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Designated Survivor, le anticipazioni della terza stagione

Tom Kirkman, alias Kiefer Sutherland, decide di candidarsi per rimanere presidente. Tra intrighi, colpi di scena e minacce terroristiche

Dopo essere uscito indenne da qualsiasi esplosione, conflitto a fuoco, tortura spietata e incarico impossibile, Jack Bauer ha appeso la pistola al chiodo e si è accomodato in poltrona. Gli anni volano via per tutti, anche per l’attore Kiefer Sutherland, che dismessi i panni dell’agente più in lotta contro l’orologio di sempre (nella serie di culto 24 gli eventi erano raccontati in tempo reale, nell’arco di una sola giornata), si ritrova a essere presidente degli Stati Uniti. Non per merito, bensì per un caso fortuito, un ricorso storico degno del suo indimenticabile antieroe: è scampato a un attentato terroristico che ha ucciso i pezzi grossi degli Stati Uniti tranne lui, il Designated survivor. Il sopravvissuto designato. L’uomo che negli Usa viene tenuto al sicuro quando ci sono appuntamenti a cui partecipano i rappresentanti delle principali forze politiche e dovrà governare se capita una tragedia che li uccide tutti.

È tutto, anzi no

Da questo spunto spiazzante si snodano i 43 episodi delle prime due stagioni, in cui si assiste alla metamorfosi di un segretario alla casa e allo sviluppo urbano, una figura di basso livello, nell’uomo più potente al mondo. Che dà fastidio all’establishment, conquista i cittadini e sa imporre le sue scelte controcorrente, proprio perché estraneo alle logiche corrotte del potere. Svelati i mandanti dell’attentato, frullato il povero Tom Kirkman (questo il nome del Sutherland in versione presidente) dentro una sequenza di scossoni, complotti e catastrofi, inclusa la perdita dell’adorata moglie, il network americano ABC che produceva la serie aveva deciso che poteva bastare. L’aveva cancellata. Ma Netflix, certa che la vicenda abbia del potenziale, ha ordinato le altre dieci puntate che comporranno la terza stagione e saranno disponibili a partire dal prossimo 7 giugno sulla piattaforma. Dove peraltro sono già visibili le prime 43. Se non avete tutto questo tempo e preferite evitarvele, sappiate che in rete gira una clip ufficiale da circa due minuti con protagonista lo stesso Sutherland, che grosso modo riassume quanto avete letto fin qui. Dunque, non avete titolo a maledirci: i nostri spoiler sono considerabili piuttosto innocui.

Verso il voto

Già perché la terza parte di Designated Survivor, che Panorama ha potuto vedere in anteprima, è perfettamente fruibile in autonomia una volta digerite queste poche premesse. Il cast originale è grosso modo il medesimo, lo sfondo è ancora la Casa Bianca ma cambiano gli obiettivi: dalla straordinaria amministrazione seguita all’attentato, si va verso il progressivo ritorno alla normalità, che sarà totale con le elezioni imminenti. Kirkman, convinto di avere fatto qualcosa di buono, decide di candidarsi, per capire se è riuscito a imporre davvero un nuovo corso e con l’intenzione di continuarlo. Pesca dallo staff il suo possibile vicepresidente, ingaggia un’esperta di comunicazione arcigna ma abilissima, tenta di spezzare la ritualità della campagna improvvisando comizi in luoghi suggeriti dai social network o presentandosi in streaming su internet e non in televisione. Com’è prevedibile, gli avversari fanno l’impensabile per sabotarlo, per mettergli i bastoni tra le ruote, accusandolo per esempio di appoggiare i matrimoni tra adulti e minorenni o sparando sotto i riflettori un suo parente transgender. Ne viene fuori una variante semicomica e un po’ rustica (ma gradevole) di House of Cards. In cui, è evidente, il Jack Bauer in completo scuro echeggia l’opposto di Donald Trump: è compassato, riflessivo all’inverosimile, attento all’etica senza scivolare sulla buccia di banana del mieloso, della retorica o del paternalismo.

L’incursione della realtà

A macchiare il suo candore provvede chi gli sta intorno, prendendo decisioni al suo posto e dalle conseguenze impronosticabili. Mentre non manca il filone d’azione alla Homeland, con una terribile minaccia bioterroristica incombente, un virus letale e modificato geneticamente che sa scegliere e colpire con crudele perizia le sue vittime. Di tutto e di peggio per levare il sonno al povero Kirkman, alle prese con tradimenti, cospirazioni, dietrologie, una figlia che si addentra nei meandri dell’adolescenza. In più, c’è l’aggiunta di un bonus interessante, forse l’elemento che distingue Designated Survivor dal già visto: «Credo che questo format ci consentirà di scavare profondamente in temi che riguardano l’elettorato in maniere prima impossibili» ha spiegato Sutherland, un filo sibillino. Il riferimento è al fatto che, all’interno delle puntate, sono stati inseriti veri spezzoni di filmati girati da documentaristi. Nelle brevi clip, del tutto coerenti con la narrazione, i cittadini denunciano cosa non funziona nella politica o ingiustizie da loro patite, come il prezzo stellare dell’insulina imposto dalla case farmaceutiche, capace di portare alla morte dei malati meno abbienti. Un’intrusione di reality show nella fiction, una ventata di verità nella finzione che eleva il tono della serie. La cui domanda, sottintesa e provocatoria, è se tanto impegno servirà a qualcosa oppure no. Se chi è scampato al terrorismo sarà ammazzato da un’insidia persino più spietata: la politica. O se il sopravvissuto designato, alla fine, riuscirà a diventare il presidente eletto.

Tre cose da sapere sulla serie

Il «Designated Survivor» esiste davvero negli Stati Uniti: è una figura che può legittimamente ereditare la carica presidenziale e viene tenuta in un luogo sicuro durante gli eventi e le inaugurazioni a cui partecipano i big del Governo.  

In Corea del Sud la serie è piaciuta così tanto, che ne faranno un remake con attori locali. Si chiamerà «Designated Survivor: 60 Days» e pure questa versione andrà su Netflix, a partire dal prossimo luglio.

Il creatore del format, David Guggenheim, è diventato famoso a Hollywood per avere scritto il thriller d’azione «Safe House», interpretato da Denzel Washington e Ryan Reynolds.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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