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Economia

La giustizia sportiva rischia di essere trasformata dal caso Seraing

Una corte d'Appello di Bruxelles ha negato la competenza del Tas di Losanna come giudice ultimo delle controversie nello sport. Una bomba come la sentenza Bosman?

A ventitré anni dalla vicenda Bosman che, a colpi di ricorsi e sentenze, cambiò per sempre il mondo del calcio cancellando i limiti di trasferimento per i giocatori all’interno dell’Unione Europea, un altro tribunale belga rischia di far crollare tutto l’ordinamento della giustizia sportiva. Cancellata in nome della negazione della competenza unica del Tas (Tribunale Arbitrale dello Sport) di Losanna come giudice ultimo delle controversie nate all’interno del mondo dello sport.

Da una parte la potente Doyen Sports Investments con il suo giro d’affari da centinaia di milioni di euro, dall’altra Uefa e Fifa. Con un nome che torna rispetto alla vicenda Bosman del 1995: Jean-Louis Dupont, avvocato che affermò, vincendo, i diritti del centrocampista belga da lui rappresentato facendo equiparare i calciatori a qualsiasi altro lavoratore europeo e che oggi è nel team che prova a far valere le ragioni dell’RFC Seraing, piccolo club proprietà di Doyen, al centro di una controversia per aver violato il divieto di TPO (Third-Party Ownership) vendendo i diritti di tre calciatori al fondo Doyen.

Le tappe della vicenda

Storia nata nel gennaio 2015, con la cessione per 300mila euro dei diritti sportivi degli atleti al fondo pur essendo la pratica delle TPO bandita dal 2014 per volere della Fifa. Per il Seraing l’inizio di un procedimento concluso davanti al Tas di Losanna con la messa al bando per tre finestre di mercato e una sanzione da 150mila franchi svizzeri (130mila euro).

Battaglia persa da Doyen in tutti i gradi di giudizio dell’ordinamento sportivo, ma spostata poi davanti alla Corte d’Appello di Bruxelles che lo scorso 29 agosto 2018 ha sentenziato che le clausole arbitrali contenute negli statuti Fifa e Uefa, recepite dalle varie federazioni, che impongono la giurisdizione del Tas per risolvere le controversie di carattere internazionale, sono incompatibili con il diritto comunitario. Illegali perché violano l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (“Diritto a un equo processo”) e l’articolo 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE (“Diritto al ricorso a un giudice imparziale”).

Il Tribunale entrerà nel merito della vicenda Seraing nei prossimi mesi, ma le 25 pagine del pronunciamento della Corte d’Appello di Bruxelles hanno aperto a riflessioni sulla tenuta dell’ordinamento della giustizia sportiva e sulla sua indipendenza rispetto ai sistemi ordinari di ciascun Paese. Quel reticolo di clausole che garantisce al mondo dello sport (non solo il calcio) di muoversi dentro regole internazionali uniche con certezza dei tempi, senza doversi declinare per ciascun sistema nazionale.

La pagina iniziale della sentenza della Corte d'Appello di Bruxelles - 6 settembre 2018

Le possibili conseguenze

La sentenza di Bruxelles rappresenta solo un primo pronunciamento di un tribunale locale e non ha, dunque, alcun valore al di fuori del Belgio. Quindi l’allarme non è imminente, però va anche ricordato come pure la vicenda Bosman partì come un fuoco locale per trasformarsi alla fine in incendio che consumò uno dei pilastri della normativa calcistica del secolo scorso.

In linea teorica, se il principio affermato dalla Corte d’Appello belga fosse portati (con successo) fino alla Corte di Giustizia europea si assisterebbe alla perdita di potere della giustizia sportiva. Il crollo delle clausole compromissorie, spesso discusse, sui cui si basa il principio per cui le normative e controversie del mondo sportivo vengono giudicate all’interno del mondo stesso senza passare per tribunali ordinari. Si tratta delle TPO da cui è partito tutto, ma ci si potrebbe allargare al Fair Play Finanziario dell’Uefa, al doping e a qualsiasi norma o squalifica visto che al Tas fa riferimento tutto lo sport mondiale e non solo le confederazioni calcistiche.

Davvero si rischia la rivoluzione stile Bosman?

Gli esperti di diritto sportivo non hanno un approccio unico sulla questione. “Un principio di diritto è stato rilasciato e se si arrivasse alla Corte di Giustizia europea il risultato inevitabile sarebbe lo smantellamento dell’ordine così come lo conosciamo” spiega Carlo Rombolà, avvocato che si occupa di diritto sportivo. Analogie col 1995? “Il percorso è ancora lungo, ma la potenzialità di una pronuncia che potrebbe ribaltare come un guanto lo stato attuale delle cose è la stessa e non mi sorprenderebbe se, in quel caso, si mettessero in discussione anche capisaldi della normativa calcistica internazionale come il bando delle TPO o le regole del Fair Play Finanziario Uefa” prosegue Rombolà secondo il quale “delegittimare il Tas significherebbe cancellare una conquista di questi decenni, ovvero l’esistenza di un organismo indipendente che è garanzia di equità in quanto indipendente dal 2003 dal Cio e alcune alle parti che vi si rivolgono”.

“Ritengo che i timori siano eccessivi perché già in passato ci sono state sentenze che hanno affrontato il tema riconoscendo la validità delle clausole arbitrali su cui si fonda la giustizia sportiva del Tas” è il parere di Angelo Cascella, arbitro del Tas di Losanna e avvocato in diritto sportivo. La Corte federale tedesca, ad esempio, rigettò il ricorso della pattinatrice plurimedagliata Claudia Pechstein ribandendo che quello davanti al Tas è un giusto processo. “Il rischio di uno stravolgimento è solo potenziale – prosegue Cascella -. È da dimostrare che si riesca a sostenere le stesse tesi accolte in questo momento a Bruxelles anche davanti a un organismo sovranazionale che a quel punto diventerebbe precedente per tutti”. Una strada stretta e in salita. Ma Doyen e l’avvocato Dupont hanno messo a segno un primo gol e da qui in poi sarà utile seguire da vicino la storia del piccolo Seraing.

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Giovanni Capuano