Legge di stabilità, un po’ di chiarezza sui numeri
Economia

Legge di stabilità, un po’ di chiarezza sui numeri

La manovra, che per il governo taglia le tasse di un miliardo, per qualcun altro le farà crescere dello stesso valore - Tutto sulla Legge di Stabilità

Sarà un percorso duro e accidentato quello che attende in Parlamento la legge di stabilità. Lo si capisce ogni giorno di più seguendo la vera e propria babele di numeri che impazza intorno ai saldi della manovra economica. Se non altro gli schieramenti appaiono chiaramente in campo: da una parte il governo e i suoi ministri, praticamente da soli a rintuzzare colpi e a fornire cifre che dovrebbero zittire ogni possibile critica. Dall’altra parte il resto del Paese, politica e società civile, uniti, ovviamente con sfumature e con obiettivi legittimamente diversi, ad evidenziare giorno dopo giorno quali amare sorprese per gli italiani siano contenute nei provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri.

LE MISURE DELLA LEGGE DI STABILITA'

Proviamo allora a metterli tutti in fila i numeri di questa legge di stabilità, se non altro per capire quali sono i valori in gioco. Parliamo innanzitutto di una manovra economica che complessivamente vale circa 11 miliardi di euro. Di questi 6,  poco più, saranno di entrate e 5, o poco più, di tagli alla spesa. L’attenzione, fin da subito, si è appuntata ovviamente sulla prima voce, quella fiscale, che potrebbe interessare fin da gennaio prossimo le tasche di tutti i contribuenti. La prima ombra rilevata da più parti è legata all’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Una rinuncia che costerà alle casse dello Stato circa 3,7 miliardi di euro. E qui si è aperto uno dei nodi più controversi. Da più parti si è sostenuto infatti che l’introduzione della nuova Trise, la tassa che dovrebbe assommare appunto l’Imu e la vecchia Tares, l’imposta sull’immondizia, porterà ai cittadini rincari fino anche a un miliardo di euro.

MA CHI CI GUADAGNA CON LA TRISE?

L’ultima stima in questo senso è arrivata ancora qualche giorno fa dalla Cgia di Mestre, che ha parlato di un maggior onere fiscale a carico delle famiglie appunto di 1,1 miliardi di euro. Al ministero dell’Economia però non ci stanno e ribattono che complessivamente la manovra dovrebbe portare invece a circa un miliardo di risparmi per i contribuenti. Da notare bene però che il condizionale non è stato utilizzato per scrupolo da chi scrive, ma è la forma verbale che letteralmente compare nel comunicato di Via XX Settembre, a testimonianza che anche dalle parti del governo si nutra se non altro qualche dubbio circa gli effettivi risvolti della manovra. Sta di fatto però che il presidente del Consiglio in persona si è premurato di far sapere che i provvedimenti proposti faranno crescere il Pil di un significativo 1% e porteranno ad un taglio delle tasse dello 0,1%. Sarà pure poco, ma è sempre qualcosa.

ECONOMIA, LE PRIORITA' DEL PREMIER LETTA

Previsioni però che, come detto non convincono nessuno. Non convincono Confindustria che avrebbe voluto un taglio più deciso del cuneo fiscale. Una posizione condivisa tra l’altro anche dai sindacati che per la metà del mese hanno annunciato uno sciopero generale. Non convincono come già accennato la Cgia di Mestre, e neanche Confedilizia, che dal riordino delle tasse sugli immobili teme un ulteriore colpo al mercato delle costruzioni già duramente provato. E non convincono neanche Confcommercio, che ha tirato in ballo tra l’altro gli effetti della Tari, la componente della Trise che coprirà i costi di raccolta e gestione dei rifiuti, che su alcune attività commerciali potrebbe portare ad aumenti valutati addirittura fino al 600%.

SE LE TASSE SULLA CASA DIVENTANO UN INCUBO

Ma quel che forse più conta per il destino stesso del governo, le parole di Letta per il momento non convincono neanche i partiti della maggioranza di governo. Sia il Pd che il Pdl promettono infatti cambiamenti della legge di stabilità nel corso del passaggio parlamentare. Cambiamenti che, secondo le parole sempre molto minacciose del capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, dovranno essere quasi d’obbligo, perché ne potrebbe derivare anche un ritiro della fiducia all’esecutivo. Staremo dunque a vedere se alla fine, saldi alla mano, i conti torneranno. Non bisogna infatti dimenticare che tra i soggetti in campo, c’è anche un convitato di pietra: si tratta dell’Unione europea che ci ha imposto il rispetto del vincolo del tre per cento nel rapporto tra deficit e Pil, e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha promesso che esso sarà mantenuto. Vedremo allora in che modo, visto che come al solito la coperta delle risorse pubbliche è ormai da tempo sempre più corta.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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