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(Ansa)
Politica

Gli insulti a Ghedini nel giorno della morte raccontano una parte irrecuperabile del Paese

I social spopolano da stamattina di offese ed insulti che vanno al di là della decenza ma dimostrano il livello di pochezza umana raggiunto da una fetta della società

“A volte se ne vanno anche i peggiori”. “Uno di meno”. “Ogni tanto pure il karma ci azzecca”. A leggere i commenti animaleschi pubblicati su twitter dopo la scomparsa dell’Avvocato Ghedini a causa di una malattia, uno degli uomini più vicini a Berlusconi, sembriamo davvero un paese irrecuperabile. Cosa ci ha reso così selvaggi persino di fronte alla morte?

“Morto Ghedini ma per bilanciare la morte di Piero Angela ne servono nove” scrive Daniele che proferendo tali bestialità trova il coraggio di ostentare anche la bandiera dell’Ucraina. “Aveva già il record di assenze, oggi ha voluto strafare”, scrive un altro, credendosi campione di umorismo. “Uno di meno da mantenere”, blatera Ester8159. “Un fascista di meno!”, dichiara un tizio che si firma tranquillamente “Stalin”. A cosa dobbiamo l’imbarbarimento che sui social ci rende ciechi a qualsiasi pietà? Da dove arriva questo carico di rabbia e frustrazione che travolge persino il rispetto per i morti? Possibile che questi loschi figuri attaccati alla tastiera siano così falliti da accanirsi contro una persona malata che ha perso la sua battaglia?

Quando arriva l’ondata di odio sui social mi chiedo sempre se sia giusto parlarne, col rischio di fare pubblicità al primo scemo che passa su internet. Però il fenomeno continua a stupire. E personalmente, più che la foga di chi non sa collegare due neuroni in fila, mi colpisce la codardia di non firmarsi con nome e cognome. Questi eroici campioni di democrazia sono tutti anonimi e si guardano bene dal dichiararsi: magari hanno cinquant’anni, ma si firmano con nomignoli di fantasia come fossero adolescenti. Imbrattano il muro social come quelli che fanno i graffiti di notte, come quelli che scrivono nei bagni dell’autogrill. “Figuriamoci se posso essere dispiaciuta per la morte di quello stronzo”, scrive una che si firma Gattaloca. “Ha disonorato le istituzioni e dobbiamo sentirci in colpa”, farnetica uno che si fa chiamare Agoacciaio.

Ma dove lo trovano il tempo per vomitare cattiverie fino a questo punto? Quanto possono essere miserevoli le vite di questi combattenti casalinghi, per mancare di rispetto a una persona che non c’è più? Se fosse successo a un loro parente, ridacchierebbero come fanno oggi? Insomma: esattamente in quale giorno siamo diventati disumani?

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Federico Novella