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(Ansa)
Politica

Dobbiamo aumentare la spesa militare, senza ipocrisie inutili

Il mondo di oggi porta ad investimenti massicci in tema bellico creando però problemi di bilancio e di politica interna

L’attacco iraniano ad Israele è stato probabilmente una iniziativa dì segnalazione, una reazione dovuta a seguito dell’attacco israeliano all’ambasciata persiana in Siria. Ciò non ci catapulta direttamente in un allargamento del conflitto ma ci fa capire che le questioni belliche purtroppo caratterizzano una nuova normalità che porta tutti gli Stati a rivedere le priorità.

La difesa, a lungo dimenticata negli ultimi trent’anni, è tornata a imporsi nel dibattito pubblico. Ciò significa che la politica deve rivedere priorità e bilanci soprattutto in Europa, dove paesi con bassa spesa militare oggi necessitano di produrre armi e sviluppare tecnologie per non restare scoperti di fronte a minacce presenti e future. Anche perché il sostegno prolungato all’Ucraina ha svuotato gli arsenali di molti paesi e se si vuole proseguire a sviluppare una deterrenza verso Putin e altre minacce sono necessari nuovi investimenti. Tuttavia, le armi costano sia in termini di acquisto che di produzione.

Di recente Bloomberg ha fatto due simulazioni a bilancio invariato per diversi paesi ma con spesa militare al 2% o al 4% (il livello della guerra fredda). Per l’Italia significherebbe avere un rapporto debito/pil rispettivamente al 160% e al 180%.

Cosa ne sarebbe delle regole europee in questo caso? Probabilmente verrebbero derogate in nome della sicurezza, ma comunque una tale spesa andrebbe finanziata. Dagli Stati nazionali? Da Bruxelles?

Ci sono sostanzialmente tre modi per farlo: lasciare ai governi la spesa per la difesa, con meno coordinamento ed economia di scala, scorporando gli investimenti in questo settore dalle regole sul deficit; fare una sorta di PNRR della difesa in cui risorse europee finanziano la spesa per la difesa con un approccio più ampio ma forse più tecnocratico e dirigista; l’emissione di bond europei per il finanziamento della difesa con una dotazione ampia garantita da obbligazioni di altissima affidabilità sui mercati per poi far affluire le risorse agli Stati, rafforzando l’integrazione sull’ecosistema difesa.

È difficile dire quale dei tre approcci sia migliore poiché tutti hanno pro e contro, di certo il terzo è il più difficile da realizzare per ragioni politiche. Ad ogni modo questa discussione dovrà essere a breve affrontata poiché tutto il mondo si sta preparando a scenari di guerra, che in parte già ci sono. Gli europei dovrebbero evitare di arrivare ultimi e in ritardo a causa dell’ideologia dei buoni sentimenti e del fastidio per i conflitti che purtroppo sono già presenti e nelle cose.

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Lorenzo Castellani