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(Ansa)
Politica

Condannato anche in secondo grado, quale futuro per le lezioni di «giustizia» di Davigo?

L'ex pm di Mani Pulite anche la Crote d'Appello conferma la condanna a 1 anno e 3 mesi. Difficile ora fare la predica agli altri...

Sono fondamentalmente due le considerazioni da fare esaminando la notizia della condanna confermata anche in secondo grado per l’ex magistrato, Piercamillo Davigo accusato di abuso d’ufficio. I giudici della corte d’appello di Brescia hanno fatto loro la decisione di primo grado condannando l’ex pm di Mani Pulite ad un anno e tre mesi.

La prima cosa da dire è che prima di definirlo condannato si dovrà aspettare la decisione ultima e definitiva della Cassazione; Davigo quindi ad oggi merita come ogni cittadino di essere trattato come qualsiasi altro cittadino, incensurato. Va poi aggiunto che sorrisi e mezze soddisfazioni per la decisione dei giudici di Brescia non sono proprio il massimo dell’eleganza anche perché gli italiani ed il mondo oggi hanno problemi molto ma molto più grandi della sorte processuale di una sola persona.

Ci sono però delle cose che non solo si possono ma si devono dire per quel che riguarda l’altro Davigo, il Davigo «opinionista», il Davigo che dai tribunali mediatici della tv e dei giornali ha dato per anni lezioni di giustizia a tutti noi, il Davigo che, al contrario di quello che chiediamo oggi per lui, ha invertito il concetto base della nostra giustizia inventando la «presunzione di colpevolezza», al posto di quella di innocenza. Per chi non se la ricordasse tra le mille frasi celebri nei suoi attacchi e monologhi in diretta tv c’è l’eterna: «Non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti» che da solo dice tutto sulla sua visione del tema.

Quello che dobbiamo chiederci oggi è con quale credibilità possa da stasera tornare davanti alle telecamere a giudicare, a dare lezioni. Come farà ad essere autorevole come quando i tribunali li frequentava stando con la scritta La Legge è uguale per tutti alle spalle e non davanti agli occhi, come gli sta accadendo. Anche perché ad ogni giudizio, ad ogni futura invettiva basterà rispondere con il più classico dei «…senti chi parla…».

Non sappiamo quindi e soprattutto ma non sta a noi decidere, questo tocca a chi lo ha sempre invitato offrendogli giornali e microfoni e alla fine a lui. Che potrebbe scegliere il silenzio (anche solo momentaneo) oppure di continuare a testa alta, come nulla fosse, forte del suo sentirsi innocente e magari anche per confermare un’altra delle sua famose massime:

«in Italia il danno reputazionale non c'è. Quando uno viene preso a fare qualcosa che non si fa, di solito fa carriera»

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Andrea Soglio