cantieri edili, Milano
(iStock)
Inchieste

Milano: questa edilizia val bene un’inchiesta

È sul via libera a presunti abusi edilizi che, 30 anni dopo Tangentopoli, si è aperto un nuovo fronte tra Comune e Procura di Milano. «Rigenerazione» o speculazione?

A distanza di oltre trent’anni da Tangentopoli, la politica milanese torna a fare i conti con la magistratura. Ma questa volta ci sono ben altre sfumature intorno alle inchieste che hanno investito l’assessorato all’Urbanistica di palazzo Marino con decine di indagati tra funzionari e dirigenti. Al contrario del passato, infatti, c’è ormai in corso da qualche mese un tentativo di dialogo, molto inusuale e mai visto in passato, tra palazzo Marino e la Procura milanese. A condurlo è il comandante della polizia locale Marco Ciacci, ex capo della polizia giudiziaria per 14 anni (indagò anche sul caso Ruby Rubacuori), nominato numero uno dei Vigili urbani nel 2017 in concomitanza con le inchieste su Expo 2015 che vedevano indagato il sindaco Beppe Sala (che si era insediato da appena un anno).

Così, Il 16 gennaio scorso, il capo della Procura Marcello Viola e il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano hanno incontrato l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, per fare il punto sulle varie inchieste avviate dalla Procura sui presunti abusi edilizi in città. A quanto pare il blitz comunale a palazzo di Giustizia non sarebbe stato particolarmente gradito dalle toghe milanesi. Del resto, tra il 2014 e il 2015, i magistrati meneghini avevano già dovuto metabolizzare la discesa in campo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella guerra tra l’ex capo della Procura Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo (proprio sulle indagini di Expo 2015). E avevano dovuto digerire persino l’incontro tra l’ex premier Matteo Renzi e lo stesso Liberati, un colloquio che aveva portato alla ormai nota moratoria delle indagini sull’esposizione universale. La magistratura torna così a fare i conti con una città dove si continua a costruire senza sosta, grazie alle politiche portate avanti dall’amministrazione di sinistra in questi anni, con una normativa immobiliare a maglie larghe. In sostanza, è come se in questo settore, cioè quello dell’edilizia che si porta dietro gli investimenti, il Pedro di manzoniana memoria avesse avuto ben poco «juicio». Si fa spesso ricorso a strumenti semplificati, dove c’è anche chi se ne approfitta. Non sorprende quindi come nelle ultime settimane si sia fatta appunto sentire la Procura di Milano che ha fatto partire diverse inchieste sull’urbanistica cittadina (si parla di almeno cinque già avviate).

I magistrati stanno effettuando approfondimenti su vari interventi in città, tra cui un edificio di sette piani, alto 27 metri, in piazza Aspromonte (tra le zone di Loreto e Città Studi), sui condomini di via Stresa (zona Maggiolina) e sulle Park Towers di via Crescenzago, al Parco Lambro, sulle 90 unità abitative di Bosconavigli (zona sud-ovest), progettate dall’architetto Stefano Boeri e realizzate su un’ex discarica. I nodi da sciogliere riguardano le differenze d’interpretazione delle norme da parte di Comune e Procura. Secondo la pubblica accusa i palazzi sarebbero da intendersi come nuovi sviluppi, mentre il Comune ha dato autorizzazioni come se si trattasse di operazioni di rigenerazione di edifici preesistenti. Di qui l’indagine sui presunti abusi edilizi. Tra gli indagati, in entrambi i casi, ci sono sia gli sviluppatori sia i funzionari comunali che hanno firmato i documenti. Sul complesso di via Stresa, per esempio, gli indagati sono otto. I magistrati sono convinti che l’intervento non sia una «ristrutturazione edilizia», come prospettato. Avrebbe dovuto essere classificato invece, come sostiene l’accusa, come «nuova costruzione»: in pratica con regole differenti sulle volumetrie e sugli oneri di urbanizzazione. Quella su via Crescenzago conta invece già 11 indagati ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha portato alla protesta di tutto l’assessorato all’Urbanistica, con 140 dipendenti pronti a dimissioni in massa perché sostengono di non sentirsi «tutelati rispetto alle norme che regolano lo sviluppo immobiliare» di Milano.

«Troppi rischi di finire sotto inchiesta, di fronte a norme contraddittorie» è stato l’allarme che i dipendenti hanno voluto lanciare in una lettera, minacciando di bloccare tutto l’assessorato e allarmando lo stesso Sala, alle prese tra due anni con le Olimpiadi invernali del 2026 (un giro d’affari da tre miliardi di euro), con la realizzazione delle infrastrutture per le gare già in ritardo. Visti i precedenti di Expo 2015, che hanno mosso più di una volta la Procura di Milano, anche sui Giochi olimpici c’è poco da stare tranquilli. Di fatto la raffica di inchieste potrebbe diventare un’indagine spartiacque, una svolta storica che alcuni nell’area politica al potere nella città già paragonano a Tangentopoli. «La mia amministrazione non può essere accusata di aver favorito speculazioni, di aver favorito un eccessivo consumo di suolo» ha ribattuto Sala nei giorni scorsi. Ma la Procura guidata da Viola, con i pm di Milano Marina Petruzzella, Paolo Filippini, Mauro Clerici e l’aggiunto Siciliano, la pensa diversamente. Basta leggere la sentenza del giudice Daniela Cardamone che ha dato ragione agli inquirenti ma che allo stesso tempo ha rigettato il sequestro delle Park Towers di Crescenzago per non danneggiare i privati: c’è il rischio di un danno erariale. Queste immense costruzioni, realizzate dalla «Bluestone» a Crescenzago, saranno alte rispettivamente 81 e 59 metri, di 22 e 15 piani, per 113 appartamenti, con 100 tra box e posti auto. Sono costate 36 milioni di euro con un ritorno previsto per l’investimento del 64 per cento. Sono spuntate come una «ristrutturazione» di due fabbricati demoliti di soli due piani e un piano. Peccato che, si legge nelle pagine del giudice, palazzo Marino non abbia «compiuto alcuna valutazione dell’aggravio di carico urbanistico» (cioè strade parchi e scuole) e «senza un piano attuativo» autorizzandoli con una Scia alternativa al Permesso di costruire (una certificazione da parte della proprietà che dopo 30 giorni può partire con i lavori). Il problema è che non si tratterebbe di un caso isolato: oltre a Crescenzago l’indagine è identica a quella che ha colpito la Torre Milano di via Stresa e secondo l’avvocato Andrea Soliani, legale di Andrea Bezziccheri, amministratore delegato di Bluestone, sarebbero «diverse centinaia» le «iniziative immobiliari attualmente in corso o realizzate negli ultimi anni» a Milano con «caratteristiche assolutamente sovrapponibili».

Del resto, solo Bluestone ha siglato nel 2021 un accordo con Patron Capital e Freo per realizzare un programma d’investimento per circa 250 milioni di euro in progetti residenziali in città. Per la gip Cardone si tratterebbe insomma di un’operazione «speculativa» che avrebbe permesso un risparmio sulle monetizzazioni delle aree a standard. E, aggiungono i magistrati, dietro la realizzazione di questi palazzi ci sarebbe stata persino una «lettura manipolata delle norme tecniche del Piano di governo del territorio e della legge» per «far credere», in un una «logica eversiva dell’ordinamento costituzionale e della teoria generale del diritto», che «in Lombardia e in particolare a Milano, la legge urbanistica dello Stato non abbia un valore sopra ordinato e non si applicherebbe». Insomma, il capoluogo lombardo rischia di paralizzarsi proprio come 30 anni fa, per di più con le Olimpiadi alle porte. Il sindaco Sala si fa vedere sempre di meno e si è detto «preoccupatissimo» dell’inchiesta. E pensare che nel 2016, appena eletto, aveva scelto un quartiere di periferia come il Giambellino per la sua prima giunta. Aveva annunciato una grande riqualificazione delle case popolari nel quartiere, storica zona di frontiera sin dai tempi della malavita di Renato Vallanzasca. Otto anni dopo i famosi cento milioni che dovevano aiutare il quartiere periferico in zona sud-ovest sono ancora al palo. Ora si parla di ultimare i lavori nel 2026; ma, per esempio, nelle case popolari di via Segneri che dovevano essere riqualificate c’è ancora una voragine di fango e calce. Poche settimane fa proprio tra questi palazzi è stato trovato un neonato abbandonato. Emblema di una città dove molto non sta funzionando.

«Expo 2015 ha spinto Milano in un terreno fertile per la logica di investimenti immobiliari, laddove la finanza non è un necessario mezzo, bensì il fine» dice a Panorama Alessandro Maggioni, presidente del consiglio di amministrazione del Consorzio cooperative lavoratori di Milano (Ccl). Due anni fa Ccl ha lanciato il progetto Oca, Osservatorio casa abbordabile, per monitorare le dinamiche d’accesso alla casa (la sostenibilità dei costi abitativi in rapporto alle capacità economiche) nella città metropolitana di Milano. Nell’ultimo rapporto si evidenzia come, tra 2015 e 2021, i prezzi medi delle abitazioni siano cresciuti del 41 per cento, gli affitti medi del 22, mentre il reddito medio è cresciuto del 12 per cento e la retribuzione media del 13 (con una polarizzazione crescente). In una città dov’è difficile trovare casa per i prezzi troppo alti si continuano a costruire case. Alla fine, è dovuta intervenire la Procura, lasciando ancora una volta la politica in difficoltà.

I più letti

avatar-icon

Alessandro Da Rold