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(Ansa)
Politica

Seid, Saman, Greta: Popper inchioda la sinistra

I casi del suicidio di Said Visin (e le polemiche sul razzismo) e quello di Saman (e le polemiche sull'integrazione) rischiano di ritorcersi contro la sinistra benpensante

Il colmo per la sinistra? Considerarsi, come ha fatto durante la pandemia, custode dell'ortodossia scientifica, eppure fondare la propria impalcatura ideologica su teorie antiscientifiche.

E' questo il filo conduttore che accomuna tutte le varianti delle filosofie progressiste, dalla politica delle identità al millenarismo ecologista. Per smontarle, è utile riprendere in mano l'epistemologia di Karl Popper.

Secondo il pensatore austriaco, una teoria è scientifica se è "falsificabile": ovvero se, a partire dalle sue premesse, può essere dedotta almeno una verifica sperimentale che le confuti integralmente. Io dico: "Tutti i fili d'erba sono viola". Esiste un criterio per invalidare l'asserzione: osservo un prato e se ci vedo dei fili d'erba verde, essa è falsa. Se, però, dico: "Tutti i fili d'erba sono santi", il discorso cambia. Con che criterio potrei distinguere ciò che è santo da ciò che non lo è? Entrambe le asserzioni ("l'erba è viola" e "l'erba è santa") possono essere false. Ma solo la prima è scientifica, perché solo la prima è falsificabile.

Ebbene: alcuni recenti fatti di cronaca ci permettono di applicare lo schema popperiano alla narrazione della sinistra.

Prendete la vicenda del povero Seid Visin, giovanissima promessa del Milan, di origini etiopi, morto suicida a 20 anni. Nonostante fosse spuntata una lettera del 2019 in cui il ragazzo lamentava discriminazioni, il padre ha ribadito che il razzismo non c'entra niente con quel tragico gesto. La mamma ha addirittura tirato in ballo una sorta di depressione da lockdown. Però per la sinistra, che si è fiondata a capofitto sul lutto, le smentite dei genitori non significano nulla: come ha scritto Michela Murgia, Seid è un martire del "razzismo sistemico". E se il razzismo è sistemico, non importa se chi lo subisce si renda conto o meno di esserne vittima: egli è comunque un oppresso, in virtù di una condizione che in certi casi discende da fattori antropologici e culturali (essere omosessuali, o economicamente svantaggiati), ma in altri è identificata da un dato puramente biologico (il colore della pelle, il sesso). Qui s'impunterebbe Popper: come potremmo falsificare la teoria? I coniugi Visin negano che il figlio si sia ucciso per il dolore causato dalle discriminazioni. Sostengono che patisse altre fragilità. Ma non importa: qualsiasi corda si sia spezzata nell'animo di quel giovane, la frana è stata comunque innescata dal sopruso essenziale, "sistemico", sperimentato da chiunque faccia parte di una minoranza etnica. Qualunque cosa succeda, la teoria è sempre valida: la sinistra ha sempre ragione.

Il pasticcio si aggrava con l'intersezionalismo, la tesi secondo la quale, per comprendere la dinamica dell'oppressione, è necessario considerare che essa colpisce diverse caratteristiche di uno stesso individuo: ad esempio, una donna nera lesbica subirebbe una triplice oppressione sistemica. Il difetto dell'ideologia, di nuovo, non è che essa è indimostrabile, bensì che essa non è confutabile. Qualsiasi circostanza ne costituisce la prova. Nessuna la mette fuori gioco.

Da ciò scaturiscono i cortocircuiti che solitamente si attribuiscono all'"ipocrisia" della sinistra. Come nel caso di Saman: donna, ma anche proveniente da una famiglia di immigrati islamici. Il dogma intersezionale non regge: Saman voleva essere libera, ma con ogni probabilità è stata uccisa nel nome di una deviante tradizione religiosa. Perciò la sinistra tace: stavolta l'oppressa (la donna) è stata vittima di un altro presunto oppresso (l'immigrato islamico) e non del classico oppressore (la società italiana, maschilista e sistemicamente razzista).

Lo stesso schema bacato si riproduce con i catastrofismi ambientalisti, da Greta Thunberg al "decrescismo" grillino. Osserviamo la forma della teoria, che è esattamente del tipo "non falsificabile": non c'è un solo elemento fattuale che possa invalidare le profezie di sventura. Le temperature si alzano? E' colpa del cambiamento climatico. Le temperature si abbassano? E' colpa del cambiamento climatico. C'è siccità? E' colpa del cambiamento climatico. Piove troppo? E' sempre colpa del cambiamento climatico. Nessun evento ha potere di invalidare il costrutto. Di questo passo, i luminari che indicano date più o meno vicine come le soglie dell'apocalisse ambientale, a predizione non realizzata, non faranno altro che spostare sempre un po' più in là l'appuntamento con l'Armageddon ecologico. "Entro il 2050 saremo tutti morti". Ah no, scusate: era il 2100. Esattamente come succedeva con il comunismo: fino a quando non è crollato, doveva ancora essere pienamente realizzato.

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Alessandro Rico

(L'Aquila, 1991) Laureato in Filosofia alla Sapienza, PhD in Teoria Politica alla LUISS. Nel 2017 ha pubblicato con Historica il saggio "La fine della politica? Tecnocrazia, populismo, multiculturalismo". Cattolico, conservatore, nemico del politicamente corretto.

twitter @RicoAlessandro

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