Telecom, perché Telefonica non deve lanciare un'opa
Economia

Telecom, perché Telefonica non deve lanciare un'opa

Come spiegato dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas, gli spagnoli sono sotto il 30% del capitale della compagnia italiana. Per questo, non sono obbligati a fare una scalata

Telefonica non è obbligata a lanciare un'opa (offerta pubblica di acquisto) sul capitale di Telecom Italia. Parola di Giuseppe Vegas, attuale presidente della Consob, la commissione di vigilanza sulle società e la borsa. A ben guardare, il capo dell'Authority che controlla i mercati finanziari non ha detto nulla che non si sapesse già, ma si è limitato a ricordare quanto prevede la legge italiana a proposito della scalate sulle aziende quotate in borsa.

TELECOM ITALIA: LA STORIA

L'opa, per chi non la conoscesse ancora, è un'offerta pubblica rivolta a tutti gli azionisti una società, ai quali viene proposto un prezzo per la vendita del titolo, entro una determinata scadenza. Chi possiede le azioni può decidere se aderire all'opa (e quindi vendere al prezzo proposto) o tenersi i titoli e rifiutare l'offerta.

Secondo la legge italiana, però, il lancio di un'opa diventa obbligatorio per chi rastrella le quote di una società e supera la soglia del 30% delle azioni ordinarie, che conferiscono il diritto di voto nelle assemblee. Si tratta di una norma fatta per tutelare i diritti dei piccoli soci di un'azienda, cioè per evitare che qualche azionista forte si impossessi della maggioranza del capitale, comprando a poco a poco i titoli, senza informare gli altri azionisti e senza dar loro la possibilità di vendere prima la propria quota. Proprio per questa ragione, l'offerta pubblica di acquisto è obbligatoria anche se vi è un concerto tra i soci, cioè quando alcuni azionisti, pur avendo singolarmente meno del 30% del capitale, si comportano come un unico soggetto, per esempio rastrellano assieme le azioni per raggiungere il controllo dell'azienda e superare la soglia del 30%.

Non va dimenticato, poi, che l'opa è obbligatoria anche quando viene acquisita la maggioranza di una società, che controlla un'altra società quotata in borsa. In questo caso, chi si è impossessato dell'azienda controllante deve lanciare un'offerta pubblica di acquisto anche sul capitale della controllata (opa a cascata) sempre allo scopo di tutelare i gli azionisti di minoranza.

I NUMERI DELL'OPERAZIONE

Esaminando le regole sopra esposte, è chiaro il perché Telefonica oggi sia esonerata dal lancio di un'offerta pubblica. Il gruppo iberico, infatti, ha raggiunto una quota di circa il 66% nel capitale della finanziaria Telco, che a sua volta possiede in Telecom Italia una partecipazione attorno al 22%, inferiore a quel fatidico 30% che fa scattare l'obbligo di opa.

L'unica scalata in grande stile su Telecom Italia, almeno per adesso, rimane dunque quella del 1999 a opera della Olivetti, allora guidata dal tandem Colaninno-Gnutti, che lanciarono un'opa di oltre 61mila miliardi delle vecchie lire. Il loro successore, Marco Tronchetti Provera, si guardò bene dall'imitarli: nel 2001, infatti, Tronchetti Provera acquisì il controllo di Telecom dagli stessi Colaninno e Gnutti senza lanciare un'offerta pubblica, ma semplicemente acquistando poco meno meno del 27% di Olivetti, società che già controllava con la maggioranza assoluta l'ex-monopolista della telefonia.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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