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(Ansa)
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Tutte le carte degli Agnelli all’origine dell’inchiesta

Il lascito con traduzione traballante, il giallo dei testimoni, le quote dei «trust» all’estero: perché Margherita contesta l’eredità. I documenti scovati da «Report» sono ora al centro delle indagini su un tesoro da 3 miliardi

L’impero guidato da John Elkann potrebbe essere stato costruito su fondamenta di argilla. La sua investitura parte da lontano, per la precisione, dal momento della cessione del 41,29% delle quote che la nonna, donna Marella, deteneva della cassaforte di famiglia, la Dicembre, che controlla dall’alto l’intera galassia delle società riconducibili agli Agnelli: Exor, Stellantis, Ferrari, Iveco, Gedi e molte altre. Ma di quel trasferimento, ufficialmente avvenuto nel 2004, non si trovano le copie originali. E per questo la Procura di Torino è partita a caccia di quegli atti. Infatti nella guerra per l’eredità tra mamma Margherita e i tre figli, John, Lapo e Ginevra, l’accusa di frode fiscale è solo la punta dell’iceberg. L’inchiesta è partita da una presunta evasione, il mancato pagamento delle tasse sul vitalizio di Marella Caracciolo, la nonna di John, ma punta a ben altro: a dimostrare la possibile falsità degli atti che hanno determinato l’attuale distribuzione del patrimonio che fu di Gianni Agnelli e della moglie Marella.

Infatti i pm, nel decreto di perquisizione che ha portato a frugare in case e uffici dei due indagati italiani (John e il commercialista Gianluca Ferrero) e negli studi di notai e società fiduciarie, si parla di «evidenti anomalie, anche di carattere documentale, che hanno interessato l’aggiornamento della compagine sociale della Dicembre società semplice (cassaforte della famiglia Agnelli), avvenuta a distanza di anni e in maniera irregolare, mediante: o declaratoria del giugno 2021 contenente scrittura privata non autenticata del 19 maggio 2004, con cui Marella Caracciolo avrebbe ceduto ai fratelli Elkann (John, Lapo e Ginevra) la nuda proprietà delle quote della Dicembre, riservandosi il diritto di usufrutto; o pagamento delle quote apparentemente effettuato mediante disposizioni fiduciari (Gabriel fiduciaria srl) e conti bancari esteri (Pictet & Cie di Ginevra) - e, allo stato, non documentato». I magistrati parlano anche di «assenza totale di documenti originali posti alla base della vicenda ereditaria, sin dalla successione del senatore Agnelli» e di «natura ragionevolmente apocrifa delle firme riconducibili a Marella Caracciolo».

Presunte patacche che, però, sarebbero servite a regolare il passaggio di un patrimonio che si aggirerebbe sui tre miliardi di euro.

La storia di questa partita giocata, sembra, con carte truccate, era finita, un anno fa, al centro di un’interessante puntata di Report intitolata «La Signora degli Agnelli», in cui vennero mostrati alcuni dei documenti oggi al centro dell’inchiesta.

Il grande pubblico scoprì così che l’impero degli Agnelli si reggeva su una società semplice, ovvero una scatola ideata per «il mondo agricolo» e che «ha dei vantaggi perché permette anche di non versare le imposte quando c’è la successione per il patrimonio che ha in pancia. Soprattutto ha il vantaggio di rimanere segreta». Fondata nel 1984, la sua esistenza sarebbe stata ufficializzata alla Camera di commercio di Torino solo nel 2012.

Le scritture private, risalenti al 2004, legate alla cessione della nuda proprietà delle quote della Dicembre sono i documenti più contestati.

Quando la scrittura privata viene depositata alla Camera di commercio il notaio Remo Morone (il cui studio è stato visitato dai finanzieri nei giorni scorsi), notano i giornalisti della Rai, «appone una certificazione che non è la solita dicitura “conforme all’originale”, ma una che agli addetti ai lavori appare strana: “il presente documento è copia conforme al documento a me esibito”». Quasi una presa di distanza.

Il Tribunale di Torino, il 7 luglio 2022, avrebbe imposto di cancellare l’atto della cessione delle quote della Dicembre dal registro perché risultava «privo dei requisiti formali». Ma appena una settimana dopo il documento sarebbe stato ripresentato alla Camera di commercio.

Alla fine i legali degli Elkann avrebbero prodotto al processo di Torino un’altra versione della scrittura privata, quella pubblicata in questa pagina: si tratta sempre di una copia, ma in questo caso risulta autenticata nel 2004 da un notaio di Ginevra, Etienne Jeandin. L’atto, o meglio, gli atti, uno per ogni nipote, John, Lapo e Ginevra, è una «fotocopia conforme all’originale», che a sua volta contiene una postilla con l’autenticità della scrittura fatta da un altro notaio, collega di studio di Jeandin, ma redatta nel 2022.

Dallo studio notarile svizzero hanno fatto sapere che «il documento è vero», ma che «il notaio ha verificato la firma, non il contenuto».

Per l’1,29 delle quote del Dicembre, che in quel momento aveva un capitale sociale da 103 milioni di euro, John avrebbe versato alla nonna 2,5 milioni; Lapo e Ginevra 39,2 milioni a testa, tramite la Gabriel Fiduciaria di Torino, per il restante 40 per cento, da spartirsi in due.

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François De Tonquédec