(Osservatore Romano via Ansa)
Dal Mondo

Papa Francesco e Biden; torna il sereno tra Vaticano ed Usa


È un rasserenamento nei rapporti tra Washington e il Vaticano quello che potrebbe comportare – salvo clamorosi colpi di scena – l'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Il presidente americano entrante ha reso noto di aver ricevuto una telefonata dal papa due settimane fa: un colloquio confermato anche dalla Santa Sede. Del resto, al di là dei protocolli diplomatici, l'intesa tra il pontefice e Biden presenta una dimensione politica molto più profonda.

Cominciamo innanzitutto col ricordare che i rapporti tra Francesco e Donald Trump non si siano mai rivelati troppo idilliaci. Tra i principali fronti di scontro si è registrato, negli anni, quello della gestione dei flussi migratori, senza poi dimenticare l'accordo – rinnovato lo scorso ottobre – tra Vaticano e Cina: un accordo che l'amministrazione Trump ha fortemente contestato, sostenendo che non abbia in realtà garantito alcuna libertà religiosa per i cattolici nella Repubblica Popolare e temendo tra l'altro un rafforzamento diplomatico di Pechino. È del resto in questo quadro di tensioni che si è venuta ad inserire l'ultima enciclica di Francesco, Fratelli Tutti: un documento che, pubblicato a un mese esatto dalle elezioni presidenziali statunitensi, ha con forza condannato (per quanto indirettamente) i capisaldi della politica estera di Trump. In particolare, a finire nel mirino del pontefice è stata la severa critica, condotta dall'attuale presidente americano, nei confronti del multilateralismo e degli organismi sovranazionali (a partire dall'Onu).

In secondo luogo, non bisogna trascurare come, negli Stati Uniti, soprattutto la Compagnia di Gesù si sia mostrata fortemente ostile verso Trump. Quando lo scorso giugno l'attuale presidente si fece fotografare fuori da una chiesa con una Bibbia in mano, l'influente padre gesuita James Martin (noto per le sue posizioni progressiste e consultore del Dicastero vaticano per la Comunicazione) definì su Twitter la cosa "rivoltante". Non va dimenticato tra l'altro che Martin si sia più volte espresso criticamente nei confronti di Trump e del Partito Repubblicano, oltre che della nuova giudice della Corte Suprema, la cattolica Amy Coney Barrett. Lo scorso settembre, la rivista gesuita America Magazine definì inoltre Trump un "pericolo per la Costituzione", invitando così implicitamente i cittadini statunitensi a votare per Biden. In tutto questo, in ottobre Francesco ha creato cardinale l'attuale arcivescovo di Washington, Wilton Gregory: figura notoriamente critica verso l'attuale presidente americano. Questa mobilitazione ha dato i suoi frutti, visto che alla fine Biden è riuscito a conquistare il 51% del voto cattolico: Trump si è invece dovuto accontentare del 47%, rispetto al 52% conseguito quattro anni fa. Un risultato che ha danneggiato elettoralmente il presidente in carica, soprattutto in alcune aree strategiche, a partire dagli Stati della Rust Belt.

L'universo cattolico statunitense resta tuttavia spaccato in due. È pur vero che Biden si avvia ad essere – dopo JFK – il secondo presidente cattolico degli Stati Uniti d'America. Tuttavia alcune sue posizioni non piacciono affatto a molti fedeli della Chiesa di Roma oltreatlantico. Non dimentichiamo del resto che nel 2019 il presidente entrante abbia rinnegato il suo storico sostegno all'emendamento Hyde: dispositivo legislativo che ostacola i finanziamenti federali all'interruzione di gravidanza. E, non a caso, la stessa conferenza episcopale statunitense risulta al momento tutt'altro che compatta rispetto alla figura di Biden: il suo presidente, l'arcivescovo Jose Gomez, ha infatti messo in evidenza i "problemi" che sorgono in materia di aborto nei rapporti con il presidente entrante. "[Biden] ha anche dato motivo di credere che sosterrà politiche contrarie ad alcuni valori fondamentali a cui teniamo come cattolici. Queste politiche includono: l'abrogazione dell'emendamento Hyde e la conservazione di Roe v Wade", ha dichiarato. È tra l'altro in corso proprio per questo un dibattito sull'opportunità o meno di conferire la comunione al presidente entrante: svariati vescovi e associazioni si dicono infatti contrari, appellandosi soprattutto a una nota del 2004, redatta dall'allora cardinale e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger, secondo cui è doveroso negare l'eucarestia a un politico cattolico che si dica pubblicamente favorevole ad aborto ed eutanasia. Un'indicazione che Gregory ha già reso noto di non voler seguire con Biden, contrariamente al cardinal Raymond Burke che sulla questione si era già espresso prima delle elezioni. Va comunque ricordato che – pur avendo perso la maggioranza del voto cattolico – Trump continui ad essere sostenuto da ampi settori di questo mondo: ad essere apprezzato è stato infatti l'impegno nella lotta all'aborto, la difesa della libertà religiosa e il fatto di aver nominato vari cattolici in ruoli apicali (William Barr a capo del ministero della Giustizia e i giudici Brett Kavanaugh ed Amy Coney Barrett alla Corte Suprema).

Del resto, la Santa Sede e i cattolici pro Biden sembrano essere interessati ad altre questioni. In particolare, si citano le preoccupazioni nei confronti dell'ambiente e del multilateralismo: ed è in tal senso che Oltretevere è stato apprezzato l'impegno del presidente entrante a rientrare nell'Organizzazione mondiale della sanità e – soprattutto – all'interno degli accordi di Parigi sul clima. Non dimentichiamo d'altronde che Trump abbandonò Oms e Parigi come mossa di contrasto alla Cina, sostenendo che entrambi i consessi altro non fossero se non strumenti occulti di potere, usati da Pechino per imbrigliare politicamente ed economicamente gli Stati Uniti. Ed è proprio la Cina che – come già accennato – torna a fare capolino nei rapporti tra Washington e la Santa Sede. Visti gli attriti verificatisi con Trump sulla questione dell'accordo tra Vaticano e Repubblica Popolare, il fatto che Francesco abbia "puntato" su Biden evidenzia come quest'ultimo non manterrà probabilmente la linea dura del predecessore nei confronti di Pechino.


Si tratta d'altronde di un vecchio problema. Molti analisti ritengono che, con Biden alla Casa Bianca, la situazione dei rapporti tra Washington e Pechino non sia destinata a mutare. Se su determinati dossier è anche plausibile che ciò possa accadere (soprattutto in materia militare), molto più improbabile è che resti tutto immutato sul fronte commerciale e – più in generale – su quello diplomatico. Ricordiamo che Biden, da senatore negli anni '90, fu tra i principali fautori dell'ingresso di Pechino nel Wto. E ricordiamo anche – come già accennato – che la sua politica ambientale converga sensibilmente con gli interessi economici e geopolitici della Repubblica Popolare. Senza poi trascurare come determinati mondi che hanno spalleggiato (e finanziato) Biden in campagna elettorale auspichino un rasserenamento nei rapporti tra Stati Uniti e Cina (si pensi soltanto alla Silicon Valley). Ora, la Santa Sede non può certo aver ignorato tutti questi elementi. E ha in tal senso trovato in Biden una sponda più disponibile di Trump per salvaguardare il suo accordo con Pechino. Un accordo a cui tuttavia parte consistente del mondo cattolico guarda con profonda preoccupazione. E le attuali divisioni nella chiesa statunitense stanno d'altronde lì a dimostrarlo.

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