michelle obama
(Ansa)
Dal Mondo

I democratici Usa senza idee ci riprovano con «la moglie di...». Dopo Hillary ora tocca a Michelle Obama

La paura che Biden non possa competere con Biden porta il partito a pensare ad un colpo a sorpresa, candidando la moglie dell'ex presidente. Non andò bene con la sig.ra Clinton, sarà lo stesso per Michelle

Michelle Obama candidata alla presidenza degli Stati Uniti? I rumors nelle fila dei democratici si rincorrono da mesi, anzi da anni. Ma sinora la diretta interessata non ha proferito parola. Eppure, nel dietro le quinte dei palazzi di Washington, impazzano i sondaggi e le esplorazioni conoscitive presso i donatori della campagna democratica, per capire se la candidatura Obama otterrebbe un sostegno corposo. E la risposta, a quanto è dato sapere, è mediamente: «Sì, la finanzieremmo con piacere».

Ecco perché nel partito dell’Asinello non si rassegnano all’idea che Trump possa davvero tornare. i democratici vivono oggi una sorta di estasi mistica collettiva. Dietro, ovviamente, c’è l’attenta regia del vero king maker del partito, ovvero l’ex presidente Barack Obama. Che, dopo aver piazzato il suo fidato vice alla presidenza, oggi briga per mandare avanti direttamente la moglie a occupare quella sedia, per poter continuare a governare nell’ombra di un «quarto mandato».

Secondo il quotidiano conservatore New York Post, il piano orchestrato dall’ex presidente è dettato dalla preoccupazione che il suo ex braccio destro non riesca a battere di nuovo Trump in una sfida diretta. Con tutte le conseguenze del caso.

Le indiscrezioni del Post sarebbero corroborate dall’uscita pubblica di qualche settimana fa dell’ex First Lady, quando in un'intervista Michelle Obama in persona ha dichiarato che l'eventualità di un ritorno di Trump la «terrorizza» e che la cosa le toglie il sonno. Come a dire che si sacrificherebbe per il partito e per la patria, pur non volendo davvero scendere in campo.

Di certo, gli Obama non oserebbero azzoppare il loro fedele amico in piena corsa per il secondo mandato, almeno non dopo che questi ha espresso pubblicamente la volontà di ricandidarsi. Volontà peraltro dettata solo dal fatto che dall’altra parte «c’è un signore che ho già battuto una volta, e intendo rifarlo». Sembra una battuta estrapolata dal film Rocky, mentre invece è realtà. Un simile sgarro, peraltro, aprirebbe una voragine nel partito e minerebbe l’aura di signorilità di cui sono ammantati da sempre gli Obama.

Secondo il tabloid americano, tuttavia, in modo riservatissimo Barack starebbe personalmente facendo pressing sul «caro Joe» e il suo staff, per convincerlo alla rinuncia spontanea in favore di Michelle. La conferma sarebbe corroborata dalle dichiarazioni di David Axelrod, ex stratega di Obama, che ha più volte definito la scelta di Biden di ricandidarsi «non saggia» e «non necessariamente nell'interesse del Paese».

Per la verità, non sono in pochi neanche tra i repubblicani, e più in generale tra i moderati e gli indecisi, coloro i quali storcono il naso per le proposte delle primarie. Un’America che sa esprimere soltanto politici ottuagenari e Wasp (acronimo di White Anglo-Saxon Protestant) non è poi così attraente, e questo rischia di alienare a entrambi i partiti i voti di milioni di cittadini americani. Quattro anni fa votarono 139 milioni di americani, ovvero il 59,2% della popolazione avente diritto, ma fu un record storico. Mediamente negli Stati Uniti vota la metà della popolazione idonea e, secondo tutti i sondaggi, quest’anno a malapena si raggiungerebbe il 50% con questi candidati. Con la quasi matematica certezza che la cosa favorirebbe Donald Trump, i cui seguaci sono più agguerriti che mai.

Se si aggiunge il fatto che Trump è dato vincente su Biden secondo tutti i rilevamenti, ecco spiegato perché Barack Obama ha sentito di doversi muovere, sia pur con prudenza, nel proporre un’alternativa a una sconfitta pressoché certa. E allora i media e gli indecisi iniziano a fantasticare di una sfida politica per le presidenziali ancor più intrigante, una cioè tutta al femminile.

Ad alimentare le loro speranze si aggiunge il fatto che Nikki Haley - l’unica a contendere a Trump la leadership delle primarie repubblicane – nonostante due sonore sconfitte in Iowa e nel New Hampshire, non abbandona ancora la corsa per la nomination verso la Casa Bianca. Se da un lato questo fa infuriare l’ex presidente, dall’altro nutre quanti nel partito e tra i conservatori sperano sotto sotto che a Trump, visti i suoi numerosi guai giudiziari, venga alla fine impedito di correre per la presidenza. L'ex ambasciatrice alle Nazioni Unite aspetta di capire se la Corte Suprema deciderà di ammettere il nome di Trump sulle schede degli Stati che hanno deciso di toglierlo per via dei suoi processi. Solo in caso affermativo sceglierà di ritirarsi.

Ma aspetta anche che i democratici scoprano le carte: se davvero c’è un «piano Michelle Obama», Nikki Haley non si tirerà indietro, e verosimilmente il partito starà con lei. Inoltre, non sono pochi i congressmen dell’Elefantino a temere il tycoon perché, ancor prima dell’incoerenza, ne conoscono il lato vendicativo.

C’è un ulteriore fatto da considerare: un po’ come per i Kennedy, i Clinton e i Bush, all’élite americana piacciono moltissimo le saghe familiari. E una candidatura di Michelle Obama ne è la conferma. Di certo, se suo marito convincesse Biden al ritiro, questa mossa spariglierebbe le carte e porterebbe molto probabilmente l’ex First Lady a colmare il gap attuale con i repubblicani per lo Studio Ovale. Sia che lo sfidante fosse Trump, sia che fosse Nikki Haley, Obama catalizzerebbe al contempo il voto degli afroamericani, dei latinos, delle donne, degli obamiani (non pochi) e di molti indecisi.

Fantapolitica? Forse. Sappiamo tutti com’è che finiscono di solito queste storie di famiglia: nessun Happy Ending. Almeno non tra le fila dem, dove i due Kennedy sono stati assassinati proprio per non consentire loro di dar vita a una staffetta presidenziale e a una continuità politica, mentre per i Clinton sono bastati il voto popolare e l’antipatia che da sempre emana l’ex Segretario di Stato.

Va detto che le «seconde scelte» di entrambi i partiti sono sicuramente più allettanti del déjà vu: una sfida Obama-Haley ridesterebbe una politica americana all’apparenza agonizzante e assai poco empatica con gli elettori. Ma non bisogna comunque dimenticare che non si ottiene una presidenza solo per il fatto di essere donna o espressione di una minoranza (Obama è afroamericana, mentre Haley è proviene da una famiglia di indo-americani sikh).

Né peraltro loro o Hillary Clinton sono state le prime donne a correre per la presidenza degli Stati Uniti: in verità la prima a “rompere il soffitto di vetro” fu Victoria Woodhull nel lontano 1872, epoca in cui le donne non potevano neanche votare. Woodhull corse per la presidenza nel 1872, ben 136 anni prima che Hillary facesse la sua prima apparizione ufficiale nel 2008 e, ironia della sorte, il giorno delle elezioni non poté neanche votare per se stessa. Infatti, non ottenne neanche un voto.

Per queste ragioni, la candidatura di Michelle Obama resta comunque debole, oltre al fatto che arriverebbe fuori tempo massimo (ma in un’elezione tanto incerta, questa potrebbe essere anche una strategia dei democratici). Soprattutto, questo non cancella gli ostacoli da superare per convincere gli americani non schierati, e dunque decisivi, a votare per i democratici: in primis, Michelle si candiderebbe solo in quanto «moglie di», il che come detto non paga. Soprattutto, non ha alcuna vera e propria esperienza politica, non avendo ricoperto alcun incarico governativo o amministrativo in precedenza. E anche questo non depone a suo favore.

E poiché il fatto di essere afroamericana non può valere come cursus honorum, dovrebbe puntare tutto solo ed esclusivamente sul fatto che la politica Usa è disfunzionale e che, come ha scritto l’editorialista di gossip Cindy Adams, «la nazione ha bisogno di un centrista. Un leader forte e tenace che faccia breccia nella massa maggioritaria degli elettori indipendenti».

Di certo non lo sono Trump e Biden. Ma Michelle Obama lo è ancor meno di loro: forse ha uno spirito centrista, ma la sua sensibilità e lotte in favore delle minoranze le alienerebbero comunque una larga fetta di elettori decisivi, come quelli della classe media bianca americana. E tantomeno si può dire che sia un’indipendente. Se dovesse candidarsi e vincere, dovrebbe convivere per il resto dei suoi giorni con il fatto che sotto sotto a decidere è sempre l’esperto marito. Allora la vera domanda è questa: gli americani vogliono il ritorno di Barack Obama alla Casa Bianca?

I più letti

avatar-icon

Luciano Tirinnanzi