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Microchip occidentali nelle armi russe, le triangolazioni via Armenia e Kazakistan

Da mesi i servizi segreti indagano sulla provenienza di prodotti elettronici nelle armi di Putin. Con il sospetto (fondato) che l'embargo verso Mosca sia aggirato in Occidente

Sono diversi mesi che i servizi segreti di alcuni stati occidentali, inclusi gli Usa e alcune nazioni dell’Ue, stanno indagando sulla triangolazione di prodotti elettronici sotto embargo che attraverso un “rimbalzo” in Armenia arriverebbero nella disponibilità dell’industria militare russa. Ben più di un sospetto, si tratta di una vera impennata di ordini effettuati alle aziende europee e americane anche dal Kazakistan che poi vengono ritrovati tra i rottami di missili russi sparati o passati in mano agli ucraini. Dunque, Mosca, seppure colpita da sanzioni, sta aggirando la mancanza di componenti attraverso i paesi con i quali ha mantenuto rapporti commerciali senza limitazioni alla tecnologia.

Alan Estevez, responsabile dei controlli sulle esportazioni statunitensi presso l'Ufficio dell'Industria e della Sicurezza del Dipartimento del Commercio, intervistato dal New York Times nel mese di marzo aveva dichiarato: “Siamo stati molto efficaci nell'ostacolare la capacità della Russia di sostenere e ricostituire una forza militare, ma dobbiamo riconoscere che questo è un lavoro complesso e difficile, poiché i russi si stanno adattando alla situazione e noi a nostra volta dobbiamo contrastare le loro iniziative.” I suoi colleghi sostengono che in base a quanto era stato venduto prima delle sanzioni, la Russia oggi deve aver già esaurito gran parte delle forniture destinate a equipaggiare le sue armi più accurate ed è costretta a sostituirle con componenti di qualità inferiore o contraffatte che rendono le armi meno precise.

I dati di carattere commerciale raccolti con l’aiuto dei partner della Nato indicano che altri paesi sono intervenuti per fornire alla Russia ciò di cui ha bisogno a cominciare dalla Cina, che da ottobre 2022 e gennaio 2023 sono aumentate del 50% rispetto i livelli medi prebellici, almeno secondo il monitoraggio di Silverado Policy Accelerator, un think tank che analizza i trasferimenti tecnologici citato dal quotidiano americano, che pone l’esistenza di reti distributive dei componenti pregiati molto ampie e complesse. Inasprire le sanzioni a dozzine di società e organizzazioni in Russia, Iran, Cina, Canada e altrove, rende più complesse le operazioni ma di fatto non le blocca, poiché un componente può essere sostituito con una serie di altri che sono presenti anche in oggetti nei quali l’elettronica è sfruttata da decenni per scopi civili, come i posta pane e i forni a microonde.

Nel 2021 le aziende produttrici avevano spedito in tutto il mondo 1,15 trilioni di chip che si sono sommati a quelli delle scorte esistenti e la Cina, che non fa parte del regime delle sanzioni, sta realizzando chip sempre più sofisticati e tiene sotto pressione Taiwan, che ne è il leader mondiale. Non a caso la Semiconductor Industry Association, che rappresenta le principali aziende produttrici di chip, ha affermato di essere impegnata con i governi occidentali per combattere il commercio illecito di semiconduttori.

Nei droni Zala Lancet usati dall’esercito russo sono stati trovati circuiti integrati realizzati in Usa e alcuni cloni apparentemente fabbricati in Asia, ma trattandosi di chip vietati soltanto dal settembre scorso, potrebbero essere stati fabbricati nei mesi precedenti, anche se la presenza degli equivalenti dimostra la scarsità di scorte nelle mani russe. Zala è un costruttore del gruppo industriale Kalashnikov, che aveva pubblicamente contestato le restrizioni imposte dall'Occidente. Alan Lushnikov, presidente del gruppo, intervistato al proposito aveva dichiarato: “È impossibile isolare la Russia dall'intera base globale di componenti elettronici, la Russia cercherà di fare tutto il necessario per aggirare questi controlli”. Sta di fatto che secondo gli Usa nel 2022 l'Armenia ha importato il 515% in più di chip e microprocessori dagli Stati Uniti e il 212% in più dall'Unione Europea rispetto al 2021, per poi esportare il 97% di questi stessi prodotti in Russia.

Ma per essere obiettivi gli Usa se la sono cercata: alla fine di marzo il primo ministro armeno Nikol Pashinyan aveva ricevuto Bruce Weyer, vicepresidente dell'American Microchip Technology Company, accogliendo positivamente l'ingresso del produttore di microelettronica Microchip Technology nel Paese, nonché la collaborazione con la società armena Instigate Semiconductor con la quale Microchip Technology sta per aprire una filiale in Armenia. Pashinyan in quell’occasione aveva osservato che lo sviluppo del settore IT è una delle priorità del governo armeno al quale è stata data massima priorità soprattutto per una cooperazione con Washington riguardante il settore aerospaziale. E si sa che, per mettere in orbita dei satelliti servono missili.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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