La metamorfosi dei social network: calano i contenuti, si moltiplicano gli abbonamenti
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La metamorfosi dei social network: calano i contenuti, si moltiplicano gli abbonamenti

L'era delle piattaforme gratuite resiste ma i spazi si restringono sempre di più. Perché con gli inserzionisti meno propensi a investire, Meta, X e gli altri lanciano versioni a pagamento per assicurarsi nuove entrate

In principio l'obiettivo era incrementare gli utenti per assicurarsi maggiori introiti dagli inserzionisti. Ma con il calo dei budget aziendali a tutti i livelli, trovare nuove fonti di introiti è la priorità dei social media. Che cavalcando la promessa di maggior tutela e protezione degli account (la lunga lista di scandali legati alla privacy che hanno colpito negli anni le piattaforme lascia dubbi su tale rassicurazione), hanno iniziato a lanciare abbonamenti e versioni a pagamento alternative alla classica modalità di fruizione di servizi nati e rimasti per molti anni gratuiti. Ricordato ai più distratti la regola aurea del marketing, cioè che se un servizio è gratis, il prodotto sei tu (nello specifico, le informazioni personali utili per creare annunci su misura), la tendenza è ormai dilagata e diventata popolare dopo che X prima e Meta poi hanno ufficializzato le diverse opzioni di canone mensile per utilizzare i rispettivi social media. Tenendo a mente, tuttavia, che tra modalità Plus e versioni Premium già nell'estate del 2022 Snapchat aveva inaugurato la mania dell'abbonamento, seguita poi da Telegram e, di recente, anche da una realtà in costante ascesa come TikTok.

Le ultime arrivate sul carro sono Facebook e Instagram, che dalle prossime settimane solo in Europa saranno a pagamento. Non si tratta di un obbligo, perché chi non è disposto a sborsare soldi potrà continuare a collegarsi al proprio profilo, condividere messaggi e commentare quelli altrui, a patto di ricevere annunci pubblicitari legati alle proprie attività social. Chi invece vuole una bacheca ripulita dalle inserzioni può ottenerla versando nelle casse di Zuckerberg ogni mese 9,99 euro (per la versione desktop), oppure 12,99 euro (per quella mobile). La differenza di prezzo deriva dalla commissione che intascano Apple e Google per l'utilizzo delle rispettive applicazioni, come già succede con Meta Verified, sottoscrizione mensile da 11,99 (web) e 14,99 dollari (mobile) per avere il profilo con la spunta blu, la tutela dell'account dai furti d'identità e un'assistenza rapida e da persone reali in caso di necessità. Considerando che la pubblicità rappresenta la maggior parte delle entrate per la compagnia, nel 2022 Meta ha ottenuto circa 113,6 miliardi di dollari dagli inserzionisti. Una cifra in calo rispetto ai 114,9 dell'anno precedente. Quanto basta per far scattare l'allarme rosso, con la ricerca di alternative per tornare a far salire i guadagni.

Il lancio di un abbonamento solo per gli iscritti europei, però, nasce dopo la multa da 390 milioni di euro decretata dall'ente che regola la privacy irlandese, paese in cui Zuckerberg ha stabilito la sede europea. Una sanzione determinata dal verdetto della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che il mese precedente aveva ritenuto illegale l'abitudine di Meta di utilizzare i dati personali degli utenti, senza chiedere loro il consenso esplicito per farlo. Al di là di questo, però, Meta e Twitter — che ha appena annunciato il lancio di tre abbonamenti (Basic, Premium e Premium+) con prezzi da 3 a 16 euro al mese, nella speranza di rimediare al fragoroso flop dell'era Musk, con la valutazione crollata da 44 a 19 miliardi nel giro di un anno — stanno cercando di porre rimedio al minor interesse degli inserzionisti (e al divieto di tracciamento proposto per ogni app, Facebook e Instagram incluse, da Apple ai possessori di iPhone e iPad), diretta conseguenza del mutato atteggiamento tenuto sulla piattaforma dalla maggior parte degli iscritti.

Se è vero che Facebook conta oltre 3 miliardi di utenti attivi al mese, è indubbio che da qualche anno la fruizione sia diventata passiva, con la riduzione all'osso di condivisioni di messaggi, stati d'animo o prese di posizione su qualsiasi argomento (dalla politica allo sport, passando per musica e scienza, il meccanismo è lo stesso), per evitare che la polarizzazione dominante crei immediate battaglie in stile apocalittici e integrati, con prolungati botta e risposta spesso arricchiti da offese, che non spostano di un millimetro le singole convinzioni. Questo schema ha generato la minor presenza sulle piattaforme social anche di molti artisti, sportivi e volti noti, attenti a non cadere in trappole che potrebbero pregiudicarne l'immagine. Al contrario, chi pubblica continuamente sono creator e influencer in cerca di like e visibilità per piazzare corsi online o assicurarsi una ospitata televisiva (ci sono, ovviamente, anche molti personaggi preparati che producono contenuti di qualità). In questo modo, le dinamiche sono cambiate in maniera forse irreversibile, determinando una trasformazione delle piattaforme da strumento di comunicazione a comunità virtuali votate quasi esclusivamente a garantirsi un incremento dei ricavi. Ecco perché, nel caso di Meta, l'abbonamento in Europa si rivelerà, comunque, una mossa vincente: se gli utenti pagheranno, gli incassi aumenteranno, se invece l’iniziativa sarà poco gettonata ad aumentare saranno gli annunci e quindi l'interesse degli inserzionisti, che a loro volta verseranno volentieri nuovi danari nei conti di Zuckerberg e soci.

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Alessio Caprodossi