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(Ansa)
Economia

«La Meloni ha ragione: l'economia va meglio del previsto. Ma non bisogna festeggiare»

Spread in calo, borsa in risalita, inflazione che scenderà. Il Prof. Paolo Manasse commenta i dati macro economici diffusi ieri dalla premier cui vanno alcuni meriti. Ma è presto per festeggiare

“L'Italia è in una situazione più solida di quanto alcuni vogliono far credere”. Così Giorgia Meloni ieri, alla vigilia dei 100 giorni del suo governo, è apparsa ottimista nel videomessaggio sulla sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”. Lo spread è sceso di 60 punti, l'inflazione tornerà a livelli accettabili, la Borsa italiana ha registrato un aumento del 20%. Ha elencato dati e concluso con “questa nazione ce la farà!”. Parole che arrivano a qualche giorno dalle analisi congiunturali della Banca d'Italia e dal Centro Studi Confindustria, che avevano segnalato un andamento economico migliore del previsto. “La ripresa economica è meglio delle aspettative è vero. È dovuta al calo del prezzo delle materie prime, al rallentamento dell’inflazione e alla ripresa dei consumi. Tutto ciò si spiega con fenomeni internazionali, mentre il merito del governo è stato quello di aver mantenuto una disciplina di bilancio in linea, anzi leggermente più severa del governo precedente”, spiega Paolo Manasse Professore di macroenomia all’Università di Bologna

Giorgia Meloni nel breve bilancio dei primi cento giorni da presidente del Consiglio ha sottolineato che in un periodo in cui “forse la congiuntura economica è la peggiore dal Dopoguerra, l'Italia è più solida di quanto si voglia fare credere”. Lo ha fatto elencando alcuni dati, primo fra tutto lo spread che “negli ultimi cento giorni è sceso da 236 a 175 punti base”. “Questo sicuramente va riconosciuto al governo. Lo spread è indice della sfiducia o fiducia nelle politiche di bilancio di un Paese. Questo dato si spiega con la fiducia internazionale nella capacità del governo italiano di ripagare gli interessi, il suo debito. Il merito principale dell’esecutivo è stato quello di tenere sotto controllo il bilancio pubblico, dando un segnale positivo ai mercati”, continua Manasse.

Il presidente del consiglio ha poi citato altri dati: “La Borsa ha registrato un aumento del 20%, la Banca d’Italia stima che nel secondo semestre 2023 l’economia italiana sarà in netta ripresa e che quella ripresa si stabilizzerà nel 2024 e nel 2025. E che l’inflazione tornerà a livelli accettabili”.

Ci sono però diversi punti “sorvegliati speciali” che richiedono lavoro e non possono fare pensare che la strada sia soltanto in discesa. “Innanzitutto, il Pnrr che sta dando segnali non buoni, largamente previsti. Ho sempre sostenuto (e non da solo) che uno dei punti cruciali fosse la scarsa capacità di gestione di spesa dei Comuni. Questo ora sta venendo a galla e sarà un grosso problema, perché rischiamo che molte risorse su cui contiamo non ci saranno alla fine date. Secondo aspetto preoccupante possono essere i segnali di retromarcia del governo. Finora li ha fatti su provvedimenti che ai mercati internazionali non interessano (cartelli dei prezzi medi della benzina, il Pos…) ma se venissero a riguardare altri temi importanti, come le riforme legate alla concorrenza (per esempio le concessioni balneari), allora metterebbero a rischio i fondi del Pnrr e la fiducia internazionale nel governo” continua Manasse

A fine marzo sono inoltre in scadenza le misure contro il caro-bollette a favore delle famiglie. Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che non ci saranno interventi diretti sulle tariffe (come la riduzione degli oneri di sistema o dell'Iva), ma "meccanismi più efficienti e più flessibili rispetto all'andamento dei consumi". Sarà un problema? “Dipende dall’ andamento dei prezzi dell’energia. Se il calo continuerà non ci sarà bisogno di interventi del governo, ma se i prezzi torneranno a salire o continueranno sui livelli attuali questo graverebbe sui bilanci di famiglie e aziende e si ridurrebbero i consumi, dando un freno alla ripresa”, avverte Manasse.

A pesare sul futuro economico resta anche il forte rialzo dei tassi d’interesse delle banche centrali (in settimana la decisione della Bce). “Salvo sorprese i tassi continueranno ad aumentare, anche se sempre meno perché l’inflazione rallenta, ma siamo molto lontani dall’obiettivo del 2% della Bce; quindi, il rialzo dei tassi è prevedibile. E questo avrà ripercussioni sui bilanci dei debitori (Famiglie e Stato)” spiega Manasse.

E poi c’è il fattore tensioni internazionali a rendere incerta la ripresa futura. Il Bollettino economico della Banca d’Italia ha ritoccato al rialzo le previsioni di crescita economica (+0,6% del Pil 2023), ma ha sottolineato il perdurare dei rischi di incertezza dettati dalla guerra in Ucraina, che incide sul costo delle materie prime e dell’energia e quindi sulla ripresa economica. “E peserebbe anche un deterioramento dei rapporti internazionali tra Stati Uniti e Cina e la restrizione del commercio internazionale che ne seguirebbe. La ripresa internazionale è determinante, è un forte fattore di crescita per l’Italia, sia per le esportazioni sia per i costi delle importazioni”, conclude Manasse.

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Cristina Colli