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Dal Mondo

Le cose che non convincono dei (presunti) assassini di Luca Attanasio

Dal Congo la notizia e le immagini della cattura di alcuni uomini; ma la vicenda è piena ancora di lati oscuri

Questa mattina la televisione della Repubblica Democratica del Congo ha mandato in onda un servizio subito rimbalzato su Twitter, nel quale il generale Aba Van Ang, vestito di tutto punto e attorniato da alcuni soldati armati, ha annunciato con tono marziale alla stampa e alle tv arrivate appositamente di aver catturato gli uomini che avrebbero ucciso Luca Attanasio: «Signor Governatore Vi consegno tre gruppi di criminali che hanno portato il lutto nella città di Goma. Fra di loro c’è anche il gruppo che ha attaccato il convoglio dell’ambasciatore». E chi sarebbero questi pericolosissimi delinquenti ricercati ormai da un anno? Eccoli lì, sono sei ragazzi ammanettati alcuni senza scarpe, altri in ciabatte, che ascoltano in silenzio e con lo sguardo stralunato la tirata del Generale che un giorno così chissà da quanto tempo lo aspettava. Chissà, magari gli daranno una medaglia? Forse.

Sono questi secondo le autorità della regione del Nord Kivu che confina con il Ruanda, coloro che lo scorso 22 febbraio hanno assassinato l’ambasciatore italiano, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il malcapitato autista congolese Mustapha Milambo del quale ogni tanto qualcuno si dimentica. Nessun dubbio, sono stati loro tuona il generale! «Ecco i colpevoli dell’uccisione dell’ambasciatore italiano. Volevano rapirlo. E chiedere un milione di dollari di riscatto». Piccolo dettaglio, non ci sono proprio tutti, secondo gli investigatori ne manca uno: si sono persi il capo di questa banda mai citata, almeno in questa vicenda . E dov’è questo che si chiamerebbe «Aspirant». Fermi tutti perché a chiarire tutto ci pensa il colonnello Constant Ndima Kongba che spiega che l’uomo è ancora in fuga, «ma gli stiamo dando la caccia», poi interviene un altro militare (non qualificatosi) che rassicura sul fatto che i complici del capo sono quelli ammanettati e che si tratta «degli uomini di altre due gang criminali, i Bahati e i Balume» E il capo? «Sappiamo dove si trova il capo di Aspirant. Speriamo di trovarlo». E come si è arrivati a loro? Nessuno dei presenti pone la questione cosi come nessuno chiede conto della surreale ricostruzione degli eventi di quella mattina: «Aspirant e i suoi uomini, tesero l’imboscata alle auto dell’ambasciatore italiano e del World Food Programme con uno scopo ben preciso», volevano rapire l’ambasciatore e chiedere un riscatto milionario. E perché non lo rapirono se valeva un milione di dollari? Semplicemente perché «Aspirant sparò sugli obbiettivi» poi ‹‹dopo si morsero le mani perché la loro intenzione era di prendere gli ostaggi bianchi e trattare con l’Italia per rilasciarli ed è la stessa tattica usata in altri casi».

Basterebbe questo racconto e la visione del filmato per comprendere che si tratta dell’ennesima messinscena peraltro mal orchestrata e a tratti grottesca, organizzata dalla autorità della regione del Nord Kivu che fino ad oggi si sono distinte per il loro lassismo e per una serie di versioni discordanti per cercare di chiudere una vicenda avvolta nel mistero. Secondo il giornalista e saggista Matteo Giusti, profondo conoscitore della vicenda, la narrazione proposta dalle autorità congolesi non sta in piedi: «Gli arresti della polizia del Kivu sembrano un autentico colpo di teatro. Poche settimane fa i comandi della forze di sicurezza locali si lamentavano di non avere fondi per indagare e ora il Generale Aba Van Ang fa mostra di sei criminali ammanettati e scalzi su un prato da mostrare alla stampa locale. Fra l’altro soltanto due dei sei arrestati sarebbero coinvolti nell’attentato all’ambasciatore Attanasio e non sono state presentate né prove, né modalità di arresto. Tutti i fermati farebbero parte di una milizia chiamata Balume Bakulu nota nella zona per rapimenti ed omicidi, ma la banda che secondo la polizia avrebbe assalito il convoglio del World Food Programme si chiamerebbe Aspirant››. Colpo di scena ulteriore, il capo della banda nonché esecutore materiale degli omicidi sarebbe in fuga, ma braccato dalle forze locali. E cosa dice la stampa locale? ‹‹I dubbi su questi arresti restano anche fra i giornalisti congolesi ed insospettisce anche che manchi una dichiarazione del Governo centrale di Kinshasa che aveva promesso di risolvere il caso. Curioso il fatto poi che questi clamorosi arresti arrivino dopo le pressioni internazionali del governo italiano nelle settimane scorse e a pochi giorni dalla chiusura delle indagini e dei rinvii a giudizio della magistratura italiana». Una cosa è sicura, dai congolesi non c’è da aspettarsi nulla di buono se non qualche altra sceneggiata e lo stesso si puo’ dire del PAM (Programma alimentare mondiale)che fino ad oggi non ha fatto nulla se non alzare un muro di silenzi sulla vicenda. Attendiamo quindi le carte perché solo il certosino lavoro dei magistrati italiani può aiutare a scoprire perché tre ragazzi sono morti una mattina di febbraio mentre facevano il loro dovere.

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Stefano Piazza