Sprecopoli: io invece difendo alcune spese
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Economia

Sprecopoli: io invece difendo alcune spese

Molto si parla di revisione sistematica degli acquisti della pubblica amministrazione per risparmiare miliardi di euro. Ma la mia esperienza personale, come studioso di sprechi e come professore universitario, mi spinge a sollevare anche qualche piccolo dubbio

Molto si parla di spending review, ossia di revisione sistematica degli acquisti della pubblica amministrazione per risparmiare miliardi di euro. Non si capisce perché lo stesso bene debba costare 100 in un posto e 300 in un altro, perché una scrivania debba essere pagata 200 se si può avere a 100, o un computer 150 se si può avere per 100. Dunque, obblighiamo tutti a seguire una procedura centralizzata, che vincola a comprare ai prezzi più convenienti. Come non essere d’accordo? Però... La mia esperienza personale, come studioso di sprechi e come professore universitario, mi spinge a sollevare anche qualche piccolo dubbio.

Dubbio numero 1. Se guardiamo i dati (mi è capitato di farlo qualche anno fa nel mio libro «Il sacco del Nord»), scopriamo una cosa sorprendente: le regioni in cui il peso degli acquisti di beni e servizi sulla spesa corrente totale è più alto sono anche le regioni più efficienti, in cui ci sono migliori servizi e minori sprechi. Detto in altre parole: spendere tanto per gli acquisti è un (sia pur rozzo) indicatore di efficienza, non certo di inefficienza. Come è possibile? Semplice: perché il contrario della spesa per l’acquisto di beni e servizi è la spesa per il personale. E il peso della spesa per il personale è spesso un segnale di inefficienza: le amministrazioni dei territori più virtuosi non gonfiano artificialmente l’occupazione pubblica per guadagnare consensi, quelle dei territori meno virtuosi invece lo fanno, e per poterlo fare devono sacrificare la spesa per l’acquisto di beni e servizi. Nessuna scuola si libererà mai di un pessimo insegnante solo per non costringere i bambini a portarsi da casa la carta igienica, o per evitare alle famiglie la continua richiesta di «contributi» in denaro.

Dubbio numero 2. Gli acquisti centralizzati, sulla carta, sono una bellissima cosa. Io Stato impedisco a te università, scuola, ospedale, tribunale di comprarti il computer che vuoi, la scrivania che vuoi, l’apparecchiatura che vuoi. Devi acquistare il modello che decido io, sulla base del listino prezzi centralizzato. Questo principio, se rispettato, riduce sicuramente abusi e illegalità che esistono un po’ ovunque. Compro dal mio fornitore preferito perché lui, il fornitore da me arbitrariamente privilegiato, mi garantisce mazzette, favori o vantaggi in natura. Esiste però anche un’altra faccia della luna. Spesso capita di avere bisogno di fare un acquisto rapidamente. Spesso si ha l’esigenza di appoggiarsi a una ditta conosciuta, di cui si sa che garantisce buona assistenza e manutenzione. Spesso si desidera il modello più costoso non per capriccio ma per ragioni tecniche (affidabilità, garanzia, manutenzione). In tutti questi casi l’acquisto centralizzato, ovvero l’obbligo di comprare quel che lo Stato suggerisce, non è la scelta più efficiente o più efficace. Ma siamo sicuri che lo Stato sappia meglio dei diretti interessati come devono spendere i soldi di cui comunque dispongono?

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Luca Ricolfi