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(Ansa)
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Mariupol è caduta (forse) ma la guerra continua

Siamo passati da una guerra-lampo ad una di «logoramento» come spiega il generale Maurizio Boni

Dopo 57 giorni di guerra la città di portuale ucraina di Mariupol è caduta, anche se circa 2.000 irriducibili soldati ucraini sono ancora asserragliati all’interno dell’acciaieria Azovstal. Secondo il sindaco di Mariupol, Vadim Boychenko, nei dintorni della città martire «i soldati russi hanno scavato una fossa comune di 30 metri e portato dei corpi con i camion». In mattinata, la televisione di Stato russa ha diffuso il video del colloquio tra Vladimir Putin e il suo ministro della Difesa, Sergej Shoigu, che molto probabilmente si aspettava di vedersi autorizzare l’assalto finale all’acciaieria, ma gli è andata male. Putin con tono gelido ad un certo punto lo ha fermato: «Ritengo inopportuno il proposto assalto all'acciaieria. Ti ordino di annullarlo», e Sergej Shoigu non ha potuto fare altro che abbozzare con un sommesso: «Va bene». Poi il presidente russo senza tradire la minima emozione ha detto: «In questo caso dobbiamo pensare - voglio dire, dobbiamo pensarci sempre, ma in particolare in questo caso - dobbiamo pensare a preservare la vita e la salute dei nostri soldati e ufficiali. Non c'è bisogno di arrampicarsi in quelle catacombe e strisciare sottoterra sotto quelle strutture industriali. Blocca questa zona industriale in modo che nemmeno una mosca possa entrare o uscire».

Probabile che Putin non voglia sacrificare altri soldati ben sapendo che prima o poi i soldati ucraini che si sono asserragliati nell’acciaieria si arrenderanno, a meno di una soluzione negoziale, almeno per Mariupol. Ora tutte le risorse russe si sono concentrate nel Donbass ma che guerra sarà? Secondo il Generale di Corpo d’Armata Maurizio Boni: «La battaglia del Donbass sarà molto differente da quella combattuta nella prima fase dell’operazione speciale e questa volta per le forze di Kiev potrebbe essere molto più difficile non solo contenere lo sforzo offensivo russo, ma portare a casa il risultato della vittoria definitiva su Mosca costituita da un improbabile ritiro delle proprie forze armate dal territorio ucraino. Quest’ultima eventualità non sarebbe del tutto impossibile, ma poco credibile almeno nel breve termine. Infatti, per come sono messe le forze avversarie in campo, quella che si configura è una battaglia di logoramento che verrà combattuta dagli aggressori in campo aperto in un terreno di scontro che favorisce l’impiego di quelle forze meccanizzate e corazzate che sono state falcidiate nella prima fase perché impiegate in combattimenti urbani, senza adeguato appoggio aereo e di fanteria, dove gli agguati dei difensori hanno messo in crisi lo sviluppo del piano originale russo». La battaglia in campo aperto chi favorisce? «Sicuramente gli assalitori perché consente loro di riversare sull’organizzazione difensiva di Kiev il micidiale volume di fuoco sviluppato da artiglierie e missili, la capacità russa più temuta dalla NATO in termini convenzionali, per nulla compromesso nel corso del primo mese del conflitto».

Mentre scriviamo, il fuoco indiretto a medio e lungo raggio è diretto sui depositi munizioni e di carburanti, sui centri logistici, gli snodi ferroviari utilizzati dalle forze di Kiev e dall’occidente per alimentare lo sforzo bellico dei difensori, e sulle loro prime linee secondo un piano di targeting specifico e pianificato con cura, e a questo proposito continua Boni: «I russi dispongono itinerari di alimentazione logistica molto più brevi e più protetti dal momento che i centri logistici russi sono dislocati in Russia non lontani dalla zona di operazioni. Incrementeranno l’impiego delle forze aero-tattiche e degli elicotteri d’attacco a supporto delle azioni offensive terrestri, dei droni e dei bombardieri strategici per colpire gli assi di alimentazione logistica degli ucraini in profondità. Il comando unificato delle operazioni, nelle mani del generale Dvornikov, dovrebbe assicurare il coordinamento dello sforzo offensivo principale (Donbass) con quelli sussidiari meridionale (Mariupol e Kherson) e nord- orientale (Kharkiv e Izyum)».

E gli ucraini come possono rispondere? Il Generale Boni ha molti dubbi sulla capacità di ribaltare le sorti del conflitto: «Al momento, oltre alla possibilità di attacchi e contrattacchi di limitata portata, gli ucraini non possono andare poiché non dispongono di assetti aeroterrestri adeguati, per tipologia e numero, a infliggere un colpo decisivo all’avversario. In secondo luogo, la lontananza delle basi logistiche ucraine dal fronte gioca ora a sfavore dei difensori come nella prima fase era avvenuto per gli aggressori. Infine, bisogna tenere conto del fatto che anche le forze di Kiev stanno subendo, in proporzione, perdite ingenti difficilmente rimpiazzabili in poco tempo per gli stessi motivi che valgono per i russi. Non è possibile disporre di forze addestrate, ben equipaggiate e operativamente credibili da mettere in campo in poco tempo e comunque Kiev non dispone di risorse di mobilitazione paragonabili a quelle russe. Gli aiuti militari occidentali che giungeranno nelle prossime settimane in Ucraina saranno importanti, ma probabilmente non sufficienti per ribaltare il corso degli eventi».

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Stefano Piazza