul divano. È un paradosso».

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Elisabetta Burba