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(Ansa)
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L'asse Arabia Saudita-Cina con sguardo su Milano

Bin Salman e Xi Jinping si vedranno per stringere accordi che isoleranno ancor di più gli Usa

A metà novembre, la stampa cinese ha riportato la notizia che funzionari sauditi e cinesi stanno pianificando un incontro per il Presidente cinese Xi Jinping durante il vertice nel Regno dell'Arabia Saudita da tenersi entro la fine del 2022. La visita, prevista per la seconda settimana di dicembre, è stata a lungo pianificata ma fino ad oggi non ha ancora avuto luogo. Parlando del viaggio in termini generali, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che Pechino «attribuisce grande importanza allo sviluppo delle relazioni Cina-Arabia Saudita e pone l’Arabia Saudita come una priorità nella politica diplomatica generale della Cina».

É evidente però come questo il viaggio di Xi sia una risposta alla visita del presidente statunitense Joe Biden nel Regno avvenuta nel luglio scorso, ma che non ha migliorato significativamente le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, deterioratesi soprattutto a causa delle preoccupazioni dei funzionari statunitensi sul ruolo dell’erede al trono saudita Mohammed Bin Salman (MBS ) nell'uccisione del dissidente saudita e apprezzata firma del Washington Post Jamal Khashoggi avvenuta nel 2018 all’interno del consolato saudita a Istanbul.

L'amministrazione Biden ha stabilito che al principe ereditario dell'Arabia Saudita vada concessa l'immunità nella causa intentata contro di lui dalla fidanzata del giornalista. Nonostante questa decisione le relazioni tra Riad e Washington non hanno ripreso slancio anzi, si sono ulteriormente deteriorate dopo il viaggio di Joe Biden, a causa del fatto che secondo gli americani MBS avrebbe violato un accordo per ritardare la riduzione della produzione di petrolio da parte dell'OPEC e degli esportatori non OPEC. Tutto questo è noto a Pechino che nel programmare la visita nel Regno spera senza dubbio di sfruttare e ampliare le tensioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita per rafforzare la posizione della Cina in Medio Oriente e pubblicizzare la sua ascesa come potenza globale. Xi Jinping potrebbe anche tentare di aggirare l'influenza regionale della Russia, la cui reputazione e immagine nella regione sono ormai ai minimi termini a causa dell'invasione dell'Ucraina e delle debolezze che l'esercito russo ha mostrato durante la guerra.

Contrariamente agli altri attori internazionali la Cina è uno Stato autoritario e Xi - recentemente rieletto per un terzo mandato presidenziale senza precedenti - non deve confrontarsi con l'opposizione interna che potrebbe rimproverargli i rapporti con MBS e anche una volta che arriverà nel Regno sarà molto difficile che Xi debba affrontare le critiche dei leader sauditi per il trattamento riservato alla comunità musulmana uigura nello Xinjiang. Secondo il The Soufan Group: «Il viaggio arriva in un momento in cui la Cina ha ampliato le sue relazioni con il Regno su questioni strategiche, espandendo un rapporto che finora si è concentrato quasi esclusivamente su commercio, economia, investimenti ed energia».

Altro tema che divide sauditi e americani sono alcune relazioni dell’intelligence USA che raccontano come l'Arabia Saudita stia costruendo i propri missili balistici con l'aiuto dei cinesi. Ma gli Stati Uniti sono il principale fornitore di armi del Regno e il suo principale partner per la sicurezza? Sì, tuttavia, le leggi statunitensi che limitano la vendita di tecnologia missilistica controllata al Regno impediscono in larga misura la vendita di missili balistici o di tecnologia di sviluppo missilistico ai sauditi. Contrariamente alla Russia, la Cina è un grande consumatore di petrolio e le questioni energetiche costituiranno sicuramente un punto centrale del viaggio di Xi.

Sul tavolo ci sarà anche la questione dell’Iran: il principale fornitore petrolifero della Cina che acquista ogni giorno da Teheran circa 600.000 barili al giorno, anche se questi acquisti hanno fatto scattare le sanzioni americane contro i commercianti di petrolio cinesi e altre società. La Cina è diventata anche un grande cliente del petrolio saudita, acquistando quasi un quarto delle esportazioni di greggio. A Washington sperano che i sauditi possano sostituire parte delle importazioni cinesi di petrolio dall'Iran con loro importazioni, tuttavia, la capacità di riserva saudita è limitata - circa 1 milione di barili al giorno, al di sotto dei 2 milioni di barili al giorno che il Regno cerca generalmente di mantenere - ed è possibile che l'Arabia Saudita non sia in grado di fornire più petrolio alla Cina. Inoltre non va dimenticato che le forniture globali rimangono limitate, a causa del divieto di esportazione del greggio russo imposto dall'Unione Europea a partire dall'inizio del dicembre scorso.

Altra certezza è che MBS userà la visita di Xi Jinping per far capire a Washington che l'Arabia Saudita sta espandendo le sue relazioni con altre grandi potenze riducendo così la sua dipendenza dagli Stati Uniti. Al momento dalla Casa Bianca non sono state fatte dichiarazioni in merito a questo tentativo di creare questo asse sino-saudita e nonostante le tensioni tra i leader statunitensi e MBS, il Regno saudita ha poche opzioni valide per sostituire Washington come principale partner e protettore della sicurezza. Nonostante le critiche ufficiali degli Stati Uniti nei confronti di MBS, gli Stati Uniti come ricordano gli analisti del Soufan Group: «Hanno continuato a collaborare con l'Arabia Saudita per contrastare le minacce missilistiche, i droni e altre minacce provenienti dall'Iran e a fornire al Regno grandi quantità di armi. Nessun programma statunitense di consulenza e assistenza alle forze saudite è stato interrotto». Ma attenzione al fatto che il futuro sovrano saudita è furibondo con l’Amministrazione americana per le continue critiche e le prese di distanza, un fatto il principe saudita vive come un affronto personale.

Infine, quando MBS e Xi Jinping si incontreranno potrebbe anche essere l’occasione di chiudere una partita della quale si parla da tempo, ovvero la vendita dell’FC Internazionale Milano di proprietà della famiglia Zhang (strettamente legata al leader cinese) al fondo sovrano dell’Arabia Saudita Public Investment Fund (PIF). Il governo cinese ha dato disposizioni di non investire altre risorse all’estero, specie nei club calcistici, inoltre non è un segreto per nessuno che il club milanese necessiti di massicci investimenti per continuare la propria attività: il club è in vendita e la famiglia Zhang chiede 1.2 miliardi di dollari per cederlo. Fino ad oggi la questione PIF-Inter è stata rilanciata e poi smentita, ma la parola ‹‹fine›› in un senso o nell’altro, si avrà solo quando Xi Jinping e Mohammed Bin Salman si alzeranno dal tavolo.

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Stefano Piazza