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(Ansa)
Economia

Superbonus, la «mina» lasciata da Conte al governo Meloni

Una spesa di quasi 100 mld che pesa come un macigno sulle casse dello Stato costringendo l'esecutivo a leggi finanziarie d'emergenza

È la miglior mossa che un politico potrebbe fare per danneggiare un avversario che ha vinto le elezioni: lasciargli da risolvere un problema talmente grande da impedirgli di governare come vorrebbe. Ed è proprio questo il risultato ottenuto da Giuseppe Conte ai danni del governo di Giorgia Meloni, anche se probabilmente non era l’intenzione del leader dei 5 Stelle trasformare il Superbonus 110% in un gigantesco buco nero nei conti dello Stato. Ma sta andando esattamente così. E ora i programmi del governo sono condizionati da una spesa di oltre 120 miliardi necessaria a coprire gli sconti fiscali previsti dai bonus edilizi, una cifra che continua a lievitare sbriciolando tutte le previsioni.

Che cos’è il Superbonus 110%

È una misura di incentivazione introdotta il 19 maggio 2020 dal governo Conte II, composto da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva. Prevede che per una serie di interventi di ammodernamento e di miglioramento energetico degli edifici, i proprietari della casa o del condominio possano ottenere una detrazione fiscale del 110% sulla spesa sostenuta.

Il Superbonus si applica alle spese sostenute a partire dal 1º luglio 2020 fino al 30 giugno 2022 anche se poi c’è stata una piccola proroga: dal 2023 lo sconto è passato dal 110% al 90% per tutti, ma per le villette è stata prorogata al 31 dicembre la scadenza per usare il 110% se hanno fatto almeno il 30% dei lavori entro settembre 2022.

Per ottenere la detrazione fiscale del 110% era necessario che le spese sostenute riguardassero uno dei seguenti interventi: isolamento termico; sostituzione di impianti di climatizzazione invernale esistente con impianti più ecologico; riduzione del rischio sismico.

Paga Pantalone

Chi ha commissionato i lavori aveva davanti tre possibilità: detrarre le spese in dichiarazione dei redditi in cinque quote annuali di pari importo e, per la parte di spesa sostenuta nell’anno 2022, in quattro quote annuali di pari importo; oppure ottenere uno sconto anticipato da parte dei fornitori, che a loro volta metteranno la spesa in detrazione; infine cedere il credito a terzi, tipicamente una banca.

Le intenzioni del governo Conte potevano anche essere buone: varare una misura shock per stimolare l’attività edilizia in piena emergenza Covid e allo stesso tempo migliorare il patrimonio edilizio nazionale. Un intervento straordinario che si affiancava ad altri bonus, come quello per il rifacimento delle facciate o per interventi ecologici più limitati. Ma nessuna di queste misure arrivava ad garantire uno sconto del 110%. Ed è evidente che offrire la possibilità ai proprietari di case non solo di avere un forte sconto sui lavori, ma addirittura di non spendere nulla e di incassare il 10% in più, avrebbe creato delle distorsioni gigantesche a spese dello Stato. La ragione è banale: con il Superbonus viene eliminata qualsiasi ragione per contrattare il prezzo dei lavori, cliente e fornitore sono dalla stessa parte e chi paga è Pantalone.

Impatto modesto sul Pil

Ma oltre a ciò, gli altri obiettivi che il governo Conte si era dato per giustificare la misura non sono stati raggiunti. L’impatto sul Pil è stato modesto, poche le case ristrutturate e scarso l’effetto finale sulle emissioni di CO2. Secondo i dati dell’Enea, il Superbonus 110%, dal momento della sua introduzione (luglio 2020) fino a dicembre 2022, è costato 68,7 miliardi e ha attivato 62,5 miliardi di investimenti. L’Osservatorio conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano in un articolo pubblicato all’inizio di marzo 2023 sostiene che «il Superbonus ha contribuito ad incrementare la crescita del Pil dello 0,5 per cento nel 2021 (su una crescita totale del 7 per cento) e dello 0,9 per cento nel 2022 (su una crescita totale del 3,7 per cento). Si tratta di incrementi importanti, ma non tali da consentire di attribuire al Superbonus il grande rimbalzo dell’economia italiana dopo le chiusure del 2020». Secondo l’Osservatorio, il bilancio del superbonus per lo Stato è ben lungi dal pareggio: basandosi sui dati a fine 2022, stima che su una spesa di 68,7 miliardi ne siano rientrati, sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali, poco meno di 14. Inoltre solo poco più del 2% degli edifici è stato interessato dal Superbonus e per di più a guadagnarci sono state le classi più abbienti visto che era possibile ristrutturare gratuitamente anche seconde case e ville in località turistiche. Sicuramente la misura ha dato una spinta al settore dell’edilizia. Ma come spesso accade quando lo Stato interviene con una misura che distorce le regole del mercato, alla fine si paga un prezzo: investita da un’improvvisa ondata di richieste, l’edilizia ha risposto assumendo personale meno qualificato, creando piccole società di bassa qualità e lasciando margini di manovra ai furbetti che hanno presentato fatture per lavori inesistenti. Si calcola che i crediti d’imposta sospettati di essere oggetto di truffe per quanto riguarda il solo Superbonus sarebbero oggi pari a 2,5 miliardi di euro a cui si aggiungerebbero quelle per gli altri bonus per un decina di miliardi. E dopo la bolla sicuramente ci saranno i pianti delle aziende che, a corto di lavori e con più dipendenti, dovranno chiudere.

Un freno al governo

Sia il governo Draghi sia il governo Meloni sono intervenuti per modificare le norme del Superbonus e gli altri bonus edilizi. A febbraio l’attuale esecutivo ha deciso di bloccare la cessione dei crediti d’imposta visti gli ingenti costi per le casse dello Stato. E ha stabilito che dal 1° gennaio 2024 l’agevolazione scenderà dal 110 al 70%.

Intanto però gli oneri a carico dello Stato hanno superato i 120 miliardi di euro, considerando tutti i bonus. Cifre che eccedono le previsioni fatte dalla Corte dei conti e da altri organismi. Il bonus facciate introdotto nel 2020, con uno sconto del 90 doveva costare 5,9 miliardi, invece ne costa 26, mentre per il Superbonus 110% si stimava una spesa di 35 miliardi, e invece siamo a circa 100. E la macchina infernale non si può ancora fermare, perché molti lavori iniziati mesi fa sono fermi, le imprese non riescono più a cedere i crediti acquistati in eccesso e non hanno la liquidità per andare avanti. A fine luglio mancavano ancora 20 mila condomini da finire, con lavori per 20 miliardi.

All’ultimo Forum Ambrosetti, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato: «Faremo una legge di bilancio prudente e che tenga conto delle regole di finanza pubblica. Dei 100 miliardi del Superbonus, questo governo ne ha pagati 20 e altri 80 sono da pagare, ma tutti hanno mangiato e poi si sono alzati dal tavolo». Difficile dargli torto.

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Guido Fontanelli