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Politica

Perché Meloni deve fare una manovra coraggiosa e ragionevole

Le risorse da trovare, il richiamo all'unità della maggioranza e la sfida di un provvedimento da scrivere dando una forte impronta politica. Ecco cosa pensa Alessandro Plateroti delle scelte economiche del Governo

Scelte coraggiose e ragionevoli, evitare sprechi e inefficienze (perché le risorse sono poche), focus sul lavoro dipendente, politiche per la natalità e un richiamo all’ordine nella maggioranza. Nel primo Consiglio dei Ministri dopo l’estate Giorgia Meloni ha dettato le linee guida e i paletti della prossima legge di bilancio. Una lunga relazione nella quale ha insistito sulla necessità di continuare sul taglio del cuneo fiscale “un provvedimento concreto che arriva ogni mese nella busta paga” e degli interventi a favore della famiglia, contro la denatalità. Ma, ha detto chiaramente: “le risorse sono poche”. Quindi? “Ha dato un segnale importante a una maggioranza che, quando trova l’occasione giusta, sembra sempre sull’orlo di esplodere in polemica e divisione. È stato un forte richiamo all’ordine di cui c’era e c’è bisogno. Ma bisogna vedere quanto peso avranno nella distribuzione delle spese i diversi equilibri elettorali dei vari partiti. Oppure si metteranno d’accordo su quei capitoli di intervento che vanno ben oltre le promesse elettorali, ma di cui invece ha bisogno urgente il Paese?” commenta Alessandro Plateroti, direttore di Notizie.it

Giorgia Meloni ha chiesto ai suoi ministri “scelte coraggiose” e di chiudere i capitoli di spesa improduttivi dei dicasteri, portando così risorse sulla Legge di Bilancio, “la più politica che un governo possa fare”. Facendo la somma dei vari ministeri per gli impegni presi servirebbero circa 40 miliardi, ben più dei 20 miliardi delle risorse sul tavolo. Tradotto: sarà una manovra prudente.

“Sarà una manovra prudente, che deve essere dimostrazione di serietà. Si scontentino delle promesse elettorali (la flat tax è una bandiera insostenibile) e ci si concentri sul lavoro dipendente, per aumentare il potere di spesa delle famiglie. Giorgia Meloni non l’ha detto esplicitamente, ma è stato un chiaro invito alla ragionevolezza. Un messaggio implicito a moderare quelle ambizioni che rischiano di diventare solo propedeutiche alla campagna elettorale per le europee”, spiega Plateroti.

Si è subito parlato di un asse Meloni- Giorgetti sul capitolo pensioni e flat tax. “Lo definirei l’asse della responsabilità. Semplicemente un dire la verità: sono ipotesi inattuabili al momento. Bisognerà scendere a compromessi. Come potrebbe essere, sulle pensioni, la soluzione sostenuta da Forza Italia di alzare solo quelle minime. Tra le priorità c’è sicuramente la questione dei redditi dei lavoratori dipendenti. È giusto quindi cominciare concentrandosi molto sul cuneo fiscale. Essendo un intervento strutturale non si può considerare come pro-inflazione. Con i livelli di inflazione che abbiamo concentrarsi sui deboli è un modo di bilanciare. Non si possono fare politiche di stimolo dei consumi troppo forti”, continua Plateroti.

Il problema sono le coperture, quei 20 miliardi da trovare. La spending review è uno dei sorvegliati speciali. Il Mef aspetta entro il 10 settembre le proposte di risparmio dai diversi ministeri. “Quali sono gli sprechi dei ministeri? Sono di spesa o di gestione? Iniziamo a dividere e capire quali sono questi sprechi una volta per tutte. Tutti quelli che hanno fatto spending review nella storia italiana hanno avuto un ostacolo: non si riusciva ad avere dalla burocrazia pubblica un’idea precisa di quali sono i meccanismi di spesa”, commenta Plateroti. La premier ieri ha puntato il dito anche contro il Superbonus, definendolo “la più grande truffai ai danni dello Stato”. “Il Superbonus è un provvedimento anticiclico che andava già ridotto ed eliminato tempo fa gradualmente. È servito dopo il Covid a dare una spinta all’economia italiana, ma non siamo in grado di sostenere più questa spesa. Ma non si liquida il problema dicendo che è stata una truffa. Basta guardare l’ultimo rapporto della Guardia di Finanzia. Di 15 miliardi di truffe allo Stato, 8 sono da danno erariale e 6 da appalti pubblici. Distinguiamo quello che è spesa insostenibile da quello che è truffa”, chiarisce Plateroti.

Per trovare le risorse si potrebbe scegliere anche la strada delle privatizzazioni. Ne ha parlato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, facendo cenno a “partecipazioni da cui è necessario disinvestire”. Servirebbe all’Italia? “Ben venga Abbiamo 8mila aziende pubbliche e 500 fanno capo direttamente al governo. È logico che il governo sia azionista di 500 aziende che ci costano 6/7 miliardi di euro l’anno (conti fatti ai tempi del governo Renzi)? Privatizzare non vuol dire solo fare cassa e chiudere centri di spesa veri, ma fare un salto culturale. Non avere pregiudizi nei confronti del mercato e ridurre per trasformare queste aziende in public company dove è però chiaro che i poteri di intervento dello Stato sono tali da mitigare totalmente la questione azionaria del controllo del bilancio, della gestione, del management. Altrimenti si continua ad alimentare il sospetto che tutte queste partecipazioni servano solo alle poltrone”, conclude Plateroti.

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Cristina Colli