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(Ansa)
Politica

Quirinale-Chigi, come sta cambiando il potere politico in Italia

Meloni e Mattarella sono l'emblema di una sorta di nuova divisione di compiti e poteri

Negli ultimi anni il sistema politico italiano ha subito una potente trasformazione istituzionale sotterranea, un vero e proprio cambiamento della costituzionale materiale: il potere legislativo si è spostato nelle mani dell’esecutivo, mentre la funzione di indirizzo politico è oramai condivisa dal governo col Quirinale.

Le rielezioni di Napolitano e Mattarella sono state il sintomo più evidente di queste trasformazione, con il Quirinale che assume un profilo sempre più “monarchico” e da bastione di stabilità del sistema politico. Questo è una cambiamento fondamentale per due ragioni: la prima è che ogni Capo dello Stato da ora in avanti potrà lavorare per essere rieletto; la seconda è che il “partito del Quirinale”, grazie alla sua stabilità, è così esteso ed influente che nessun presidente del consiglio può di fatto governare da solo e senza una consultazione continua col Presidente della Repubblica. Perdere l’appoggio del Capo dello Stato significa perdere, in breve tempo, il governo. Giorgia Meloni, fino ad oggi campionessa di realismo, non si è fatta irretire dalla furia populista e ha anzi avviato un sodalizio importante con Sergio Mattarella capendo che governare con il Quirinale e senza dubbio meglio che governare contro di esso. L’obiettivo di Mattarella è la stabilità politica e dunque, anche se le sue preferenze politiche personali non coincidono con la destra, egli cerca di favorire la sopravvivenza della maggioranza. Ciò sia perché non ci sono alternative a questa formula politica sia perché con Meloni c’è totale sintonia sulla politica internazionale, in particolare rispetto all’Ucraina.

Questo buon accordo non significa naturalmente che Mattarella rinunci ad esercitare la propria influenza: ricuce con una Francia aggressiva verso Meloni, esorta a mantenere impegni e rispettare vincoli europei, invita a mantenere un certo pluralismo nelle nomine pubbliche. E anche sulla giustizia Mattarella, che formalmente per ruolo presiede il CSM, cerca di limare, in ottica conservativa, i provvedimenti più incisivi della riforma Nordio.

Ad oggi comunque niente di troppo preoccupante per Meloni che sa di dover sempre scontare nelle sue riforme la tara di equilibrio e conservazione della Presidenza della Repubblica. Meglio cedere su qualche dettaglio tecnico che guastare il rapporto con Mattarella. Certo se la maggioranza dovesse entrare in affanno per motivi che potranno essere esterni o interni il peso del Capo dello Stato nell’indirizzo politico tenderà ad aumentare e i compromessi richiesti a Meloni sul programma da Mattarella crescere. A quel punto la “coabitazione” potrebbe diventare più complicata e conflittuale con impatti sulla vita della legislatura. In questa nuova repubblica, con una costituzione materiale modificata, il Presidente del Consiglio cammina sempre su un filo. Meglio non scordarlo.

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Lorenzo Castellani