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Dal Mondo

Rushdie e la lunga memoria degli estremisti

L'attentato allo scrittore indiano arriva a oltre trent'anni dalla condanna a morte per blasfemia pronunciata dall'ayatollah Khomeini. E che ha già colpito altre persone in tutto il mondo - RUSDHIE, IL MOMENTO DELL'ACCOLTELLAMENTO

Salman Rushdie, 75enne saggista indiano naturalizzato britannico, autore di opere di narrativa in gran parte ambientate nel subcontinente indiano, i cui scritti lo hanno obbligato ad una vita in parte blindata fin dalla fine degli anni '80, quando venne pubblicato il suo celebre romanzo The Satanic Verses (I Versi satanici), è stato attaccato ieri nel tardo pomeriggio mentre stava per iniziare una conferenza in un centro educativo a Chautauqua, vicino a Buffalo (New York). L'autore de I Versi satanici è stato sottoposto ad un lungo intervento chirurgico dopo il trasporto in elicottero e adesso si trova in ospedale attaccato ad un respiratore, con gravi danni al braccio e al fegato, mentre è quasi certo che perderà un occhio. A tentare di ucciderlo con almeno 15 coltellate è stato il 24enne estremista sciita Hadi Matar, arrestato poco dopo l’aggressione.

Secondo quanto pubblicato dal New York Post le prime indagini della polizia hanno rivelato come Matar fosse molto attivo sui social network dove inneggiava all’Iran, ai Guardiani della Rivoluzione e all’estremismo sciita. A questo proposito noi di Panorama.it ieri notte, poco prima che Facebook bloccasse il suo account, abbiamo estratto alcune immagini molto significative del suo profilo.

tratto da Facebook

Sicurezza sotto accusa

Un giornalista dell'Associated Press ha raccontato di aver visto un uomo salire indisturbato sul palco della Chautauqua Institution diretto verso Salman Rushdie mentre questi veniva presentato al pubblico. Il medico presente all'evento, Rita Landman, al New York Times ha dichiarato: «Salman Rushdie ha subito ferite multiple, è stato raggiunto da diverse coltellate, inclusa una sul lato destro del collo», evidente che l’aggressore abbia tentato di sgozzarlo, che come abbiamo visto troppe volte è la tecnica preferita dagli estremisti islamici. Rushdie sarebbe stato pugnalato da dieci a quindici volte dall'uomo che si sarebbe avvicinato a lui da dietro prima di lanciarsi sul palco. Nessuno lo ha fermato all’entrata e non gli è stato impedito di arrivare alle spalle delle scrittore e poi di aggredirlo. Un fatto incredibile se si pensa che lo scrittore anglo-indiano dal 1988 (anno di pubblicazione del libro The Satanic Verses) vive semi-blindato per paura di essere ucciso dagli estremisti islamici, sia sciiti che sunniti.

La Fatwa dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini

Il libro è stato bandito in Iran dal 1988, poiché molti musulmani lo consideravano (come oggi) blasfemo. Un anno dopo, il defunto leader iraniano, l'ayatollah Ruhollah Khomeini, emise una fatwa (editto religioso), chiedendo la morte dello scrittore. L’editto religioso provocò un'ondata di roghi di libri in Gran Bretagna e disordini nel mondo musulmano che portarono alla morte di 60 persone e al ferimento di centinaia.

L’editto dell’ayatollah Khomeini era diretto a tutte le persone che avevano collaborato alla pubblicazione del volume e così nel 1991 Hitoshi Igarashi, traduttore della versione giapponese, venne pugnalato a morte. Lo stesso anno anche il traduttore della versione italiana, Ettore Capriolo, fu accoltellato e ferito a casa propria. Poi la furia islamica colpì William Nygaard, che aveva curato l'edizione norvegese del libro, nel 1993 venne ferito a colpi di arma da fuoco fuori dalla sua abitazione ma questi, seppur gravemente ferito, riuscì a salvarsi; mentre in Turchia, il traduttore del libro, Aziz Nesin, è stato oggetto di un incendio doloso che ha ucciso 37 persone in un hotel.

I sostenitori della libertà di parola difesero a gran voce Rushdie, ma molti leader musulmani e persino personalità culturali musulmane considerate moderate o lo condannarono apertamente oppure dissero «che si era spinto troppo oltre». Salman Rushdie si scusò sia con l'ayatollah Khomeini che con i musulmani di tutto il mondo sia nel 1989 che nel 1990, ma le proteste, le minacce e le violenze sono continuate. Altri disordini scoppiarono in India, Pakistan (e in altri Paesi musulmani) e nel Regno Unito, quando nel giugno 2007 la sovrana d’Inghilterra Elisabetta II insignì il romanziere indiano-britannico del Knight Bachelor.

Il portavoce dell’epoca del ministero degli Esteri in una nota scrisse: «Deploriamo la decisione del governo britannico di nominarlo cavaliere», mentre lo annunciava la Camera bassa del Parlamento pakistano approvò all'unanimità una risoluzione appoggiata dal governo nella quale Salman Rushdie venne definito «un blasfemo». Peggio di loro fece il ministro degli Affari religiosi pakistano, Mohammed Ijaz ul-Haq, che invitò a commettere attacchi suicidi contro il Regno Unito: «Se qualcuno si facesse esplodere, avrebbe diritto di farlo, a meno che il governo britannico non si scusi e ritiri il titolo di Sir e se qualcuno perpetrasse un attentato suicida per tutelare l'onore del Profeta Maometto, la sua azione sarebbe giustificata».

Anche l’Iran tornò a farsi sentire con l’allora presidente del Parlamento iraniano Gholamali Haddadadel che disse a proposito dell’onorificenza concessa allo scrittore: «I musulmani non lasceranno questo imprudente e spudorato atto senza risposta». Durante una conferenza stampa il governatore Kathy Hochul ha definito l'attacco a Rushdie «straziante», aggiungendo che Salman Rushdie è stato salvato da un agente della polizia di Stato «che si è alzato e gli ha salvato la vita dopo l'attacco». Con il passare degli anni il Governo iraniano ha preso le distanze dalla fatwa di Khomeini, tuttavia l’odio per Salman Rushdie come abbiamo visto ieri è sempre vivo, anche perché sulla testa dello scrittore c’è sempre la taglia da tre milioni di dollari decisa dall’Iran nel 1989 come ricompensa per chiunque lo uccida.

Una taglia che nel 2012 venne aumentata da una fondazione religiosa iraniana semi-ufficiale che la alzò a 3,3 milioni di dollari. Non è certo la prima volte che i giornalisti, scrittori, vignettisti o altri esponenti del mondo della cultura vengono attaccati o uccisi dagli estremisti islamici ma quanto accaduto a Salman Rushdie mostra come gli estremisti islamici sappiano attendere anche dei decenni prima di colpire.

Questa mattina Fiamma Nirenstein giornalista e saggista ha così commentato l’accaduto: «La verità è che davvero l'Islam è una religione dalla lunga memoria, specie quando si tratta di attaccare il nemico. Quando parla e minaccia fa sul serio, quando dichiara intenzioni omicide segue la sua strada senza deviare per decenni. Non ha fretta. Gli esempi sono tanti, personali e politici: tutti ricordano l'omicidio del regista Theo Van Gogh che aveva osato fare un film sulla condizione della donna islamica. Tutti sanno che quando l'Iran minaccia Israele di distruzione finanzia davvero la Jihad islamica e gli Hezbollah e prepara l'atomica. L'Iran è un nemico molto serio e di lunga lena. Nel caso di Rushdie l'accanimento a uccidere ha avuto esplosioni drammatiche e cali di attenzione, ma chi doveva occuparsene ha seguitato a farlo. L'Iran più di tutti i Paesi islamici si è assunto il ruolo di vendicatore, minaccia l'Occidente in maniera diretta e costante, si arma alla luce del sole minacciando di attaccarlo, dimostra con evidenti simboli come la persecuzione e l'attacco a Rushdie la sua corsa verso lo scontro. Quanto più piegheremo la testa, tanto più questo atteggiamento sarà esaltato alla ricerca di nuove soddisfazioni».

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Stefano Piazza