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Politica

Caso Dossier: a certo giornalismo interessano mezze verità. Sempre silenzio sulla sinistra

L'inchiesta di questi giorni viene difesa parlando della verità, senza pensare ai mezzi utilizzati per arrivarci ed al fatto che si indaghi sempre e solo nella stessa direzione

Verità. Una parola meravigliosa, bellissima e pericolosa, soprattutto per chi è e fa il giornalista. Verità è la parola con cui il Pd sta difendendo i giornalisti al centro dell’inchiesta sui dossieraggi di cui tanto si parla: «hanno detto la verità, quindi tutto bene…» è la spiegazione seguito dall’immancabile sostegno ai giornalisti coinvolti contro chi vuole limitare la «libertà di stampa».

Ci mancherebbe altro, la verità prima di tutto, ma è davvero così? Anzi, è davvero giusto dire questo?

Una delle ipotesi su cui stanno lavorando gli investigatori e la magistratura è che i giornalisti in questione abbiano usato la loro «fonte» per delle inchieste su persone che interessavano a loro e non alla fonte. Mi spiego; avendo fatto un decennio di cronaca nera e giudiziaria ho avuto anch’io persone che mi rivelavano piccoli segreti o mi davano notizie su fatti però in corso d’opera. Non sono mai stato io a chiedere di indagare, soprattutto in maniera illecita (come sembrerebbe secondo l’accusa) su questo o quello. E questo è un primo problema legato appunto alla Verità.

Fino a quando si può spingere l’acceleratore per raccontare la verità? Si può anche oltre le regole della legge e del giornalismo?

Qui la cosa si fa pericolosa perché affermare che ogni mezzo è lecito per arrivare alla Verità significa accettare che non ci siano limiti, che per esempio io domani posso mettere un microfono nella casa di una persona su cui io decido di indagare, in barba ad ogni norma di legge, senza chiedere permessi alle autorità. Siamo davvero pronti ad arrivare a questo?

Secondo. Inutile che si provi a dire il contrario: ancora una volta al centro di inchieste ci sono solo politici di centrodestra. Anzi, SEMPRE e SOLO di centrodestra. Da Tangentopoli a Berlusconi, dalla Lega (e Salvini) a Crosetto in diverse procure d’Italia c’è una strana ritrosia ad occuparsi di quelli che stanno dall’altra parte del Parlamento.

Questo significa che una certa parte della giustizia e del mondo giornalistico dice si la Verità, ma non tutta. Dice solo quella che fa comodo a loro, che sta dalla parte loro di fatto raccontando un mondo dove c’è una parte di cattivi e dall’altra i buoni.

Verità è una parola complessa e bellissima al tempo stesso. Usarla come scusa è lo sfregio peggiore che le si possa fare.

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Andrea Soglio