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(Ansa)
Dal Mondo

Si aggrava lo scandalo dei documenti di Joe Biden

Trovati altri incartamenti classificati nella casa privata del presidente a Wilmington. Le domande aumentano, mentre gli spazi per una ricandidatura diminuiscono

Ci risiamo. Venerdì scorso, sono stati rinvenuti nuovi documenti classificati nella casa di Joe Biden a Wilmington. A renderlo noto è stato sabato il legale personale del presidente, Bob Bauer. In particolare, il ritrovamento è seguito a una perquisizione di quasi tredici ore, condotta dall’Fbi sotto la direzione del procuratore federale, John Lausch. Quello di venerdì è il primo dei ritrovamenti avvenuti finora ad essere stato effettuato dagli agenti del Bureau e non dagli avvocati dello stesso Biden.

Va indubbiamente rilevato che la perquisizione ha avuto luogo di comune accordo tra il Dipartimento di Giustizia e i legali del presidente. Tuttavia quanto accaduto rappresenta evidentemente un salto di qualità nello scandalo dei documenti classificati: uno scandalo che si sta progressivamente aggravando per Biden. Molti esponenti del Partito democratico si stanno mostrando piuttosto critici nei confronti del presidente, mentre il capo dello staff della Casa Bianca, Ron Klain, sarebbe pronto a dimettersi il mese prossimo. Non è al momento chiaro se questa scelta sia in qualche modo legata alla vicenda degli incartamenti classificati. Tuttavia la tempistica difficilmente può essere considerata casuale. D’altronde, pare che Klain abbia confidato ai colleghi l’intenzione di un passo indietro subito dopo le ultime elezioni di metà mandato. Elezioni che, ricordiamolo, si tennero appena sei giorni dopo il ritrovamento della prima tranche di documenti classificati in un ex ufficio di Biden a Washington.

Nel frattempo, Cnn ha riportato che il procuratore speciale Robert Hur, nominato lo scorso 12 gennaio dal capo del Dipartimento di Giustizia Merrick Garland, sta prendendo le consegne da Lausch. Non è quindi escludibile che, prima o poi, l’Fbi venga inviato a perquisire nuovamente i locali privati del presidente, anche perché non è affatto chiaro se le ricerche condotte finora dai suoi legali siano state effettuate correttamente (visto l’ultimo ritrovamento a Wilmington non sembrerebbe proprio). Hur potrebbe pertanto mettere sotto la lente di ingrandimento l’altra dimora di Biden in Delaware (quella di Rehoboth Beach) e soprattutto ordinare una perquisizione nel suo ex ufficio di Washington: ufficio che appartiene al think tank Penn Biden Center, che fa capo all’Università della Pennsylvania. Un ateneo, quest’ultimo, che, a partire dal 2014, ha ricevuto decine di milioni di dollari dalla Cina. E’ per questo che la commissione Sorveglianza della Camera ha avviato un’inchiesta, volta a capire se il think tank abbia subito infiltrazioni da parte di Pechino.

Insomma, si tratta di una situazione politicamente pesante. A settembre scorso, Biden aveva definito Donald Trump “totalmente irresponsabile” per come aveva gestito i documenti classificati. Inoltre, non va trascurato che, a gennaio del 2021, l’attuale amministrazione americana aveva promesso di ripristinare la trasparenza nelle comunicazioni con la stampa. Una trasparenza che in questa vicenda stenta oggettivamente ad emergere. È dunque evidente che questo quadro complessivo rischia di pesare negativamente sulla possibilità di una ricandidatura presidenziale da parte di Biden: una ricandidatura che, secondo i beninformati, il diretto interessato avrebbe intenzione di annunciare a febbraio. Ma che oggi sembra sempre più traballante.

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Stefano Graziosi