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(Virgin Active)
Lifestyle

Luca Valotta: «Vi racconto i primi 20 anni di Virgin Active, e come saranno i prossimi»

Racconti, confidenze e filosofia non solo sportiva ma anche personale dell'uomo che è non solo la guida ma anche il segreto del successo dell'azienda leader in Italia nel mondo fitness

«20 anni sono tanti o pochi, a seconda di come li si guarda». Il tempo è la vera discriminate della vita delle persone ma anche delle aziende. Lo dimostra Virgin Active pronta a spegnere le famose 20 candeline sulla torta che sembrano tante visto l'impatto unico della società nel mondo del fitness (ma non solo) e allo stesso tempo sono pochi davanti ai cambiamenti ed alle innovazioni nate dalla testa soprattutto di Luca Valotta, molto più di un semplice ceo; un ispiratore, per primo sempre pronto a guardare avanti al futuro per essere sempre un passo avanti e, forse, sentirsi eternamente giovane.

«In ogni piano quinquennale l'obiettivo era non solo quello di performare in termini di risultati e la strategia era quella non solo di creare valore per gli azionisti ma anche per il brand e per il nostro business, quindi creare dei gap importanti nei confronti dei competitor, essere innovativi, dei driver di mercato, con le idee, le capacità e la dedizione. Come sai siamo subito partiti con i family club, poi siamo diventati villaggio fitness, poi il posto dove passare tempo, quindi non solo dal punto di vista dell'esercizio fisico ma anche dall'aspetto social, poi multi boutique concept, abbiamo portato esperienze di allenamento personalizzate con studi dedicati per ciascuna disciplina, poi c'è stata la digitalizzazione, il penultimo piano industriale prevedeva la piena digitalizzazione del nostro business».

È innegabile che voi in qualche modo siete entrati nella testa degli italiani... Il rapporto che l'italiano medio aveva con la palestra vent'anni fa era praticamente nullo, voi forse siete stati i primi che hanno contribuito a far cambiare questo atteggiamento.

«È proprio. Ricordo quando nel 2004 aprimmo a Genova e Bologna e gli italiani non credevano ai loro occhi. Erano abituati a spazi angusti, poco invitanti. In tutte le ricerche di mercato che facciamo sul nostro brand, abbiamo notato che i most loved facility sono la piscina e la spa, che hanno "poco" a che vedere con l'allenamento in palestra. Abbiamo aperto il mercato a una clientela trasversale. È uno spaccato della società».


Luca Valotta, COO Virgin Active

Quale sarà il prossimo piano di sviluppo?

«Siamo abituati a pensare che nelle multinazionali la sede italiana è quella più sfortunata. Virgin Active Italia invece è il gioiellino della corona, il meglio, l'azienda che ha fatto da traino, quindi siamo arrivati in anticipo rispetto ai tempi di altre nazioni. Nel prossimo piano andremo a consolidare quella che è stata la nostra esperienza di vent'anni, andando a creare il social wellness club, un club moderno, performante, sempre più con grandi spazi di coworking, socializzazione, nutrition... Il Covid ha cambiato tanto la società. Oggi abbiamo visto che il third-space, in alcuni stati sta diventando second-space, dopo la casa, visto che si va meno in ufficio; si stanno creando questi quartieri dove questo social wellness club è diventato un po' di riferimento per incontri, riunioni, lavoro, allenamenti. Questo è quello che proporremo. Un nuovo spazio sociale».

Dal punto di vista sportivo, mi sembra che siamo davanti a una fase in cui siamo diventati più meditativi e anche l'allenamento è centrato più sull'armonia, dell'equilibrio del fisico. Avete notato questo? E cosa fate per questo?

«Io sto notando tre cose: 1 lo sviluppo delle discipline olistiche, si tratta della categoria di allenamenti che va per la maggiore tra le donne 20-50 anni, i nostri corsi di pilates sono in lista di attesa costantemente; l'anno scorso abbiamo fatto più di un milione di presenze nel reformer pilates. In più lo yoga ogni anno acquista praticanti ed interesse. 2 la parte di lifting pesi è un trend che viene dall'esperienza dei personal trainer e da Instagram, che ha portato stravolgimenti nell'allenamento e nella bellezza. Sono tornati preponderanti nell'allenamento di tutti (nuove generazioni e non). Tutta la parte di tonificazione legata al lifting, anche allenamenti intensi. Oggi il canone estetico delle fitness model arrivano per lo più dal Sudamerica e li hanno il trend di questo tipo di allenamento: in Europa e nel resto del mondo sta avendo una curva di crescita, a differenza del cardio, che non è più centrale. 3 il wellbeing, il fatto che oggi conta di più stare bene con se stessi che avere un fisico scolpito, e il tema della longevity. Le persone si sono rese conto durante la pandemia, che è stato meglio affrontarla in salute che con cattive abitudini. Il concetto importa non solo quanto a lungo vivi ma come vivi».

Quali sono i paesi dove si fa più fatica e perché l'Italia è più avanti?

«Partiamo da un concetto tipico italiano: ci piangiamo sempre addosso, e si dice spesso "fare impresa in Italia è molto difficile, perché sono tutti col fucile puntato, la burocrazia..." in realtà se hai un progetto giusto, innovativo, serio, finanziato bene, tratti bene le persone che hanno piacere a lavorare nel tuo progetto e hai una solidità nei rapporti umani con i vari stakeholder, anche le città stesse che si sono aperte a questi progetti. Se le cose sono fatte per bene l'Italia è un mercato dove si può fare molto, anche nell'industria dei servizi siamo riusciti a lavorare bene. In altri paesi non siamo riusciti a diventare il brand di riferimento, non perché il mercato sia diverso ma per le variabili competitive. Qui siamo brand di riferimento. Un po' è stata sempre la mia ossessione: mi è sempre piaciuto che quando si pensasse alla salute in Italia, il benessere etc, si pensasse a Virgin Active, ed oggi posso dire che ci siamo riusciti. In altri paesi purtroppo non siamo riusciti e in quelli dobbiamo remare un po' di più.

Come la vivi il tuo essere manager sempre più centrale, con sempre più responsabilità e nuove cose, restando però in equilibrio?

«Io sono stato un privilegiato. Ho avuto una vita professionale pazzesca, più bella e soddisfacente di quello che mi aspettavo dopo l'università e devo dire che me la sono guadagnata ogni giorno. Nessuno mi ha regalato nulla, non vengo da una famiglia importante, me la sono guadagnata e quando lo sai che ti sei guadagnato le cose da solo è molto soddisfacente. La seconda cosa che ho sempre notato, è che lavorare per me è difficile, però vedo che è un piacere, perché le persone hanno avuto un turnover negli anni molto basso. E anche quando ho perso dei validi collaboratori è stato perché ci siamo accorti di aver esaurito quello che potevamo dare l'uno all'altro. E la stessa cosa l'ho sempre pensata per me: se mi accorgo di essere un esempio per i ragazzi che lavorano, per chi si prendere responsabilità nuove e se riesco a darvi valore, bene; altrimenti preferisco ringraziare tutti umilmente ma andare a fare altro. Questo mi tiene sempre motivato, anche se i momenti di stanchezza e di sacrifici iniziano a pesare un po'».


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Andrea Soglio