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La tv rende la Premier League sempre più ricca: la Superlega esiste già

I club inglesi coperti di sterline fino al 2029: quasi 8 miliardi solo dai diritti domestici (e nemmeno per vedere tutte le partite). Così il gap col resto d'Europa diventa non colmabile

L'annuncio dell'accordo per la cessione dei diritti tv della Premier League in Gran Bretagna, con rialzo del 4% in un momento di contrazione del mercato dei diritti sportivi e con una montagna di denaro destinata ai club inglesi, non fa altro che confermare la fotografia polarizzata del calcio europeo. La Premier League ha spuntato 7,8 miliardi di euro spalmati su quattro stagioni (circa 1,95 all'anno) coinvolgendo a diversi livelli Sky, TNT Sport e BBC. Denaro che renderà ancora più ricche società che già godono di un enorme vantaggio competitivo e che si sommerà ai soldi garantiti dalla cessione dei diritti in tutto il resto del mondo, dove il gap rispetto alle altre leghe top del Vecchio Continente diventa quasi imbarazzante.

Per strappare la firma al rialzo, anti ciclica rispetto al mercato attuale, i manager della Premier League hanno messo sul piatto la possibilità di mostrare in diretta a pagamento più partite rispetto a quanto accade oggi: si passa da 200 a massimo 270 su un totale di 380 perché il campionato inglese rimane off limits sul proprio territorio nel sabato pomeriggio. Una protezione che fa discutere i tifosi d'Oltremanica ma che fin qui ha garantito comunque una resa importante.

Tanto per dare un metro di valutazione della distanza che corre tra la Premier League e il resto d'Europa, i quasi 2 miliardi di euro che dal 2025 saranno incassati per la commercializzazione dei diritti domestici sono il doppio di quanto fattura alla stessa voce la Bundesliga (1,090 miliardi) e oltre il doppio rispetto a Liga (990 milioni), Serie A (900) e Ligue1 francese (662,5).

L'ultima della Premier League continuerà, dunque, a guadagnare più della squadra che vince lo scudetto in Serie A. Una forbice destinata ad ampliarsi per effetto di questo accordo e di quanto accadrà nei prossimi mesi a livello internazionale. Attualmente il torneo inglese fattura ogni anno, complessivamente, oltre 3 miliardi di euro sommando i diritti tv mondiali. Una voce dove l'Italia, ma non solo, sta faticando enormemente anche se qualche piccolo segnale positivo va registrato come il +38% nella trattativa per il prossimo ciclo con Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Albania, Kosovo, Israele e Paesi Bassi. La cifra non è alta, ma il trend è promettente se dovesse proiettarsi anche su altre aree geografiche molto più pesanti dal punto di vista commerciale.

Il ritardo italiano è storico, la differenza di prodotto (stadi in primis) evidente e anche il sistema spesso dimentica la necessità di essere compatto intorno alle scelte. L'ultimo esempio è la decisione di appaltare la Supercoppa italiana con nuovo format all'Arabia Saudita (23 milioni a stagione con formula a 4 squadre) votata dai presidenti e poi criticata dagli stessi. In ogni caso il tema del gap con la Premier League è generalizzato e rischia di minare alle fondamenta l'equilibrio competitivo del calcio europeo.

La Superlega nei fatti esiste già ed è la Premier League inglese. Che, infatti, negli ultimi due anni si è mossa decisa verso la protezione assoluta della propria posizione di forza sul mercato calcistico. Il prossimo 21 dicembre la Corte di Giustizia europea pubblicherà finalmente il verdetto sul presunto monopolio di Uefa e Fifa e sull'adeguamento della football industry alle norme di concorrenza UE. Un pronunciamento decisivo per il futuro del calcio europeo e non solo. La prima versione della Superlega è morta in culla nell'aprile 2021; ci sarà spazio per qualcosa di diverso? O nel frattempo la parte più ricca (Premier League) si sarà già presa tutto mettendo una pesante ipoteca sul futuro del pallone?

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Giovanni Capuano