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Salute

Il succo della vita

Una mela al giorno toglie il medico di torno, ma anche ciliegie, pomodori, uva, frutti esotici e persino patate danno il loro contributo a mantenerci in forma. Per l'Onu il 2021 è «l'Anno della frutta e della verdura», che sono consigliate - e da sempre - dai nutrizionisti. Viaggio (guidato) ai migliori e più salutari alimenti di stagione.

Torniamo al tempo della piramide! Non quella dei faraoni, anche se talvolta per trovare il cibo buono e sano bisogna vestire i panni di Indiana Jones, ma la piramide alimentare. Che poggia le sue basi nell'orto e nel frutteto.

L'Onu, con il supporto scientifico della Fao, ha dichiarato il 2021 «Anno della verdura e della frutta». C'era bisogno, dopo mesi e mesi trascorsi a parlare di Covid, di sentire di nuovo il profumo del benessere. È la ratifica di quanto sappiamo da millenni (noi che ci affacciamo al Mediterraneo), la prosecuzione di quel manifesto sulla sostenibilità alimentare scritto all'Expo 2015: la Carta di Milano che è un orgoglio italiano anche perché prende a modello la nostra agricoltura, la migliore in fatto di produzione di frutta e verdura di altissima qualità. Basterebbe ricordarsi che la mascotte di Expo 2015 era Foody, con un volto sorridente di frutta e di verdura disegnato imitando l'Arcimboldo.

Perché anche l'arte s'è ispirata a madre natura: è sufficiente osservare la Canestra di frutti di Caravaggio o andare agli Uffizi e indagare con la golosità degli occhi la Primavera di Botticelli per comprendere quanta laude debba esserci, per dirla con frate Francesco, «per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».

In sostanza, che cosa raccomanda l'anno dell'orto e del frutteto? Di aumentare il peso di questi alimenti nelle nostre abitudini a tavola per quattro ragioni: ci fanno bene, aiutano l'ambiente, contribuiscono a ridurre la fame nel mondo, consentono agli agricoltori familiari, ma noi preferiamo chiamarli custodi, cioè chi coltiva fazzoletti di terra che paiono giardini, di avere giusto sostentamento ed equo profitto. Strategie e abitudini che ci appartengono da sempre e diventano ora un manifesto mondiale.

San Benedetto nel VI secolo raccomandava ai monaci di pregare coltivando e scriveva nella regola che bisogna mangiare il giusto, soprattutto vegetariano. Se si ci fossimo «attovagliati» con Cesare avremmo scoperto che la cena dei romani andava «ab ovo ad mala» (dall'uovo alla mela); anche Apicio, il più grande gastronomo latino, raccomandava porri, cipolle, rape, aglio, insalata consumati cotti o crudi, zuppe di legumi, olive, frutta fresca e secca. Segno distintivo era farsi arrivare in tavola i frutti esotici. Rileggendo Archestrato di Gela - l'inventore della gastronomia, siamo nel IV secolo a.C. - nel menù di pesci e pani dove trionfa l'olio extravergine d'oliva, il pasto s'ingentilisce con i legumi, le foglie e i frutti.

La nostra abitudine all'orto e al frutteto è dunque antica. Per questo il settore ortofrutta per l'Italia è strategico. Una recente indagine ha però messo in evidenza che su 100 euro spesi dal consumatore (che peraltro sta cambiando abitudini: sempre più consapevoli e «naturali») solo sei vanno in tasca agli agricoltori.

Il comparto ortofrutta rappresenta oltre un quarto della produzione agricola nazionale, interessa 300 mila aziende che coltivano 1,2 milioni di ettari ricavandone 24 milioni di tonnellate di prodotti. Il fatturato complessivo è di 15 miliardi di euro, di cui quasi la metà arriva dall'export. In crescita il biologico anche perché i consumatori chiedono - lo ha rilevato una recente indagine di Nomisma - prodotti sempre più naturali e freschi.

L'Onu, quando raccomanda stagionalità, naturalità, prossimità, ha di fatto scoperto il consumo all'italiana. «Da sempre è nel nostro costume mangiare frutta e verdura» spiega a Panorama Martina Donegani, nutrizionista che ha scritto più di un libro per smentire i luoghi comuni sul cibo. «Semmai è stata l'importazione di altri stili alimentari a distrarci, ma la dieta mediterranea, la più salutare, si fonda su frutta e verdura. Da lì nascono la nostra longevità e il nostro benessere».

La formula giusta? «Il 50 per cento di carboidrati, compresi gli zuccheri semplici della frutta, il 35 per cento di grassi insaturi come l'olio extravergine di oliva e un 15 per cento di proteine». Quando l'Onu raccomanda cinque porzioni al giorno di frutta e verdura significa almeno 400 grammi al giorno: due mele e due buone insalate. Uno studio del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) afferma che aumentare quella dose di un 20 per cento incrementa la protezione da ictus di 10 punti.

L'altra indicazione, suggerita anche dalle Nazioni unite, è di mangiare secondo stagione e «seguendo i colori». La frutta arancione contiene carotenoidi fondamentali per la vista, quella rossa e blu antocianine - potenti antiossidanti che aiutano il cuore - quella verde allontana il rischio tumori e stimola la diuresi, quella rossa (come il pomodoro con il suo prezioso licopene) protegge il cuore, quella marrone contiene potassio.

La natura ha dotato ogni stagione di ciò che serve a farci stare bene: gli agrumi in inverno insieme ai cavoli, gli asparagi a primavera e in estate le ciliegie, le pesche che ci reidratano, in autunno l'uva. Però ci sono alcuni luoghi comuni da sfatare: occhio alle cosiddette bevande vegetali, che spesso hanno molto zucchero e sostanze conservanti, e a prodotti troppo trasformati. Frutta e verdure andrebbero consumate tali e quali. Dovremmo educare a questo i bambini. E come si fa? A Marco Bianchi (conduce con Angel Rafanelli Linea verde estate) chiedono consigli milioni di follower. Lui risponde così: «Frutta e verdura per i più piccoli sono una promessa di felicità. Basta tornare alle abitudini di un tempo, quando la merenda era una pesca e la pasta con i piselli una festa. Ma attenzione all'origine di questi prodotti, alla conservazione e alla cottura per evitare di perdere i vantaggi dei nutrienti. La fibra è un potente alleato del nostro corpo. E poi ci sono i trucchetti: macedonie, paste con sughi vegetali, insalate colorate, bisogna giocare su curiosità e stupore».

«Ci sono cento occasioni al giorno per lasciarci coccolare dall'orto e dal frutteto» aggiunge la nutrizionista Martina Donegani «dalla colazione del mattino con una spremuta o una centrifuga, alla merenda fino al post palestra o allo spuntino sul lavoro». Il segreto per ripartire con il piede giusto dopo la reclusione da Covid? «Vivere a colori e in pieno benessere con tanta frutta e verdura per farci del bene, fare del bene al pianeta e stare in forma». Tutto l'anno, ma non solo nel 2021.

Una tira l’altra solo se è di Vignola

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Soda e croccante. Lucente e succosa. Zuccherina quanto basta. Ma soprattutto unica e inimitabile. La ciliegia di Vignola Igp è una tentazione a cui non si può resistere, un patrimonio gastronomico italiano che il mondo invidia. Un invito a peccare, senza sensi di colpa per il girovita. Dietro a tanta bontà, oltre alla naturale vocazione del territorio modenese, c'è anche la mano di Agrintesa, cooperativa leader nel settore ortofrutticolo nonché socia del Consorzio di Tutela della Ciliegia di Vignola Igp. «Possiamo considerare questo frutto uno dei brand storici del nostro Paese» racconta a Panorama Pier Giorgio Lenzarini, vicepresidente di Agrintesa. Nato negli anni Sessanta, fra i primi in Italia come marchio territoriale, ha ottenuto il riconoscimento dell'Indicazione geografica protetta nel 2000 e oggi è sinonimo di eccellenza. I nostri soci sono espressione di questa storia. Forti di una specializzazione che è stata raffinata generazione dopo generazione, coltivano e portano sulla tavola del consumatore varietà di ciliegie di altissima qualità e dal sapore inconfondibile». Per il 2021 si stima una produzione totale di circa 2 mila e 400 tonnellate. Sarà interamente gestita dall'impianto di Castelfranco Emilia, struttura dotata delle migliori tecnologie per il comparto grazie a recentissimi investimenti, in grado di lavorare qualcosa come 100 tonnellate di ciliegie al giorno.

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Cogli la prima mela, purché sia «Evelina»

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La sua forma sinuosa e allungata, il profumo intenso e il colore rosso acceso con striature giallo-aranciate la rendono inconfondibile. Molto fresca e appagante grazie al perfetto equilibrio tra le varie componenti aromatiche, zuccherine e acidule, la mela Evelina Melinda, oltre a essere strepitosa gustata da sola per la sua spiccata croccantezza, è anche l'ingrediente perfetto per dare carattere a ricche insalate estive o preparare smoothie golosi (ma sani), proprio come quello suggerito per i lettori di Panorama dal giovane chef Davide Zambelli (riquadro in alto). Evelina non contiene grassi, ha pochissime calorie, è ricca di sali minerali e vitamine che non solo giovano alle mucose dell'intestino e della bocca, ma prevengono l'invecchiamento di capelli e unghie e contrastano sia la stanchezza sia l'inappetenza, tipiche della stagione più calda. Melinda, consorzio trentino composto da quattromila famiglie di piccoli agricoltori, specializzato nella coltivazione delle mele, commercializza questa speciale varietà dal 2015. La raccolta avviene circa a metà settembre ed è una pratica decisamente meticolosa: si passa tra i filari più volte, a distanza di giorni, per raccogliere le mele al giusto grado di maturazione, garantendo così al consumatore una qualità ottimale del prodotto.

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Il lato esotico del benessere

banane

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Un «boost» energetico per chi pratica sport, ideale come spuntino sia la mattina sia il pomeriggio, la banana piace a tutti per la sua spiccata dolcezza, perfino ai bambini solitamente «allergici» alla frutta. A dispetto dei soliti luoghi comuni, è un vero alleato della salute: sazia come pochi altri alimenti e contiene poche calorie, circa 110 per porzione. Ma soprattutto è un'ottima fonte di fibre, vitamine, sali minerali, il potassio in primis, e antiossidanti. Stesse qualità di un altro frutto, esotico per eccellenza, sua maestà l'ananas, che in più è molto dissetante e succoso. Non solo. Grazie a un enzima, la bromelina, facilita la digestione e contrasta la ritenzione idrica, tema molto caro a chi deve seguire un regime dietetico. Detto ciò, che si tratti di banane o ananas, ciò che conta è puntare sulla qualità. Con Dole, per esempio, non si sbaglia. Marchio leader nel mondo per la produzione di frutta fresca premium quality, nato alle Hawaii nel 1851 per volere dell'imprenditore americano James Drummond Dole, è una certezza per chi «desidera portare a tavola qualità, freschezza e gusto» spiega Cristina Bambini, responsabile marketing per l'Italia. «In Dole, da sempre, siamo impegnati a trasmettere ai nostri consumatori i valori del vivere sano» chiosa. Oltre a questi frutti, naturalmente, l'offerta del brand contempla molte altre delizie, tra cui kiwi, agrumi, frutti di bosco, meloni, mango, papaya e avocado.

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Selenella, felicità per il palato (e la dieta)

patate selenella

Patate Selenella

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Impossibile non amarle. Con o senza buccia. Fritte, al forno, al cartoccio. Lessate e condite con olio, sale e foglioline di prezzemolo fresco. Le patate, si sa, sono un'autentica ghiottoneria. Spesso però le si considera nemiche della linea, quando in realtà, se consumate con misura, sono un alimento sano, ricco di carboidrati complessi, fibra, vitamina C e sali minerali. Possono addirittura sostituire pane e pasta poiché rispetto a questi contengono un maggiore quantitativo di acqua e ciò determina una minore densità energetica: quindi a parità di peso possiedono meno calorie. Bisogna semplicemente scegliere le migliori. Ecco allora, tra le eccellenze italiane, Selenella, la patata fonte di selenio. Gustosa e di ottima consistenza, declinata nelle versioni classica, novella e mini, è il risultato dell'impegno di Selenella-Consorzio Patata Italiana di Qualità, che dal 1990, nella provincia di Bologna, opera per valorizzare la produzione pataticola e orticola locale. «La filiera Selenella è un'eccellenza 100 per cento italiana, certificata e garantita in ogni fase grazie al nostro lavoro» afferma Massimo Cristiani, presidente del Consorzio. «L'obiettivo è contribuire a creare una vera e propria cultura della sana alimentazione, portando ogni giorno nelle case degli italiani ortaggi di qualità, buoni e salutari come le nostre patate, appunto, ma anche carote e cipolle, tutte fonte di selenio» precisa. Il Consorzio attualmente annovera dieci soci, a cui fanno capo 320 produttori italiani. selenella.it

In tavola quei chicchi dolci di Sicilia

uva mazzarrone

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«In tempi estremamente duri, come quelli imposti dal Covid, abbiamo continuato a dare il meglio di noi stessi, riscuotendo l'approvazione dei consumatori italiani e non solo, assicurando ortofrutta di qualità alle popolazioni di tutta Europa». È orgoglioso Giovanni Raniolo, presidente dal 2012 del Consorzio di tutela dell'uva di Mazzarrone Igp. Un'uva da tavola che anche quest'anno, grazie al clima favorevole, si presenta in grappoli grandi, forti e sani. Questo frutto, che in casa, in assenza di umidità, può durare anche un mese senza sciuparsi, non è semplicemente una specialità orticola, è anche è l'emblema del territorio in cui viene coltivato: Mazzarrone, in provincia di Catania.Un luogo in cui il clima favorevole ne permette la conservazione sotto teli di plastica fino al mese di dicembre. La raccolta dell'uva Mazzarrone, anche grazie all'attività di Raniolo, uomo che ha saputo comunicare nel mondo il proprio prodotto e risolvere annose questioni legate al tema dei fitosanitari, nel tempo è cresciuta notevolmente: si è passati dai 300 mila chili del 2012 ai 5 milioni di chili del 2020. Ma com'è questa delizia? Dolce e delicata, dalla polpa soda, compatta e carnosa. Nera, rossa o bianca, è un perfetto fine pasto, ideale anche come ingrediente per preparare marmellate, dolci al cucchiaio, sorbetti e succhi. uvadimazzarroneigp.it

Quando «l’effetto serra» dà buoni frutti

pomodori

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Mattia Gandini, responsabile commerciale di Orticoltura Gandini Antonio, azienda del mantovano specializzata nella produzione di pomodori, non ha dubbi: «La coltivazione idroponica, ovvero in serra, ha numerosi vantaggi rispetto a quella tradizionale». Primo tra tutti, il bassissimo impiego di trattamenti fitosanitari. Poi, la capacità di produrre anche nei mesi in cui il clima è meno favorevole e il contenuto impercettibile di nichel che rende questi pomodori ideali per soggetti intolleranti e allergici. Un «plus» a cui si aggiungono i benefici per l'ambiente poiché coltivando in serra vi è un notevole risparmio idrico, lo sfruttamento e il conseguente impoverimento del terreno sono giocoforza inesistenti, l'impiego di fertilizzanti è ridottissimo, quello di erbicidi addirittura nullo. I pomodori, nelle loro differenti e gustose varietà, dal ciliegino al cuore di bue, dal costoluto all'oblungo «sono tutti di alta qualità uniforme nel tempo» afferma con soddisfazione Gandini. Una sorta di marchio di fabbrica che fa dell'azienda un'eccellenza italiana e spiega la sua crescita esponenziale negli anni: «Siamo passati dai 2 milioni di confezioni del 2015 agli 8 milioni del 2020, con una proiezione di oltre 10 milioni nel 2021» precisa. Sempre nel 2020 Gandini è anche entrata a far parte dell'O.P. ValleVerde, società consortile cui fanno capo produttori ortofrutticoli. Infine, non manca una produzione di passate «nichel free», per uno spaghettino da ristorante stellato.

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La rivoluzione delle colture «idroponiche»

colture idroponiche

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In provincia di Torino, a Beinasco, c'è Hortopro, una realtà imprenditoriale che punta dritta al futuro. Fondata da Andrea Sale, è un'azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di impianti professionali e tecnologie idroponiche applicate sia in serra sia in campo e riqualificazione di aree e strutture con sistemi di Vertical Farm. Il suo obiettivo è quello di contribuire alla trasformazione e all'aggiornamento dell'agricoltura italiana. Del resto «la coltivazione idroponica» spiega Sale «permette di produrre 15 volte in più rispetto all'agricoltura tradizionale, in tempi più brevi e per dieci mesi l'anno, senza l'impiego di pesticidi ed evitando che gli inquinanti del terreno possano intaccare la qualità del prodotto. Si utilizzano le risorse in modo più consapevole, l'acqua viene riutilizzata a ciclo chiuso, con un consumo ridotto del 90 per cento». Ma non è tutto, anzi. Ciò che fa di Hortopro una realtà unica e virtuosa è anche la grande attenzione al tema della sostenibilità energetica e ambientale: «Attraverso l'introduzione di fonti energetiche alternative, il progetto risulta ancora più green» prosegue l'imprenditore. Altro fiore all'occhiello di Hortopro è il suo modus operandi che contempla tutti i passaggi, dallo studio progettuale della fattibilità di un impianto fino al «business plan» perché i produttori possano accedere a finanziamenti e finanza agevolata. «Progettiamo una filiera sostenibile in Agricoltura 4.0, per garantire al consumatore un prodotto di massima qualità e il rispetto delle migliori condizioni di lavoro, sociali, ambientali e salutistiche».

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Carlo Cambi

Toscano di nascita e di formazione (economico-giuridica) diventa giornalista professionista a 23 anni. Percorre tutto il cursus honorum a Repubblica fino a dirigere le pagine di economia. Nel 1997 fonda I Viaggi di Repubblica - primo e unico settimanale di turismo - che dirige fino al 2005 quando sceglie di vivere a Macerata insegnando marketing del territorio e incontra Maurizio Belpietro col quale stabilisce un sodalizio umano e professionale. Autore radiofonico e televisivo continua a occuparsi di economia ed enogastronomia. Ha scritto una trentina di libri. Il suo best seller? Il Mangiarozzo.

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Chiara Risolo