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(Ansa)
Politica

Il fuoco amico di Jens Stoltenberg

Il segretario Nato mette in luce le debolezze dell’Alleanza Atlantics. Già Macron nel 2019 sottolineò come la Nato fosse in stato di “morte cerebrale”

Jens Stoltenberg, segretario della Nato, quanto a sparate – grazie al Cielo soltanto verbali – sembra parlare più a nome suo, di Washington e di Londra, che dell’Alleanza Atlantica. Ma causa danni collaterali e svela la fragilità interna dell’Alleanza. L’ultima, di qualche giorno fa, ha costretto i leader politici di diverse nazioni a chiare smentite, dopo che il Segretario avevapronunciato queste parole ai microfoni dell’Economist: “È il tempo per i Paesi membri della Nato di considerare la revoca dialcune delle restrizioni all’uso delle armi che hanno donato all’Ucraina; negare a Kiev la possibilità di usarle contro obiettivi militari legittimi nel territorio russo rende loro difficile difendersi soprattutto ora che ci sono molti combattimenti in corso nella regione di Kharkiv, vicino al confine, dove la situazione è difficile.” Stoltenberg vorrebbe quindi che missili da crocieracome gli Atacms statunitensi e Storm Shadow o gli Scalp forniti da Francia, Gran Bretagna e Italia, fossero lanciati in profondità nella nazione russa, e lo dice scavalcando governi, parlamenti e assemblee internazionali. Dal punto di vista militare, dimostrare a Putin che lo si può colpire in profondità non porterebbe però anulla e, anzi, accrescerebbe la voglia di alcuni suoi generali di usare l’arma tattica nucleare. Probabilmente c’è ancora chi vuoleilludersi che la popolazione russa possa togliere il consenso allo Zar, oppure che Mosca possa non essere preparata a una guerra lunga. E non bisogna dimenticare che l’Europa è sotto elezioni e che la vittoria di Kiev è stata, ed è, una delle bandierine della Commissione (speriamo) uscente.

Prima ancora che in guerra, anche le parole, in questo caso di Stoltenberg, hanno un effetto distruttivo sull’unità dell’Alleanza, non a caso il 24 maggio il primo ministro ungherese Viktor Orbánha dichiarato: “Nato e Ue si stanno muovendo verso uno scontrocon la Russia, non vogliamo partecipare al sostegno finanziario o agli armamenti per l’Ucraina (…) dobbiamo ridefinire la nostra posizione nell’Alleanza.” Non è il solo, un atteggiamento prudente viene mantenuto dalla Germania, che non vorrebbe inviare i missili Taurus, e dalla Slovacchia, che ha definito “avventato” l’atteggiamento di Stoltenberg. Ma poi ci sono i Paesi interventisti come Francia, Polonia e Finlandia, disposti (a parole) a mandare soldati in Ucraina.

Vero è, ed è forse l’osservazione più sensata ma anche più grave che Stoltenberg abbia fatto di recente, che gli alleati europei dell’Ucraina nel marzo 2023 avevano promesso un milione di munizioni di artiglieria che non sono ancora arrivate. Ma se il gaffeur portavoce della Nato non sa – o non vuole capire – che al momento della promessa fatta a Kiev la produzione europea di ordigni era ai minimi storici, è ancora più grave, perché significa che nell’Alleanza, che dovrebbe garantire la nostra difesa, si raccontano favole.

Forse Jens, economista e politico, deve essere stato fortemente influenzato dal suo passato: cresciuto con un padre politico a sua volta, il laburista Thorvald Stoltenberg, ambasciatore, ministro della Difesa e degli Esteri norvegese, e una sorella, Camilla, che da giovane era membro del gruppo marxista-leninista Gioventù Rossa. Ma forse a causa della reale situazione sul campo, o dellarelativa pressione mediatica, Stoltenberg deve essersi dimenticato che la sua carica è frutto di una nomina e non di un’elezione popolare. Perché la sua sparata è l’ultima di una serie. Non ha mai mentito, ma certe notizie dovrebbero rimanere riservate e non date in pasto ai media. Ricordiamo, infatti, quando nel 2021 disse che l’alleanza Atlantica aveva detto no alla proposta di Mosca per evitare la guerra in Ucraina, cioé l’idea di firmare un trattato che avrebbe previsto la neutralità di Kiev e l’assicurazione che l’Ucraina non sarebbe mai entrata nell’organizzazione. E ancora, quando ammise che dal 2014 la Nato stava addestrando i militari ucraini. Vediamola dalla parte del Cremlino: dopo queste uscitecome è possibile negare a Putin le ragioni dell’intervento? Sappiamo che il ruolo di Stoltenberg è fortemente condizionato da Usa e Regno Unito, nazioni che non hanno mai fatto mistero a proposito dell’opportunità di far impiegare i missili Nato a Kiev in modo meno limitato; e non è certo un mistero che la Nato abbia dei padroni che la comandano, anche perché sono i maggiori contribuenti. Ma scavalcare tutti gli altri ed esprimersi dacomandante supremo non è proprio il caso. Di fatto L’Ucraina sta già colpendo in profondità la Russia con armi occidentali, dunque, un “assenso” non sarebbe che un’ammissione definitiva di non lavorare per la pace quanto per la sconfitta di Vladimir Putin, che poi sarebbe l’ammissione di essere in guerra, ignorando che diverse nazioni Nato non si ritengono, né desiderano, essere in conflitto con la Russia. L’invito a maggiore prudenza da parte della politica è arrivato da più parti ma le parole del nostro ministro della Difesa sono state quelle più precise: “Non c’è un segretario della Nato o una nazione che decide la linea per tutte le altre; la Nato si muoverà nell’incontro che avremo a Washington nel prossimo luglio con progetti e idee. Le singole spinte valgono poco”. Qualcuno ricorderà le parole del presidente francese Emmanuel Macron che il 7 novembre 2019 disse che la Nato era in Stato di “morte cerebrale”. Speriamo di non essere passati direttamente alla follia.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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