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Davvero Discovery scommetterà sull'informazione italiana?

Il mondo della Tv in subbuglio per le voci di una possibile entrata in campo nel settore del nuovo canale simbolo del piccolo schermo di oggi in un settore dove altre big stanno facendo passi indietro

Pare che gli investimenti siano impressionanti, addirittura colossali. Del resto, il gruppo Warner Bros. Discovery è il terzo editore nazionale dopo Rai e Mediaset, nel 2023 ha registrato il migliore anno di sempre con l’8,6% di share nelle 24 ore e il Nove che traina tutti gli altri canali. Ah, lo guardano gli italiani tra i 34 e i 54 anni che vivono al Nord e al Centro e hanno un’istruzione superiore. Per questo (e molti altri motivi), entro il 9 giugno i top manager di DWB dovranno decidere: se lanciare davvero la sfida dell’informazione in Italia entro il 2025 oppure lasciar perdere. L’unica notizia certa è che se lo faranno sarà in grande ma, intanto, è partito il toto capo delle news. Del resto l’AD Alessandro Araimo lo aveva dichiarato molti mesi fa: «L’arrivo di Fabio Fazio per noi è un punto di partenza, non un traguardo». La promessa di premere l’acceleratore è stata mantenuta con il trasferimento di Amadeus per 10 milioni di euro in 4 anni (vedremo quali meraviglie porterà in dote in autunno), ma al momento, oltre a Che tempo che fa, sul Nove funzionano la leggerezza di Don’t forget the lyrics di Gabriele Corsi e quel solito genio-pioniere della migrazione che è stato Maurizio Crozza. Sì, ma il tg? Chi segue Fazio conosce ormai anche Ben Wedeman, l’inviato in Medio Oriente di Cnn che ogni domenica apre la finestra sul quel che succede nel mondo ed è giusto un antipasto di quello che potrebbe diventare la collaborazione con il gigante all news di Atlanta che ora si limita a produrre solo pillole quotidiane di 5 minuti. In ogni caso, se arrivasse l’ok per un telegiornale sarebbe come ha anticipato Repubblica «un tg molto leggero, una sorta di Ansa illustrata». Se sarà informazione, dunque, sarà «veloce, snella, equilibrata e presente sia sul piccolo schermo che sul web».

Allora ci sarebbe bisogno di un direttore esperto, «conoscitore di tv, internet e di tutte le applicazioni dell’intelligenza artificiale». Praticamente, in tempi di redazioni svuotate e giornali chiusi rovinosamente WBD andrebbe in controtendenza investendo sull’informazione e separandola dall’intrattenimento puro. Se così fosse si tratterebbe di una scelta rivoluzionaria precisa in un momento storico in cui nessuno ha più il coraggio di mettere in piedi un nuovo polo giornalistico proprio perché ha costi altissimi e rendimenti vani. Chissà che cosa hanno in mente loro e se, davvero, immaginano un altro modo di fare gli editori.

Così si comincia a fare scommesse sui “parametri zero”, cioè su chi ha come nel calcio-mercato, un contratto in scadenza. Per questo, i riflettori sono puntati su Enrico Mentana, da 14 anni a La7, ultimo giorno contrattualizzato il 31 dicembre 2024. All’inizio ha smentito, ma un giorno ha detto: «Lavorerei molto volentieri in una rete televisiva con Amadeus, ma non mi immagino una Rai povera senza di lui». Però, a 69 anni compiuti il 15 gennaio, sarebbe pure in età pensionabile. O no? Altro nome in lizza, Giovanni Floris, 56 anni, giornalista misurato e di una professionalità specchiata. Eppoi ci sarebbe anche Sigfrido Ranucci, 62, che con viale Mazzini cova malumori e discussioni assai animate.

Fiorello, l’ultimo attendibile vero insider della tivù, si è spinto anche più il là: «La Warner sta trattando per acquistare il polo giornalistico de La7. Mentana ha già il cartellino con la scritta ‘scontato del 20%’, è già in partenza. Appena si comprano l’informazione hanno fatto già il terzo polo: Rai1, Canale 5 e il Nove“. Rapida la risposta di La7 su X: «Caro Fiore, noi stiamo bene qui. Abbiano anche un bel divano e per te c’è sempre posto». Possibile?

Ora. Se il Nove resta il canale in chiaro dell’intrattenimento facile, potrebbero arrivare forse anche Barbara d’Urso e Belen Rodriguez. Mentre nei progetti del prossimo anno, quando cioè per Discovery scadranno gli accordi in esclusiva con Sky, sembra ci sia Max, la piattaforma streaming a pagamento che attinge dall’archivio monumentale dei film di Warner Bros e dalle serie di Hbo (dai Sopranos, a Sex & the City, a Game of Thrones, a Succession) ai quali si aggiunge il canale sportivo Eurosport. Con questa operazione WBD avrà come Netflix un luogo magnifico da offrire al telespettatore evoluto che preferisce scegliersi il suo palinsesto e abbuffarsi di binge watching e, a quel punto, potrà concentrarsi sullo shopping in Italia fino a costruire il famoso Terzo Polo televisivo da contrapporre a Rai e Mediaset. Già, ma perché Urbano Cairo dovrebbe vendergli La7? Forse per entrare in politica, dicono a Sinistra. Mancherebbe solo Tv8, edita da Nuova Società Televisiva Italiana (gruppo Sky Italia) e sarebbe l’ultimo colpaccio per conquistarsi i tasti 7, 8 e 9 del telecomando. Il che potrebbe trasformare la tivù italiana in un laboratorio creativo effervescente dove la concorrenza sarebbe in grado di offrire, finalmente, programmi favolosi. Sempre, però, che non si mettano di mezzo i soliti potentissimi agenti delle star tricolori dettando precisi ordini di scuderia per ricomporre il puzzle delle influenze e drogare, come d’abitudine, il mercato. Auguri.

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Ilaria Bellantoni

Avrebbe dovuto fare la maestra di sci, invece si è messa a scrivere. Duraniana e juventina, è famosa per fare domande imbarazzanti in ognuna delle quattro lingue che conosce. Laureata vanamente in scienze politiche, si occupa da sempre di costume e spettacolo e ha lavorato come caposervizio a Max, Myself, Glamour, GQ e Vogue Italia. Ha due figli (Berenice e Vittorio) e un golden retriever (Rio). Dopo aver pubblicato un libro, Lo chef è un Dio (Feltrinelli), è stata ghost writer di celebrità e politici e porta in giro il Festival della Parola Reloaded. Vive a Milano, ma sogna di trasferirsi in una villa a Ko Phangan. O in una baita a Courmayeur.

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