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(Ansa)
Tecnologia

Vendite auto Ue; elettrico sale del 66% a giugno ma è presto per parlare di rivoluzione

Nell’Unione europea le immatricolazioni di auto elettriche a giugno sono state 158.252, il 66,2% in più dello stesso mese dell’anno prima. Nonostante questo Acea continua a dichiarare quanto sia ancora lontano un mercato globale e affermato come prima della pandemia

Una rondine non fa primavera, tuttavia in Europa qualcosa si muove a proposito del mercato delle auto elettrica: in Area Ue, Efta (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.) e Regno Unito ha segnato un incoraggiante 18,7% in più dello stesso mese del 2022 con 1.265.678 immatricolazioni che portano il primo semestre dell’anno a registrare 6.588.937 unità, con un incremento del 17,6% sul 2022.

La parte più significativa dei dati dichiarati da Acea è che nell’Unione europea le immatricolazioni di auto elettriche a giugno sono state 158.252, il 66,2% in più dello stesso mese dell’anno prima, pari a una quota di mercato del 15,1% a fronte del 10,7%. Cavallo di battaglia Tesla, che immatricolando 47.606 esemplari vede una crescita del +105%. Nonostante questo Acea continua a dichiarare quanto sia ancora lontano un mercato globale e affermato come prima della pandemia, seppure un’analisi dei dati porti a notare come il Regno Unito guidi la classifica con +25,8% seguito dalla Germania, +24,8%. L’Italia è al +9,9% preceduta da Francia e Spagna che oscillano tra +11 e +13%.

Certamente la diffusione delle elettriche, partendo da cifre molto modeste, in percentuale segna la maggior crescita, che a livello continentale arriva a +5% sull’anno precedente. Anche le ibride plug-in tornano a crescere, +13,4%, specialmente in Spagna e Francia, ma su totale delle immatricolazioni scendono al 7,9%. Che non si tratti di una “accettazione” da parte del pubblico quanto di effetto delle politiche fiscali è dimostrato dal fatto che le auto termiche a benzina aumentano la loro quota dell’11% e le ibride non ricaricabili al 24,3%. Bastonato dai provvedimenti green, calano le scelte del diesel, che si riduce del 9,4% fino al 13,4%.

Riguardo l’Italia, diversi media, dando voce a rappresentanti dell’industria, sostengono che nel nostro Paese non si comprano auto elettriche per ignoranza e per mancanza di incentivi. Sarà in parte vero, ma approfondendo un po’ si scopre che gli italiani, oltre ad avere meno soldi da spendere, hanno capito che pagare di più per avere meno libertà (di parcheggio, rifornimento, autonomia), non è un grande affare. Certamente arriverà il momento che a listino ci saranno soltanto Bev e Ibride, ma per allora si spera che le modalità di ricarica saranno migliorate. In generale, forse ci troviamo di fronte a un momento particolare nel quale le rassicurazioni politiche di voler applicare una visione meno talebana della transizione energetica portano il mercato a evolvere positivamente, salvo laddove non è soltanto il tipo di motore a essere perseguitato, quanto proprio la presenza fisica delle vetture in giro, come a Milano e Roma.

Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione e Confcommercio Mobilità, commenta: «Secondo le indagini svolte e il sentiment acquisito da parte degli utenti, la difficoltà di acquisto di auto elettriche ad oggi è data da numerosi problemi tecnici ed economici. Sicuramente il primo di questi fattori frenanti nell’immatricolazione di auto elettriche è rappresentato dal prezzo elevato medio di un’auto a trazione elettrica rapportato alla capacità di spesa media degli italiani. A questo problema si aggiunge l’incertezza sul valore residuo dei veicoli, la scarsa disponibilità di infrastrutture di ricarica lungo tutto il territorio italiano, il dubbio che il costo di una ricarica elettrica finirà per pareggiare il costo di un pieno di carburante. E per finire, ma non meno importante, vi è il problema della scarsa autonomia di questi veicoli influenzati dalle caratteristiche del suolo e del territorio, dall’uso di aria condizionata nelle giornate afose, dalle abitudini di guida dell’utente e dal peso del carico trasportato, soprattutto nel caso di mezzi commerciali».

I dati di mercato secondo i gruppi automobilistici

Riguardo i singoli gruppi, a giugno Stellantis ha visto immatricolati 210.495 veicoli (-2,5% sul 2022) con Peugeot a -6,4%, Fiat -11,9% e Citroën -6%. Ma in controtendenza altri marchi: Opel/Vauxhall a +2,2%), Jeep a +16%, DS +3,6%, Alfa Romeo ottimamente a +63,1% e Lancia a +16,9%. Bene anche Maserati (+54,2%). Il segnale è preciso, chi può spendere lo fa sui premium, che non può non riesce a permettersi auto di fascia media. Renault ha registrato un +3,5%, mentre Dacia perde segnando +6,1%, ma Alpine cresce a +78,5%. E Volvo torna a stupire con +69,2%, mentre crescono anche Jaguar Land Rover con +15,3% e Ford a +32%. Dall’asiatica si apprende che Hyundai-Kia sale del +4,8%, Toyota dell’11,3% trainata da un +168,5% di Lexus e +6% del marchio madre. Nissan cresce del 28,4%, la Mazda dell’82,1% e Suzuki del 51%, mentre Honda cala del 6,2% e Mitsubishi del 10,9%. Non si lamentino neppure i tedeschi: Volkswagen è a +26,8% sul 2022, con Audi che segna +43,4%, +25,6% per Skoda, +19,4% per Seat, +27,6% per Cupra e +22,7% per Porsche. Ma c’è una sorpresa: cala Lamborghini (-1%) con Bentley. Il gruppo Bmw è al +15,8%), Mercedes-Benz a +7,8% del quale il +32% è merito di Smart.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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