Donna Summer: la vera storia della Disco Queen
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Donna Summer: la vera storia della Disco Queen

"Donna Summer - La voce arcobaleno. Da disco queen a icona pop" è un libro essenziale per tutti gli amanti della disco music e della vocalist di Bad Girls, Hot Stuff, I Feel Love e Love to love you baby

La regina della Disco Music, ma anche la donna e la sua personalità, i due volti di una diva senza tempo mancata prematuramente a soli 63 anni. Non è una semplice biografia Donna Summer - La voce arcobaleno. Da disco queen a icona pop, il bel libro di Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano, impreziosito da interviste esclusive alla cantante e ad altri personaggi a lei vicini.

Qui sotto, due estratti dal libro che rivelano dettagli importanti per comprendere chi era veramente LaDonna Adrian Gaines.

La genesi del super hit mondiale “Bad Girls”

Alcuni giorni dopo, all’apice del successo, Giorgio si fa fotografare immerso nella Jacuzzi della sua villa di Beverly Hills mentre tiene tra le mani una copia fresca di stampa del settimanale Newsweek datato 12 aprile‘79, ritraente in copertina nientemeno che la sua beniamina, una raggiante Donna Gaines, in arte Summer. “Disco Takes Over” (“La disco prende il sopravvento”), recita il titolo del popolare magazine: è l’apoteosi della disco music finalmente riconosciuta da discografici, critici, radiofonici e cantanti stessi come genere di valore, oltre che polo altamente redditizio nel mercato dell’industria discografica. Ma paradossalmente la sua sovrana, proprio in questo articolo, sembra prenderne le distanze: “prima di tutto sono una perfomer, non soltanto una disco performer… Neil Bogart ha visto volare dollari dalle sue tasche quando gli ho detto che volevo cantare rock ‘n’ roll e che, se si fosse rifiutato, me ne sarei tornata a cantare in chiesa!”.

A cosa si riferiva la Queen of Disco in quell’intervista? Un paio di anni prima la Summer, insieme ai suoi neo amici Brooklyn Dreams, aveva composto un brano di matrice rock di cui era particolarmente soddisfatta. Recatasi nello studio faraonico di Bogart per fargli ascoltare il demo, si sente da lui replicare: “è davvero un bel pezzo, ma per te non è adatto, perché non è disco music….diamolo a Cher!”. Delusa e indispettita, pur apprezzando molto la collega, Donna declina la proposta, e, tenendo il brano per sé, lo ripone in un cassetto. Lo riaprirà per caso a distanza di circa due anni un certo Steve Smith (che la cantante ringrazierà pubblicamente agli American Music Awards quando riceverà il premio per il “Miglior Singolo Pop”) , ingegnere del suono in forza alla Casablanca, il quale, nel riordinare lo studio di registrazione, incappa proprio in quel nastro e, rimanendone colpito, suggerisce a Donna di ripescarlo.

A quel punto, la Summer ci riprova: il 15 gennaio del 1979 confeziona un nuovo demo del pezzo e, poco dopo, torna in sala di incisione per registrarlo nella versione definitiva arrangiata da Harold Faltermeyer e mixata da Moroder, con ritocchi pop-funky, e l’aggiunta di quel“toot-toot, hey, beep-beep” diventato il marchio sonoro della canzone in questione, “Bad Girls”, che, oltre a dare il titolo al nuovo album, viene scelta come secondo 45 giri.“Mi sono sentita” rivela ironicamente Donna ai giornalisti di Newsweek riguardo l’odissea di questo brano, “quasi come una Maria Antonietta o una Giovanna d’Arco, grandi donne del loro tempo, costrette ad interagire con questioni ridicole e fraintendimenti”. I fatti le danno ragione: “Bad Girls” risulterà il singolo più venduto in assoluto (oltre due milioni di copie) della sua carriera agguantando, dalla metà di giugno, il numero uno della classifica di Billboard per cinque settimane non consecutive". "Neil Bogart" disse Donna Summer "ha visto volare dollari dalle sue tasche quando gli ho detto che volevo cantare rock ‘n’ roll!”.

2) L’ "attrice" Donna Summer non era il personaggio: la trappola di “Love To Love You Baby”

Time Magazine a fine dicembre del 1975, in un articolo intitolato “Show business: sex rock”, nel definire “Love To Love You Baby” come il brano più lascivo dell’airplay statunitense, non esita a descriverlo “una maratona di 22 orgasmi”, identificando la Summer come la pioniera di quel nuovo genere chiamato, appunto, ‘sex rock’.“ Lessi quel pezzo e rimasi sgomenta”, ricorda l’artista. “L’incessante battage pubblicitario della mia casa discografica volto ad inquadrarmi come dea del sesso anche nella vita reale mi stava facendo diventare matta.”La sovrapposizione tra personaggio e persona a cui la Casablanca punta strategicamente, impedisce quindi alla cantante di recitare quel ruolo di regina dell’eros senza esserne risucchiata a 360 gradi. Bogart per potenziare le vendite crea persino lo slogan “fate l’amore al suono di Donna Summer”, diffuso a tambur battente sia via etere sia nelle pagine promozionali pubblicate sui maggiori magazine di settore e non, fomentando la gente, ma alienando Donna.

Non riuscendo a stare al passo con quel vortice messo in moto sì dalla casa discografica, ma accolto in pieno dai media e dal pubblico, la star, pur felice per l ’improvvisa fama ottenuta, vive un forte disagio interiore che non esita ad esternare ad ogni intervista, spesso però senza essere presa troppo sul serio. L’ "attrice" non era il personaggio, ma nessuno voleva saperlo.I giornalisti (maschi) che, su di giri, fanno a gara per intervistarla aspettandosi di incontrare una vera mangiatrice di uomini magari vestita in maniera succinta e provocante, rimangono non solo a bocca asciutta, ma addirittura sorpresi di trovarsi di fronte ad una persona pensante. “Durante le interviste”rivela la stessa Donna nel boom di quel periodo,“alcuni mi fissano con aria stralunata immaginando che debba saltar loro addosso da un momento all’altro. È surreale. Ho inciso un disco, ma non ho venduto la mia anima”.

Testi tratti dal libro “Donna Summer - La voce arcobaleno. Da disco queen a icona pop” di Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano (Coniglio Editore, 2023)

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Gianni Poglio