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(Ansa).
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A rischio l'acciaio ucraino lavorato in Italia

Gli effetti collaterali dell'attacco russo sulle filiali della multinazionale siderurgica Metinvest presenti nel Nord-Est.

Non solo gas e materie prime, c’è un altro settore primario che potrebbe avere forti ricadute dall’attacco russo all’Ucraina, con ripercussioni importanti proprio nel nostro Paese. Parliamo dell’acciaio, che ha in Ucraina il quartier generale di una delle più importanti multinazionali della siderurgia, la Metinvest, con sedi impiantistiche anche in Italia.

Un colosso da 13 miliardi di ricavi nel 2021 con 9,5 milioni di tonnellate annue di produzione di crude steel venduto soprattutto in Europa con il mercato più importante in Italia. La multinazionale ucraina ha due filiali in Italia per un totale di 500 dipendenti: la Trametal di San Giorgio di Nogaro a Udine (500.000 tonnellate di acciaio per 850 milioni di fatturato nel 2021) e la Ferriera Valsider di Oppeano a Verona (650.000 tonnellate tra lamiere e coils). In queste due fabbriche arrivano i semilavorati direttamente dal porto di Mariupol che poi vengono laminati, e rivenduti come prodotto finito dal centro servizi Metinvest di Genova (altri 60 dipendenti). Ogni anno arrivano dall’Ucraina solo in Italia 2 milioni di tonnellate di bramme da Metinvest, che oltre alle sue aziende nel nostro Paese rifornisce anche Marcegalia (700 tonnellate) e Tecnosider (350 tonnellate).

Parliamo di un acciaio di primissima qualità, perché prodotto da semilavorato ricavato da acciaio integrale, cioè con minerale e altoforno. Come quello di Ilva. Cosulich è il resposabile logistico del trasporto Metinvest dall’Ucraina all’Italia. Il big player dello shipping dell’acciaio con quartier generale a Trieste imbarca su tre navi le bramme prodotte al porto di Mariupol, sul Mar d’Azov, e le scarica a Monfalcone. Da lì, attraverso un progetto sperimentale voluto dalla Regine Friuli Venezia Giulia che mira a favorire il trasferimento di parte delle bramme su rotaia, 1.500 tonnellate di semilavorati vengono consegnati direttamente nei laminatoi.

Un business che va bene, e per il quale Cosulich sta progettando di ordinare altre tre navi in joint venture con Metinvest. A Mariupol si sono già sentite le prime esplosioni. «Se dovessero chiudere lo scalo» dice Cosulich, «sarebbe davvero un ammanco significativo per i traffici con l’Adriatico, parliamo di circa tre milioni di tonnellate. Già ora i carichi, che devono passare dallo stretto di Kerk, sono oggetto dei controlli degli ispettori russi, che potrebbero creare sempre più difficoltà. Più a Nord ci sono le miniere di carbone, se dovessero chiudere il mercato ci sarebbero altri problemi di approvvigionamento». ArcelorMittal ha già chiuso le sue miniere in Donbass.

Metinvest, da noi contattata, ci ha riferito che stamattina gli operai di Mariupol erano ancora a lavoro, ma in caso di fermo delle miniere, hanno bunker e provviste in loco. Mentre le vendite sono già state fermate. Da qui il pericolo per le filiali italiane, che si forniscono solo dall’Ucraina. L’acciaio ucraino per l’alta qualità dovuta al ciclo integrale è perfetto soprattuto per ponti e e infrastrutture complesse. Infatti Metinvest è principale fornitore di acciaio di due eccellenze italiane big player nel mondo: Fincantieri e Cimolai.

È di Mentinvest l’acciaio usato da Cimolai per lo stadio Roland Garros in Francia, le paratoie del canale di Panama, l’Apple Park a Cupertino, il più grande telescopio ottico del mondo in Cile, la copertura di Chernobyl e il Plaza di Dubai. Mentre per Fincantieri ha fornito acciaio per le navi da crociera e da ultimo è di Metinvest il 95% di tutto l’acciaio usato per rifare il ponte Morandi di Genova. Di prima qualità è fornito in tempi record.

Paradosso, è di Metinvest anche l’acciaio usato da Cimolai a Taranto per la costruzione delle cupole giganti per la copertura dei parchi minerari Ilva. Che pur essendo la più grande fabbrica siderurgica di Europa con 10 milioni di capacità produttiva, non ne ha abbastanza da quando il governo italiano, entrato nella gestione, la tiene inspiegabilmente a mezzo servizio nonostante la domanda di acciaio alle stelle. Fabbrica che, essendo anche l'unica in Italia a fare produzione integrale in loco, dalla materia prima al prodotto finito, potrebbe giovarsi ancora di più del blocco delle aziende ucraine. E invece, notizia di oggi, mette per altri 12 mesi 3.500 lavoratori in cassa integrazione straordinaria.

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Annarita Digiorgio