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(Ansa)
Economia

Imporre una sola tecnologia; il grande errore degli eurocrati sull’auto elettrica

La decisione di fermare la vendita di vetture diesel e benzina dal 2035 mostra i soliti limiti di Bruxelles

Il grande Giorgio Gaber sosteneva che gli italiani sono troppo appassionati e per questo affrontano ogni questione come un derby calcistico. Aveva ragione e lo dimostra anche la questione delle auto elettriche e della forzata conversione che ci tocca fare entro il 2035, una manovra usata fino all’ultimo come manifesto elettorale dalla sinistra (nonostante costi del tutto impopolari delle auto a batteria), che oggi viene sconfessata persino da ex euro-entusiasti con l’idea di costruire auto cinesi in Emilia Romagna, come Romano Prodi. Ma nell’imporre l’elettrico c’è un rischio tanto subdolo da sfuggire anche ai più appassionati del tema, ma che rischia di costituire il peggiore tra i pericoli per il futuro del settore automobilistico. Si tratta dell’imposizione per legge di una tecnologia sulle altre anche se questa non è la migliore e neppure la più promettente. Una breve spiegazione aiuta a capire meglio il concetto: se vengono imposti dei tempi entro i quali deve essere realizzata la conversione dall’endotermico all’elettrico, e l’unico modo oggi è usare le batteria, allora i costruttori cercheranno giocoforza di applicare la tecnologia disponibile in quel momento e tralasciare le altre, come le ibride di vario tipo, che seppure costituiscano un obbrobrio dal punto di vista energetico, poiché ogni conversione di forma d’energia comporta una perdita di efficienza, consentono la riduzione emissioni e consumi nel breve periodo. Oggi purtroppo la tecnologia possibile prevede l’uso di batterie ricaricabili e queste sappiamo essere inquinanti nella loro produzione e nello smaltimento, nonché devastanti per l’ambiente per la ricerca di terre rare. Ma per venderci auto i cui accumulatori durino sempre più chilometri, le case dovranno concentrare investimenti e ricerca sull’aumento delle prestazioni in fatto di “densità di energia”, ovvero ciò che porta le batterie a raggiungere maggiore capacità e durata, tralasciando ogni altra possibilità come celle a combustibile di piccole dimensioni, i super condensatori, i generatori d’energia ad alta efficienza, eccetera. Invece, ogni tecnica per arrivare allo scopo finale meriterebbe di evolvere e trovare la sua nicchia di mercato fino a quando non viene soppiantata da un’altra ritenuta migliore. In altre parole, se l’elettrico è “meglio” deve esserlo senza la necessità di rivoluzionare le reti di distribuzione dell’energia per seminare ovunque colonnine, altrimenti, semplicemente, meglio non è. Pensiamo per esempio alle automobili elettriche definite “senza spina” proposte da Honda e Nissan: si tratta di automezzi che trasportano un generatore di corrente, ovvero un motore termico, ma questo ha dimensioni via via sempre più piccole con il passare del tempo e consumi sempre più ridotti poiché gira a velocità costante e al ritmo che consente il miglior rapporto tra coppia prodotta e consumo, al solo scopo di muovere il generatore. Per qualsiasi fisico una idiozia, ma alla fine se andiamo a misurare il consumo di carburante per chilometro percorso in elettrico.

Lo stesso errore del passato

La storia della tecnologia moderna ci insegna che spesso a imporsi sul mercato non è il migliore sistema, bensì quello più disponibile nel momento dell’incremento della domanda. Ricordate le videocassette Vhs? Ebbene, qualitativamente il sistema era molto inferiore ad altri standard video, ma offrì il miglior compromesso per facilità d’uso e tempi d’arrivo sul mercato quando, alla fine degli anni Settanta e fino ai Novanta, esso costituì il sistema principe per registrare e guardare film a casa propria a un costo accettabile, sebbene inizialmente un videoregistratore costasse anche un milione di lire e successivamente anche meno di cento euro. Ma in un mercato infinitamente più grande e complesso come quello automobilistico l’imposizione di tempi e, di conseguenza, di una sola tecnologia, rischia di fare grossi danni e bloccare lo sviluppo di tutte le altre tra le quali, probabilmente, si nasconde la migliore o, probabilmente, il suo embrione. Avremo relativamente in fretta, batterie migliori, lentamente anche prive di metalli rari, ma non potremo mai fare quel salto tecnologico che potremo definire risolutivo. Faremo, insomma, lo stesso errore fatto con i videoregistratori, ma a ben guardare anche con gli pneumatici.

Come ci comporteremo

Che gli eurocrati non abbiano affatto considerato gli effetti collaterali della loro decisione di proibire la vendita di auto con motore endotermico dal 2035 – ma non la costruzione per altri mercati definiti sempre emergenti – è già evidente dai segnali che i consumatori lanciano attraverso il loro comportamento. A fronte del fatto che diversi costruttori hanno già annunciato come si comporteranno e già nel 2030 non venderanno più auto diesel e benzina nel vecchio continente, noi automobilisti faremo ogni cosa pur di avere una vettura che offra meno limitazioni possibili rispetto a quelle attuali, oppure cercheremo di acquistarne una endotermica più tardi possibile rischiando di subire le limitazioni alla circolazione che ci saranno certamente, a meno di una decisa presa di posizione del governo per uniformare le regole in tutto il Paese. Questo provvedimento probabilmente provocherà in tutta Italia una grande richiesta di vetture endotermiche usate di classe di emissione avanzata, magari anche rimesse in condizioni perfette grazie allo sfruttamento dei ricambi, arrivando alla creazione di mercati alternativi e centri nei quali si ricondizioneranno le auto che oggi consideriamo quasi nuove. A quel punto il divario tra nazioni aumenterà poiché in talune l’orografia del territorio e l’economia renderanno conveniente una tecnologia, mentre i altre sarà l’opposto. Insomma, Bruxelles non impara dalla storia e compie sempre gli stessi errori: cercare di uniformare e razionalizzare ciò che per sua natura non può esserlo: l’umano e le sue necessità.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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