Prodi
Romano Prodi (Ansa)
Politica

Tranquillo Prodi, c'è sempre Cossiga

Come Eravamo

Da Panorama del 6 agosto 1998

Adesso abbiamo capito che cosa intendeva Massimo D'Alema quando diceva: bisogna fare dell'Italia un Paese normale. Voleva cioè restituire alla politica i connotati d'origine, quelli che hanno caratterizzato la Prima repubblica dall'inizio al termine.

Era animato, il giovane segretario pidiessino, dalla nostalgia per i minuetti, per i vertici, i confronti e soprattutto le verifiche. Infatti, alcune settimane fa l'avvenimento di Palazzo al quale stampa e televisioni hanno dedicato più spazio è stato proprio la verifica, una parola dal significato vago e per questo, forse, ricca di fascino o addirittura di magia. Silenzio, si verifica. E tutti gli italiani ammutolirono rispettosi e certi che la loro vita, oltre a quella del governo, sarebbe cambiata.

Se c'era un problema in sospeso, Romano Prodi evitava entusiasticamente di affrontarlo: "Provvederemo dopo la verifica". Sicuro, la verifica. Ma in che cosa è consistita? Il premier Romano Prodi e il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti si sono incontrati e hanno discusso del più e del meno, specialmente del meno. Il presidente del Consiglio era preoccupato perché per la seconda volta Rifondazione comunista era uscita dalla maggioranza, votando no all'allargamento a est della Nato (lo stesso del resto era già accaduto in occasione della scampagnata in Albania). E ha domandato a Fausto Bertinotti: continuerai a fare le bizze o ti deciderai finalmente a sottoscrivere con noi un patto a lunga scadenza? E l'altro: beh, non so, valuteremo. Verifica conclusa.

Guardate che non sono stato sbrigativo per fare lo spiritoso. È andata esattamente così come ve l'ho raccontata. I due non si sono accordati su niente, né sulla politica internazionale né su quella interna (lavoro, legge finanziaria, scuola eccetera). Però, siccome non potevano dire al popolo: "Scusate, siamo al punto di partenza", hanno preferito dire che la verifica era stata utile, ma non risolutiva. Poi in Parlamento si è celebrato il solenne rito della fiducia, le cui immagini Rete due ha portato nelle nostre case, sicché abbiamo visto a occhio nudo quanto sia di tolla la faccia di Fausto Bertinotti. Egli in sostanza ha dichiarato al presidente del Consiglio Romano Prodi: ti critico perché non ne hai azzeccata una a favore dei poveri e dell'occupazione, ma ti voto lo stesso altrimenti andiamo tutti a casa, un'ipotesi che mi terrorizza. Prodi, che pure aveva affermato: "Pretendo una fiducia convinta e forte", non ha fatto una piega e ha incassato con filosofia andreottiana: "Meglio tirare a campare che tirare le cuoia".

Fino a quando durerà? Almeno fino all' autunno, perché luglio è agli sgoccioli, in agosto si va in vacanza e l'ombrellone certo non vuole pensieri, in settembre si torna stanchi dall'eccessivo riposo e prima di connettere passa ancora un mese, in ottobre urge la Legge finanziaria, si dibatte sulle cifre (che devono essere gradite alla Banca centrale europea) e figurati se c'è tempo per badare alla crisi. Se tuttavia, malauguratamente, Fausto Bertinotti proprio sulla Legge finanziaria s'impennasse, pazienza.

Fossero tutti qui i guai.

Che diamine, abbiamo Francesco Cossiga, il coperchio capace di adattarsi a qualsiasi pentola, anche quella del centrosinistra. Lui l'ha già detto, d'altronde: se avete bisogno di me per una manciata di suffragi, per un caffè liscio o corretto, un sostegno, una stampella, una ruota di scorta, una spazzolata alle scarpe, disponete di me.

Inoltre con l'ingiallire delle foglie scatterà il cosiddetto semestre bianco durante il quale Oscar Luigi Sclafaro non potrà sciogliere le Camere, e allora sarà una festa per gli alchimisti delle segreterie di partito. Nulla sarà loro vietato: convergenze parallele, orge di verifiche, sfiducia costruttiva e fiducia critica (anzi, furibonda), maggioranze elastiche e rigide, larghe intese e dissensi angusti. Nessun limite ai bizantinismi, alle furberie, alle manovre subacquee. Il doroteo che è in ogni uomo politico italiano avrà modo di esprimersi e di contribuire a realizzare il sogno restauratore. Risorgerà la Prima repubblica e poiché la falce e martello, lo scudo crociato, l'edera e il sole nascente sono scomparsi, l'emblema nuovo sarà il piccone cossighiano arricchito dalle manette dipietresche.

Altro che rivoluzione copernicana. Tanto casino, anni e anni di quotidiano terremoto giudiziario, bicamerali come piovesse, referendum e sconquassi bipolari per ritrovarci con un gladio in mano dalla parte della lama. Che estate questa estate. Siamo tutti ansiosi di vedere come andremo a finire. La fine è l'unica certezza.

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Vittorio Feltri