Antonio Carnevale, 'I santi muti'
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Antonio Carnevale, 'I santi muti'

Storia d'un travet e d'una "trave filosofica", con un po’ di Maigret e un pizzico di noir

di Roberto Barbolini

Falsi profili su Facebook, identità mentite su Twitter, ma anche l’innocente uso d’un nickname: forse non ci si fa abbastanza caso, ma l’era del web sta democratizzando e trasformando in automatismo di massa un tema cruciale nella letteratura di tutti tempi, quello del doppio che, dall’Anfitrione di Plauto al Sosia dostoevskijano, da Edgar Allan Poe a Jorge Luis Borges, serpeggia come un’inquietudine ricorrente. Proprio perché internet ha sdoganato fino all’inflazione la doppia vita e la multiidentità, è importante continuare a misurarsi con l’imprendibile gioco tra l’essere e l’apparire. Lo fa, con estro e originalità, Antonio Carnevale al suo esordio narrativo con I santi muti, che la Zandonai editore manda in libreria in questi giorni.

Tutto ruota attorno all’azzeccata figura del protagonista: Ortensio Montiglio, vigile urbano fresco di pensione, è un personaggio che sarebbe piaciuto a Georges Simenon, uno di quegli Arsène Dupont o Philippe Bernard che il commissario Maigret, inesausto "accomodatore di destini", amerebbe amabilmente torchiare al Quai des Orfèvres, tra una pipatina e un calvados alla Brasserie Dauphine. Ortensio Montiglio è un uomo comune, un tranquillo pantofolaio che vorrebbe solo starsene in poltrona a sfogliare la sua collezione completa dei Maestri del colore, ma una serie di circostanze all’inizio banali (cosa c’è di più banale del tradimento d’una moglie?) trascinano questo precario monumento alla stabilità in un vortice senza via d’uscita, svelandogli il volto meduseo d’una realtà d’intrighi e delitti. Un mondo dove nessuno è soltanto quello che dice di essere. Eccetto lui, Ortensio Montiglio, che cerca affannosamente il bandolo d’una matassa sempre più aggrovigliata, in una lunga deposizione spontanea al processo dove è accusato d’omicidio: uno stoico e accorato autodafé, al quale l’autore alterna sapientemente brani in terza persona a fare da ponteggi di collegamento.

Ma il nodo, il pasticciaccio brutto di gaddiana memoria, non può sciogliersi se tutti, a cominciare dalla vittima, hanno una doppia vita e perfino Ortensio vede nel commissario che l’ha incastrato una sorta di doppio malvagio. Con l’understatement della sua prosa calibrata, Carnevale ci ricorda che il mondo è un perenne complotto governato dal caos ma soprattutto dal caso. Come rivela la trave (una "trave filosofica" come quella di cui parla Dashiell Hammett nel Falco maltese) che un giorno cadde ai piedi di Ortensio Montiglio, scoperchiandogli davanti agli occhi il nonsenso della vita.

I santi muti
di Antonio Carnevale
Zandonai editore
136 pagine, 10 euro

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