Isis
(Ansa)
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La rinascita dell'Isis, che ci deve far paura

Si dava per sconfitto e scomparso, in realtà lo Stato Islamico ha trovato modo, forza e le occasioni giuste per rimettersi in piedi arrivando a minacciare addirittura gli stadi ed i tifosi in occidente

Cinque anni fa, gli ultimi resti del cosiddetto califfato dello Stato Islamico venivano annientati dalle Forze Democratiche Siriane (SDF), la milizia curda sostenuta dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, che è stata fondamentale nello sconfiggere il gruppo terroristico. Quella che viene ancora oggi definita «la battaglia finale contro l’Isis» è avvenuta nella città siriana di Al-Baghuz Fawqani, situata nel distretto desertico di Abu Kamal, distretto di Deir ez-Zor. La battaglia contro gli ultimi irriducibili dell’Isis, tra i quali c’erano moltissimi foreign fighters (anche europei), è iniziata il 9 febbraio 2019 e si è conclusa il 23 marzo del 2019. Migliaia i jihadisti morti e altrettanti quelli in fuga. Nel contesto dell'inefficienza nella lotta contro l'ISIS, un esempio lampante emerge dall'Iraq e dalla Siria. Attualmente, circa 46.500 donne e bambini si trovano in condizioni disperate all'interno dei campi profughi nel nord-est della Siria, mentre almeno altri 9.000 combattenti dell'ISIS sono detenuti nei centri gestiti dalle Forze Democratiche Siriane (SDF). Ripetutamente, i membri dell'ISIS hanno tentato di liberare i loro compagni prigionieri, lanciando campagne offensive come "Breaking the Walls", che miravano ad attaccare le prigioni e ad incitare rivolte all'interno. Nel gennaio 2022, l'ISIS ha attaccato una prigione a Hasakah, in Siria, dando inizio a una battaglia di dieci giorni che ha permesso a migliaia di prigionieri jihadisti di fuggire.

L’Isis dispone di almeno 20.000 combattenti

Nel periodo tra il 2015 e il 2017, il territorio controllato dall'ISIS era più grande della Gran Bretagna. L'organizzazione, secondo un report dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) del 2019, composta circa 40.000 foreign fighters (circa 6.000 europei), si sono uniti all'ISIS in Iraq e Siria. Quanti sono oggi? Le stime attuali si aggirano intorno ai 20.000 foreign fighters ancora attivi, di cui circa 10.000 in Iraq e Siria e 10.000 in altri Paesi. Chi crede che l’Isis sia sparito dal “Siraq” dovrebbe guardare a questo dato: solo nel mese di marzo i suoi miliziani hanno effettuato almeno 69 attacchi nei governatorati di Aleppo, Homs, Hama, Raqqa e Deir Ez Zor che hanno ucciso almeno 84 soldati del regime filo-Assad e 44 civili e ferito almeno altri 51 soldati e civili. Numerose filiali dell'ISIS sono ora attive soprattutto in Africa, dove compiono ogni giorno efferati attacchi nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), in Egitto, in Mozambico e in Nigeria. Grazie all’addestramento militare ricevuto dagli ex ufficiali dell’esercito iracheno e da quelli dell’intelligence passati con il califfo dell’epoca Abu Bakr Al Baghdadi (+2019), l’Isis è stato in grado di terrorizzare l’Europa con una serie di attacchi terroristici spettacolari, ad esempio quelli avvenuti a Parigi nel novembre 2015 e a Bruxelles nel marzo 2016. La straordinaria capacità dell’apparato mediatico dell’Isis non è servita solo a reclutare persone per andare a morire nel “Siraq”, dove hanno perpetrato ogni sorta di violenza, vedi le decapitazioni di ostaggi occidentali con tanto di video e immagini per reclutare individui radicalizzati, ma ha spinto i “lupi solitari” a compiere in tutto il mondo atti terroristici e a utilizzare i veicoli per attaccare le folle.

Cos’è oggi lo Stato Islamico

All'inizio del 2024, l'ISIS è molto diverso rispetto a cinque anni fa, ad esempio nella sua struttura di comando che ha visto susseguirsi e morire quattro califfi, vedi Abu Bakr al-Baghdadi (+2019), Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi (+2022), Abu al Hasan al Hashimi al Qurashi (+2022), Abu al-Hussein al-Husseini al-Qurashi (+2023). Dal 3 agosto 2023, il quinto califfo dello Stato Islamico è il misterioso Abu Hafs al-Hashimi al-Quraishi che è riuscito a stabilizzare l’organizzazione che ha visto un succedersi di leader e capi locali morti in battaglia. Secondo Colin P. Clark, direttore delle politiche e della ricerca presso The Soufan Group, «L’ISIS e i suoi affiliati hanno dimostrato una notevole capacità di adattamento e sopravvivenza. Dopo aver subito significative perdite territoriali in Medio Oriente, sostanziali riduzioni dei suoi ranghi e l’eliminazione di leader chiave, l’ISIS è comunque riuscito a trasformarsi in una rete decentralizzata di filiali regionali, molte delle quali mantengono la capacità di lanciare attacchi terroristici di alto profilo. Costruito attorno alla sua ideologia estremista centrale salafita-jihadista che ha continuato a risuonare tra gli aspiranti estremisti, l’ISIS ha sfruttato i social media, i forum su Internet e un sofisticato apparato di propaganda per promuovere i suoi messaggi violenti e virulentemente settari alle popolazioni vulnerabili e prive di diritti civili. La capacità dell’ISIS di reclutare, ispirare, radicalizzare e mobilitare i suoi sostenitori alla violenza è direttamente legata alla sua efficacia nello sfruttare le lamentele storiche e alla sua strategia deliberata per creare gruppi di franchising in regioni caratterizzate da corruzione politica, vaste disparità socioeconomiche e governance debole». La straordinaria capacità di resilienza del gruppo terroristico e la sua adattabilità ad ogni contesto hanno portato alla nascita di branche locali affiliate attraverso la cosiddetta baya't (atto di fedeltà) in Afghanistan, nella penisola egiziana del Sinai, in Somalia e in Mozambico solo per citarne alcune. Gruppi talvolta oscuri nelle loro leadership come gli Ansar Al Sunna (Isis Mozambico) o ISIS-Khorasan (ISIS-K), che come ricorda Colin P. Clark in un suo recente report, rappresentano un pericolo costante: «La struttura decentralizzata dell'organizzazione permette ai suoi affiliati di operare in modo semi-autonomo, al di fuori dei tradizionali schemi di comando e controllo rigidi. Questo, tuttavia, facilita l'inserimento delle loro attività all'interno della più ampia impresa terroristica globale del gruppo, contribuendo a rafforzare i suoi obiettivi generali».

Dopo Mosca gli stadi di calcio sono un obbiettivo dell’Isis

Come visto nell’attentato al Crocus City Hall, la sala da concerti alle porte di Mosca dello scorso 22 marzo che ha provocato oltre 140 morti, lo Stato Islamico può muovere la sua filiale in Afghanistan, ISIS-Khorasan (ISIS-K) (che dispone di circa 6.000 combattenti), per compiere operazioni spettacolari fuori dai confini tradizionali e non è certo un caso che nel corso del 2023 in Europa molti degli attentati sventati e i conseguenti arresti, hanno visto protagonisti individui provenienti dall’Asia Centrale vero serbatoio infinito di combattenti vedi Cecenia, Tagikistan, Uzbekistan e Inguscezia. Tutti segnali raccolti in questi mesi ci dicono che l’ISIS ha sempre più nel mirino l'Europa dove a breve si terranno eventi come le Olimpiadi di Parigi e gli Europei di calcio che sono possibili obiettivi di azioni terroristiche nelle quali saranno coinvolti gli uomini dell'ISIS-K. Ma non è tutto perché nelle scorse ore sui canali ufficiali dello Stato Islamico è apparsa una rappresentazione grafica nella quale viene chiesto di compiere attentati negli stadi con queste parole: «Lancia, o Muwahhid, verso il tuo nuovo obiettivo. Le gradinate e le partite negli stadi si riempiono di un gran numero di crociati. Gli obiettivi sono facili da raggiungere, i risultati sono enormi, se Allah vuole, e la ricompensa è molte volte superiore. Questo li ucciderà, insanguinerà i loro giorni, rovinerà le loro vite e renderà il dolore la loro punizione. Il Profeta disse: Un kaffir e il suo assassino non saranno mai riuniti all'inferno. [Ahmad]».

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Stefano Piazza