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(Ansa)
Politica

Il primo «duello» alla Camera tra Schlein e Meloni che non c'è stato

L'emozione, comprensibile, della prima volta da segretario Pd in aula ha giocato un brutto scherzo al nuovo capo del Nazareno

Era una giornata attesa alla Camera e non solo perché era evidente che nel famoso «question time» si sarebbe tornato a parlare di migranti con le immancabili accuse all’esecutivo (le medesime ascoltate più volte in questi giorni che non tacciono nemmeno davanti ai responsabili della Guardia Costiera….); quello di oggi infatti era il primo faccia-a-faccia tra la fresca di elezione neo segretario del Partito Democratico, Elly Schlein, ed il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il simbolo del nuovo potere rosa della politica italiana.

Beh, chi si aspettava fuochi artificiali è rimasto deluso. E forse, è stato giusto così. Soprattutto perché la Schlein all’inizio del suo intervento ha evidenziato uno stato di tensione ed agitazione, con il fiato quasi rotto, che l’ha resa molto umana ma che dall’altra parte non le ha permesso di graffiare più di tanto.

Il suo intervento infatti, dedicato al salario minimo, è stato in linea con le parole dette in queste settimane di sua campagna elettorale interna al Pd e nel suo chiamiamolo «discorso di insediamento». Il segretario del ha infatti ripetuto frasi ed un’impostazione anche dialettica della sinistra, anzi dei comunisti che furono. Lo stesso si può dire quando ha definito l’azione di questo governo «insensibile ed approssimativa».

Soprattutto, forse non volendolo, si è tirata la zappa sui piedi. Quando racconta che in Italia ci sono 3 milioni di persone in difficoltà economiche, sottopagati etc etc non si rende conto che sta parlando di danni fatti da governi passati, dai governi degli ultimi 20 anni. E purtroppo negli ultimi 20 anni il partito che è stato per più tempo a Palazzo Chigi è stato proprio il Partito Democratico, il suo partito. Quindi alla fine della fiera, la Schlein ha attaccato nella sostanza quei «cacicchi e capibastone» interni al Nazareno

E Giorgia Meloni ha colto, con la sua esperienza, la palla al balzo: «È’ vero, l’Italia è il paese in cui i salari sono cresciuti meno rispetto alle altre nazioni europee. Ereditiamo quindi dai governi precedenti una situazione molto complicata…»

Ma è soprattutto nell’atteggiamento che il premier si è dimostrata superiore alla nuova rivale. Innanzitutto non dandole troppa considerazione, un saluto speciale o una frase ad hoc. Niente. Solo un semplice: «…gli interroganti, tra cui l’onorevole Schlein….» pronunciato con gli occhi sul foglio e la faccia rivolta al microfono, nulla di più. come a ribadire il concetto semplice: «so chi sei, ti rispetto, ma io sono il premier e tu sei all’opposizione».

Alla fine quindi il duello non c’è stato. Troppa la tensione per la «prima volta» del segretario del che non si è minimamente avvicinata a quell’idea di opposizione dura promessa all’assemblea nazionale. Per preoccupare Giorgia Meloni, se mai lo si possa fare come sanno bene anche all’interno della maggioranza, serve ben altro

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Andrea Soglio